Noi e i catalani

ConteArchiviata la marcia scudettata della passata stagione, da quest’anno la Juve è partita alla rincorsa della quarta stella della sua storia. Dopo 9 giornate di campionato possiamo già stilare un primo bilancio: la squadra bianconera è saldamente prima con un buon margine sulla squadra dei prescritti per via di 9 successi ed un pareggio, il migliore attacco con 22 reti segnate e la miglior difesa con soli 5 gol subiti. Tra le vittorie si ricordano soprattutto la rottamazione quadrupla delle teorie calcistiche del vate di Praga, tale Zdenek Zeman, e la chiara vittoria nello scontro diretto con il Napoli, l’allora seconda in classifica.

Di solito su queste colonne scrivo soprattutto per evidenziare le tante e scandalose incongruenze nei processi sportivi e non, che in questi anni hanno preso di mira la Juventus e i suoi tesserati. Oppure per segnalare e rispondere ad articoli sfacciatamente faziosi di qualche ultras anti-juventino con il dono della scrittura. Stimolato dall’interessante articolo di Alessio, questa volta invece il tema è calcistico e riguarda l’impostazione tattica che da mesi Antonio Conte ha dato alla squadra, ovvero il famigerato 3-5-2. Entrato in scena per la prima volta la scorsa stagione nella partita d’andata contro il Napoli, quindi riproposto contro l’Udinese, si è poi via via affermato di partita in partita, risultato dopo risultato, come modulo principale, rimpiazzando lo spumeggiante 4-3-3 (subentrato a sua volta all’iniziale 4-2-4), entrato nel cuore di molti tifosi con il tridente Vucinic-Matri-Pepe: il grande dinamismo ha infatti esaltato le doti di corsa di giocatori come Lichtsteiner, Vidal e Pepe e la grande capacità di inserimento negli spazi di un centrocampista mobile e tecnico come Marchisio, ma anche di Vidal stesso, entrambi favoriti dagli spazi che un modulo con una sola punta centrale lascia in avanti, modulo che beneficia anche del lavoro del vero regista offensivo della squadra, Mirko Vucinic. Il tutto sotto la supervisione di un grande direttore d’orchestra come Andrea Pirlo e e la protezione di una difesa a quattro in cui, oltre a Buffon e ai punti fermi Barzagli e Lichtsteiner, trovavano spazio Chiellini, prima al centro e poi sulla sinistra e Bonucci, inizialmente finito in panchina.
Ed è proprio da questo aspetto che vorrei partire per introdurre un elemento a mio avviso fondamentale nel credo calcistico di Conte: la costruzione di gioco, propositiva e mai fine a se stessa. Partito inizialmente con la coppia centrale Barzagli-Chiellini e dopo aver alternato, per alcune gare, a sinistra prima De Ceglie e poi addirittura Grosso, il mister bianconero ha proposto Bonucci. Leonardo non può chiaramente essere inserito nella categoria dei difensori rocciosi, tuttavia possiede una caratteristica che pochi difensori hanno: la capacità e la voglia di impostare. Giorgio Chiellini, confinato a sinistra nella difesa a 4, è invece sostanzialmente l’opposto di Bonucci, un grande difensore però con limitata propensione all’impostazione. Un discorso simile a quello di Giorgio si può fare anche per Barzagli. La grande intuizione di Conte è molto probabilmente legata al fatto che i suoi giocatori, proprio per caratteristiche, si esprimono meglio in un modulo a tre, con Bonucci più protetto e spesso liberato dal compito della marcatura e Chiellini centrale aggiunto. La presenza di Bonucci a sua volta facilita la costruzione del gioco a partire dalla difesa, concetto molto caro al Mister bianconero, costruzione favorita anche dal contributo degli altri due centrali sgravati dalla necessità di impostare centralmente ma incaricati di fungere da appoggio laterale: ricevono spesso palla liberi dal pressing avversario e con la corsia vuota davanti, dunque si devono assumere molte meno responsabilità e rischi di sbagliare, l'ideale per giocatori che non necessariamente amano prendersi il rischio di giocare la palla. Infine, la presenza centrale di Chiellini garantisce ulteriore copertura e sportellate con gli attaccanti avversari.
Anche il centrocampo a tre è sostanzialmente il risultato della necessità di fare giocare assieme tre dei centrocampisti migliori nel panorama internazionale come Pirlo, Vidal e Marchisio e sfruttarne le caratteristiche migliori nella zona centrale del campo. Non mi spingo oltre poiché la scelta di giocare con un centrocampo a tre non è generalmente contestata. Con difesa e mediana così formate, le possibilità di scelta sulle altre zone del campo sono quasi obbligate. Tralasciando il portiere, due delle quattro rimanenti pedine vanno a coprire e creare gioco sugli esterni e due giocano in attacco. Giocare con due attaccanti centrali ha un ulteriore notevole vantaggio rispetto al modulo precedente, e cioè di portare Vucinic più vicino alla porta.

