Back to Zlatan

IbraZlatan Ibrahimovic non è un giocatore come gli altri. Zlatan se ne frega di tutto: dell’etichetta, del luogo comune, del politically correct. Non è un boy scout e non ha mai preteso di esserlo. Lui è solo una cosa: uno straordinario fuoriclasse che cerca di far fruttare al meglio i quindici anni di carriera che madre natura gli regalò il 3 ottobre del 1981. Per farlo, si è affidato ai servigi del miglior agente di calciatori in circolazione. Sono fatti l’uno per l’altro, Zlatan e Mino. Uno è il Raiola dei calciatori, l’altro l’Ibrahimovic dei procuratori.

Nell’agosto del 2004, Mino e Luciano portarono Zlatan a Torino con un’operazione di mercato da fuoriclasse; fu una fantastica triangolazione tra artisti, a vario titolo, del pallone. Tenuta sotto traccia, nascosta a tutti e tirata fuori dal cilindro l’ultimo giorno. Zlatan incantò subito Torino, vinse perché era nella natura sua e della squadra che aveva scelto. Il meglio però doveva ancora darlo, e i due anni in bianconero furono purtroppo la rincorsa per un salto che Zlatan spiccò altrove. Il perché lo sappiamo bene: arrivò Calciopoli, la Juve abdicò a se stessa, Zlatan no. Se ne andò, sbattendo la porta. Mica poteva perdere tempo con gente che voleva perdere, lui vincente per dna. Sì, ma Pavel, ma Gigi, ma Alex? E che c’entra? L’ho detto, Zlatan è diverso. Zingaro, mercenario? Si, e allora? Lui ha scelto di essere Ibra, non icona. Ha scelto la carriera e non le maglie. Non ha stretto legami d’amore indissolubile con nessuno, dovunque sia andato, e quindi nessuno ha mai tradito. Lui è Zlatan, artista di strada del pallone, porta in giro la sua classe a chi la vuole accogliere. Da chi lo paga meglio e gli promette vittorie. E allora? Il calcio è fatto anche di personaggi così, non sono tutti Pavel Nedved. Ah, Pavel Nedved: lui Zlatan lo rivorrebbe con sé. Sì, lui il cerchio lo vorrebbe chiudere, proprio lui che nel 2006 fece la scelta opposta: divertente, no? Qualche tifoso si strappa i capelli perché Pavel (come altri) fu un eroe e Zlatan no, e Pavel-l’eroe lo rivuole. Non basta questo a chiudere ogni discussione? Allora ve ne racconto un’altra: Zlatan se ne andò perché quell’estate un erede volle, fortissimamente volle, la serie B. Ora, sette anni dopo, costui per pudore dovrebbe starsene zitto invece che blaterare di passato e futuro, lui che sul passato scarabocchiò e il futuro lo stava uccidendo nella culla.

Zlatan deve tornare perché deve chiudere il cerchio del suo girovagare. Da noi diede poco in proporzione al dopo, ma avrebbe dato tantissimo; a Milano fu iradiddio. Mai la Champions né il Pallone d’oro, ma la corsa non è ancora finita. Zlatan deve tornare perché è una scommessa, l’ultima da vincere per lui e per noi: Champions League e Pallone d’oro con la Juventus, questo è il debito del destino e il fio che la storia deve ancora pagare alla leggenda. Da Zlatan a Zlatan, via Pavel (un altro che con la Champions è in credito): vedete che mezzo libro è già scritto?

P.S.: Le obiezioni più forti le conosco, sono due, una tecnica e una economica.

Quella tecnica: Ibrahimovic e il gioco di Conte. Sinora Zlatan è stato utilizzato, nelle sue esperienze milanesi, nella maniera più semplice possibile: dieci che lavorano per lui e lui che devasta tutto coi suoi cingoli sopraffini. Questo nel campionato italiano si è rivelato devastante, in Europa deleterio. E inoltre, ha scatenato il dubbio: con Ibra si può giocare soltanto così? (Corollario: Ibra in Europa non serve. Beh, insomma: forse è meglio dire che in Europa non serve giocare in quella maniera). Io guardo a come gioca la Juve di Conte, ai movimenti dei suoi attaccanti: Ibra non è un grado di fare i movimenti che fa Vucinic, il suo lavoro di perno della manovra d’attacco? Non ne ha la classe? Non ne ha il fisico? Esaltare le caratteristiche innate di Zlatan nel contesto di un gioco collaudato da due anni è una scommessa che, secondo me, Conte non vedrebbe l’ora di fare e di vincere. Sarebbe stato, credo, molto più difficile farlo due anni fa quando mancava tutto e la strada più facile era quella già percorsa dagli altri, ossia costruire un undici Ibradipendente. Oggi, con un telaio già esistente e collaudato, la sfida è tutta lì da cogliere.
Quella economica: Ibrahimovic e il suo ingaggio. Qui è tutto molto semplice: Zlatan alla Juventus non potrebbe mai guadagnare i 14 milioni che ora percepisce dagli sceicchi qataroti del PSG. Le possibilità di un suo ritorno sono legate al fatto che accetti una retribuzione in linea col tetto ingaggi del prossimo anno, ossia presumibilmente non più di 5-6 milioni di euro. Non pochi per uno che qualcosina l’ha già messa da parte, abbastanza per Mino & Zlatan? Non so. Però se è vero che i primi contatti ci sono già stati, è evidente che queste cose Ibra e Raiola le sanno bene e le hanno messe in conto. Se l’ultimo giro di giostra della sua carriera vuole farlo a Torino, deve giocoforza passare da una forte riduzione dell’ingaggio. Sul piatto però c’è la possibilità di tornare in Italia per giocare nella squadra più forte e provare a chiudere quel famoso cerchio aperto nel 2004. Chiuderlo con la Champions e il Pallone d’oro. Basterà?