I love Carlitos

Massì, ho deciso, oggi mi spoglio nudo e vado in giro per il web, e tanti saluti. Nella speranza che forse qualcuno potrà comprendere, se solo avrà voglia di leggere quanto segue. Chiedo perdono anticipato, e un po' di pazienza, per la lunghezza dei miei pensieri. Per essere chiaro però ho bisogno di prenderla larga.
A mio modo di vedere, è sempre molto difficile parlare di calcio sudamericano in generale, perché questo sì, possiede sicuramente un fascino molto esotico per via del popolo caldissimo che lo guarda e lo vive, e per via dei tanti talenti che da sempre sa esprimere, ma è anche molto lontano e imponderabile. E' da sempre ricco di talenti, ma anche di semplici giocolieri, o di personaggi strani e imprevedibili che vivono emozioni in modo del tutto scollegato dalla nostra realtà. Il calcio in generale per essere fruttuoso necessita non solo di talento, ma anche di sacrificio, costanza, impegno e professionalità; e su questi aspetti il calcio sudamericano mente spudoratamente, perché spesso il talento ubriacante di un giocatore molto promettente, nasconde alcune carenze di tipo caratteriale e professionale, le quali possono essere una vera e propria zavorra che in breve tempo "brucia" il giocatore stesso o ne limita clamorosamente la carriera. A tutto ciò poi va aggiunto il fatto non trascurabile, che le differenze di cultura calcistica dei due diversi continenti, fanno si che sia anche molto difficile capire cosa sia realmente in grado di fare un grande giocatore sudamericano nei campionati europei più prestigiosi e competitivi. Inserire un pezzo pregiato del calcio sudamericano nel nostro campionato, o in quello inglese, o spagnolo, o tedesco, ha sempre il fascino di una scommessa colossale. Per come la vedo io, il loro arrivo, a cominciare dai loro nomi e dai loro cognomi, e alle nostre grandi speranze che si portano addosso loro malgrado, ha sempre l'effetto di un moltiplicatore di entusiasmo e simpatia. Del resto, si tratta di sport, solo di sport in teoria, e in questo contesto un po' di sano e onesto colore serve sempre.
Ma, come ormai ben tutti sappiamo, dal punto di vista della realtà del campo da gioco, costoro sono sempre una grande incognita.
Eppure, qualche volta anche a me, che sono abbastanza realista e pessimista di natura (ma non troppo), come a tutti gli appassionati di calcio, è capitato di guardare partite di quel calcio lontano, e anche a me è capitato di innamorarmi di un giocatore.
Infatti, nei primi anni 2000 mi ricordo di un giovane talento argentino visto in qualche partita del Boca Juniors e del Corinthians. Mi piaceva un sacco, pensavo che sarebbe diventato fortissimo, e pensavo che se proprio il nostro dg Luciano Moggi avesse intenzione di provare a pescare qualche giocatore da quel calcio lontano, mi sarebbe tanto piaciuto che fosse proprio quel giocatore il prescelto o uno dei prescelti. Egli, il talento in questione, manco a dirlo, era argentino e si chiamava Carlitos Tévez. Ne conoscevo anche leggermente le tante vicissitudini umane e famigliari vissute nella sua vita (leggetevi wikipedia se non le conoscete) e gli ero vicino, anche se egli non aveva certo bisogno di me. Certo, la Juve a quel tempo vinceva, e non è che ci fosse granché da lamentarsi, anzi. Ma visto che i sogni son desideri, e visto che sognare è gratis, non mi spiaceva sognare a tempo perso. Nel frattempo il tempo passava, e il talento argentino ad un certo punto esplose e il costo del suo cartellino raggiunse costi abbastanza ragguardevoli. Poi successe il gran papocchio di Calciopoli, con tutto il cataclisma relativo, e così smisi di sognare in fretta e furia senza troppe tiritere. C'era ben altro di cui occuparsi e preoccuparsi.
Ironia del destino, o forse solo una strana coincidenza, o forse una specie di vera e propria premonizione frutto di una comunicazione parapsicologica tra me e il creatore del creato, proprio nelle ore in cui la Juventus comunicava al mondo intero attraverso il Presidente Cobolli Gigli che il ricorso al Tar era stato provvidenzialmente ritirato in modo da permettere all'Inter di vincere qualche scudetto fittizzio, e che saremmo andati volentieri in B forse anche rifacendoci un po' ai valori di Facchetti, Moratti e Tronchetti Provera, appresi mooooooolto distrattamente che Carlitos Tévez aveva firmato a Londra per una squadra inglese e che sarebbe approdato in Europa.