La mia non vuole essere un'astratta valutazione di benefici di un modulo o dell’altro, con pedine e schemi su una lavagna, bensì parte dagli uomini a disposizione del tecnico e cerca di trovar loro la collocazione piu’ opportuna per caratteristiche ed equilibri di squadra. Nel fare ciò il 3-5-2 disegnato da Conte appare essere il modulo più adatto, anche se evidentemente non tutti i ruoli sono coperti da giocatori con le caratteristiche giuste. Infatti, mentre in attacco Vucinic e Giovinco giocano nella propria posizione naturale, le corsie esterne sono occupate da ottimi giocatori, Lichtsteiner e Asamoah, adattati al ruolo. Asamoah sarà la risorsa principale sulla corsia sinistra per la stagione e con ogni probabilità anche per quelle successive. Sulla corsia destra invece è stato acquistato un giocatore, Isla, che deve ancora essere inserito e che nelle gerarchie non necessariamente sarà destinato a finire dietro Lichtsteiner. In sostanza, dal mio punto di vista, con questi uomini il 3-5-2 appare come il modulo più equilibrato, più ragionato, quello che permette di esprimere il massimo del potenziale della squadra finalizzato al risultato, nonostante le corsie laterali non siano ottimizzate. Le tante vittorie per ora stanno dando ragione al tecnico, con l’organico diventato per distacco il migliore d’Italia, anche proprio in virtù del suo efficace utilizzo. In termini assoluti si può ovviamente discutere se questo sia un gruppo che possa competere con altre realtà del panorama europeo. Ci torneremo tra breve.

Andiamo ora ad analizzare anche gli aspetti emotivi legati al tipo di gioco proposto. Mentre l’anno scorso le partite con il 4-3-3 erano molto frenetiche, coinvolgenti, con pressing alto e sacrificio degli attaccanti e dei centrocampisti, quest’anno il ritmo è più lento, con meno possesso palla e maggiori tentativi di verticalizzare, qualche volta saltando completamente la manovra a centrocampo. In comune però resta la voglia di fare la partita, di non buttare via palla, di arrivare alla conclusione con il supporto dei centrocampisti e di appoggiarsi sulle corsie laterali. Il gioco è forse leggermente più prevedibile ed obbligato e dipende dalla giocata del singolo a difesa schierata. Ciò è essenzialmente dovuto al fatto che con meno pressing e riconquista della palla nelle varie zone del campo non è più possibile ripartire, come spesso accadeva, già dalla metà campo avversaria cogliendo impreparata la difesa.
Però, se andiamo a vedere la produzione offensiva, scopriamo che anche con il 3-5-2 si arriva molto spesso alla conclusione, indice di buona qualità e di una pressione costante, con una media realizzativa addirittura superiore ai due gol a partita, mentre con il 4-3-3 si viaggiava all’incirca al gol e mezzo a partita. E tutto ciò con una media di circa mezzo gol subito a partita per entrambi i moduli.
Abbiamo volutamente ignorato finora l’aspetto principale a cui tutto il gioco del calcio è finalizzato, e cioè vincere, e il fatto che con il 3-5-2 questa squadra lo faccia molto spesso e di più che con il 4-3-3, accettando l’obiezione che ciò potrebbe anche essere il risultato di un gioco sparagnino e senza margini di miglioramento, tipo il Napoli mazzarriano per intenderci. Tuttavia risulta che con il modulo sulla carta meno spettacolare e coinvolgente si arriva a segnare molto di più a parità di gol subiti. E ciò non può essere spiegato soltanto con i pochi nuovi innesti, piuttosto molto di più eventualmente con la solidità e la sicurezza che il modulo adottato da Conte trasmette ai giocatori, innescando un circolo virtuoso tra capacità e consapevolezza e sappiamo tutti quanto sia decisivo l’atteggiamento mentale durante una partita. Ne abbiamo avuta riprova in Champions League dove, in ciascuna delle tre partite finora disputate, si è regalato un tempo ma, una volta in svantaggio e non quando non vi era più nulla da perdere, si è rivista la solita squadra del campionato italiano, nel quale la consapevolezza di essere i più forti è oramai certezza consolidata. Il gioco espresso e la pressione esercitata sia su Chelsea che su Shakhtar una volta in svantaggio dimostrano che anche con il 3-5-2 si può fare molta strada in Champions. Anzi, se già con un solido 3-5-2 la squadra fa fatica, se ci esponessimo ulteriormente alle giocate dei calciatori di qualità che ci sono in Europa, ai ritmi elevatissimi e al pressing che si gioca lì, schierando il 4-3-3 con la rosa attuale, il rischio concreto di portare a casa qualche figuraccia, a mio avviso, aumenterebbe notevolmente, con tutte le conseguenze dell’impatto sull’autostima di una squadra che sta affrontando un processo di crescita notevole, ma ancora lontana dal poter essere considerata matura.

