Un minuto di silenzio

SupergaVorrei rivolgere un pensiero a quelle persone che hanno esposto, in curva sud, lo striscione che liofilizzava la storia del Torino Calcio nello schianto dell'aereo sulla collina di Superga il 4 maggio del 1949.
Analizzando a mente fredda il contenuto dello stesso, sembra chiaro che l'intenzione degli autori fosse quella di sottolineare l'enorme e innegabile differenza di palmarès tra le due maggiori realtà calcistiche cittadine.
L'intenzione di sberleffo, però, si è tramutata in offesa quando è stata tradotta in quell'insulso messaggio vergato su quel lenzuolo simbolicamente nero.
Vorrei rivolgermi alle persone che hanno pensato il messaggio, a quelle che lo hanno riportato materialmente, a quelle che hanno retto il vessillo e a quelle che hanno controllato all'ingresso dello stadio, sempre che questa ispezione sia avvenuta, ciò che era riportato su quello striscione; vorrei dire a tutta questa gente di fermarsi un minuto a pensare alle 39 persone decedute a Bruxelles il 29 maggio di oltre ventisette anni fa. Di spogliarsi della veste di tifoso e di uscire anche dall'ambito sportivo.
Vorrei che in questo minuto pensassero solo alla vita di quelle 39 persone.
Pensiamo solo ai "nostri" morti (scusate la volgare semplificazione), per un minuto.
Pensiamo un minuto alla manifestazione che ogni anno si svolge a Reggio Emilia intorno al monumento che ricorda quei caduti.
Pensiamo ad Andrea Casula.
Pensiamo ai genitori di quelle vittime, ai fratelli, ai figli, agli amici. A quelli che sono rimasti da questa parte.
Cosa hanno a che vedere loro con le beghe tra tifosi?
Lo so che quello che sto scrivendo non è molto differente dalla retorica stagnante di molti commenti che leggiamo in questi giorni sugli organi di stampa. Ma leggo anche di rappresentanti della tifoseria bianconera che cercano un appiglio a cui appendere una giustificazione. E allora fermiamoci anche noi. Solo un minuto.
Noi tifosi della Juventus abbiamo fortemente brontolato sulla disparità delle multe comminate alle società. Le offese a Pessotto sono più leggere delle discriminazioni razziali? Ci siamo detti giustamente indignati della leggerezza di questi provvedimenti (della loro utilità è meglio non parlare proprio). Ci indigniamo ogni volta che viene offesa la memoria di Scirea e quella di Ale&Ricky.
Sacrosanto.
Ma in questo minuto vorrei pensare anche al dolore di Sandro Mazzola. Non come ex calciatore e dirigente dell'Inter che quando parla di Juve non ne dice una giusta. No, penso a lui come figlio di Valentino.
Penso a suo fratello Ferruccio. Non come personaggio emarginato dalla stampa italiana dopo la pubblicazione del suo libro-denuncia. No, penso a lui come figlio di Valentino. Penso al dolore di questi due bambini rimasti orfani di padre a 7 e 4 anni di età.
Penso a Giorgio Tosatti. Non come giornalista infangato ingiustamente dai colleghi per una telefonata confidenziale con Moggi. No, penso a lui come il figlio di Renato, anch'egli su quell'aereo. Anche Giorgio orfano a nemmeno 12 anni.
Penso ai congiunti degli altri calciatori, ai familiari dei dirigenti, noti e meno noti.
Penso al massaggiatore Ottavio Cortina e al dolore di quelli che lo conoscevano.
Bisognerebbe smetterla di pensare alle tragedie del calcio come entità astratte e incominciare a pensare ad esse riferendosi al dolore delle vittime. E immediatamente rapportarlo al proprio dolore per la perdita di un genitore, di un fratello, di un marito, di un amico.
Un minuto per pensare a queste persone.
Ora provate a riprendere in mano il pennarello, o lo spray o quello che è. Se ancora avete voglia di scrivere quello striscione, spero per me di non incontrarvi mai da solo per strada.
Mi fareste paura.