L’ultimo aspetto che vogliamo analizzare è il potenziale ed il margine di crescita. Si dice spesso che con il 4-3-3 in prospettiva si può crescere molto di più e difatti nessuna grande squadra adotta la difesa a tre. Come argomentazione in astratto e a livello teorico può anche essere vero. Squadre con organici sulla carta e per spesa superiori alla Juventus, come Barcellona, Real Madrid, Manchester City, etc giocano con la difesa a quattro. Lo scorso anno, dopo le grandi prestazioni con il 4-3-3, aleggiava tra i tifosi la speranza di essere diventati una sorta di piccola Barcellona: JuBarça, BarçaJuve gli appellativi più comuni. Appunto, una piccola Barcellona. Una Barcellona piccola, insomma. Purtroppo di piccole Barcellona è pieno il mondo, mentre del Barcellona con Messi, Iniesta e Xavi ne esiste uno solo. Cercare di imitare a tutti i costi il gioco dei catalani, estremo per proposizione e pressing alto, in un contesto molto più competitivo come quello europeo e senza averne gli interpreti giusti, rischierebbe di essere un tentativo al tavolo della roulette (russa). Le prime partite del girone hanno dimostrato che il grande vantaggio in termini di ritmo che la squadra bianconera ha quando gioca in Italia è fortemente ridotto se non nullo in Europa, dove ogni squadra, anche una danese qualunque, corre tanto quanto la formazione juventina. La differenza la fanno veramente la qualità ed i colpi dei singoli. Noi qualità e colpi ce li abbiamo, ma anche gli altri, per cui per questo primo anno conviene forse giocarla ancora con carte più coperte e cercare di fare esperienza, il che in ogni caso non esclude la possibilità di giocare un ruolo importante nella competizione.
Per come abbiamo conosciuto Antonio Conte sia da giocatore che in questi anni da allenatore, un personaggio che ha vissuto tante battaglie, molte vittorie e qualche sconfitta, ci risulta difficile credere che anteponga l’ambizione di un progetto tattico rigido, magari anche con l’obiettivo di una crescita di lungo periodo, alla concretezza del risultato finale. Al contrario, non abbiamo dubbi che non rinuncerebbe mai alla sua idea di calcio, alla volontà di essere propositivi e di cercare la vittoria attraverso il gioco.
Per concludere, il processo di crescita di una squadra non passa attraverso l’adozione cieca e rigida di un modulo tattico per perfezionarlo in un ipotetico futuro, nel lungo periodo. Il processo di crescita passa per l’ottimizzazione delle risorse a disposizione tenuto conto del contesto e degli avversari.
Insomma, un 4-3-3 sempre e comunque, perché permette un gioco spettacolare, coinvolgente, e perché no, di successo, presente e futuro, rischia, esclusa l’ultima parte per ovvi motivi, di avvicinarsi pericolosamente al credo calcistico di personaggi come Zeman. L’utilizzo variabile del modulo a seconda dei giocatori e qualche volta degli avversari, cercando di tirare fuori dalla squadra il meglio possibile finalizzato alla vittoria, piuttosto che al bel gioco fine a se stesso, ricorda molto di più personaggi come Lippi.
Conte da allenatore della Juventus finora è passato dal 4-2-4 al 4-3-3, e poi al 3-5-2; non dubitiamo che se avesse a disposizione altri giocatori adotterebbe il modulo più adatto a loro, sempre però mantenendo la sua filosofia calcistica che è fatta di un gioco palla a terra e propositivo come anche nel modulo adottato attualmente.