Il suo percorso negli anni successivi lo seguii anche questo moooooolto distrattamente, e notavo che non fu affatto semplice per lui l'approccio all'Europa, ricco di alti e bassi, problemi relativi alla proprietà del cartellino e alle normative del calcio inglese, e con alcuni cambiamenti di maglia, anche se il talento era sempre ben visibile per l'occhio attento di un innamorato. Poi ci furono le contiguità con il Milan di Adriano Galliani, e la mia attenzione al giocatore devo ammettere che si era decisamente allentata. Non lo amavo mica più come un tempo.
Poi, un bel giorno, ecco la sorpresa inaspettata: Tévez alla Juventus. Non più giovane talento, ma nel pieno della maturità.
Ero contento, ovviamente, ma devo ammettere che non ero così affascinato dall'idea come sarei stato solo qualche anno prima. Forse anche per via della mia stanchezza e delle troppe ferite morali da me riportate negli anni precedenti, decisamente disastrosi.
Detto questo, quello che è avvenuto con Tévez in bianconero è sotto gli occhi di tutti. Giù il cappello, oh gobbi! Grandioso.
Bene. Ora veniamo a noi.
Chi mi legge abbastanza spesso, avrà sicuramente notato che il mio occhio è sicuramente molto cinico e freddo quando guardo il campionato italiano e la Juventus. Questo di fondo è un calcio in cui non credo più e che mi trova poco disposto a delle emozioni profonde come lo erano un tempo. Non sono più capace di innamorarmi. L'affetto c'è ancora, ed è grande, per il club e per giocatori che indossano la nostra maglia, però il mio atteggiamento è diventato ancora più disincantato di quanto già non fosse nel passato molto lontano in cui non scrivevo articoli per questo sito web.
Molti lettori ricorderanno, per esempio, che ho scritto molti articoli riguardanti la costruzione dello stadio, ma quasi nessuno è a conoscenza del fatto che, anche se passo davanti allo Juventus Stadium circa due volte al giorno, non ci sono mai entrato, e mi sono ripromesso di non entrarci mai fino a quando su Calciopoli, sui nostri scudetti e sull'ingiusta serie B non verrà fatta giustizia. Ho rifiutato persino ingressi omaggio da alcuni miei amici abbonati, sia per lo Stadium che per l'Olimpico.
La mia è una posizione talebana e irreprensibile, probabilmente troppo rigida, ma io sono fatto così. Non transigo. Trattasi di scelta irrevocabile.
Così come non compro più un prodotto ufficiale Juventus da diversi anni. Anzi, per il troppo dolore che mi procurava guardarla, mi trovai addirittura costretto a vendere la mia maglia di Emerson originale in un mercatino dell'usato.
Così come spesso mi capita di avanzare critiche feroci verso la maggioranza azionaria che controlla la Juventus e la relativa storica famiglia che tutti ben conosciamo. E così continuerà ad essere se, e fino a quando, alcune questioni non verranno affrontate e risolte.
Per come la pensano legittimamente tanti tifosi, tutto questo non è amore per il club, e io non sono un vero tifoso, ma solo un buon simpatizzante. Uno che segue le gesta della squadra, forse anche distrattamente, e che ne gode e ne soffre solo molto moderatamente e relativamente. Probabilmente queste critiche rivoltemi hanno un grande fondamento e senza discutere me le metto sulle spalle, se volete anche come una vera e propria colpa. Non importa, accusatemi pure, e additatemi come quello matto e rompiballe. Ho le spalle grosse e accetto tutto.
Però, però, però, sono sempre culturalmente Juventino e voglio bene al mio club. E con questo articolo volevo cogliere l'occasione per ringraziare pubblicamente il Presidente Andrea Agnelli per avermi regalato Carlitos Tévez.
E' un giocatore di cui sono fermamente orgoglioso, è un grande onore vedere le immagini delle sue giocate con la nostra maglia bianca e nera, e sentire i miei colleghi di lavoro che fanno il suo nome mentre ascoltano le partite e raccontano col pugno in alto di un suo gol.
E' un grande onore averlo con noi. Tévez è il primo giocatore che ha fatto tremare le mie assurde e rocciose certezze raggiunte dal 2006 in poi. Lui è l'unico campione che finora (nonostante ce ne siano tanti fantastici nella nostra rosa) mi costringe a fermarmi a guardare la sua maglia tutte le volte che mi trovo a passare davanti ad uno Juve Store. E' decisamente il primo, tra tutti i campioni che abbiamo, di cui spero di poter leggere il nome nel tabellino marcatori delle nostre gare. E' decisamente il primo, tra tutti i campioni che abbiamo, di cui spero di poter leggere il nome sulla schiena di un bambino che gioca in un giardino indossando la nostra maglia.
E' bello, seppur egli non sia il classico fantasista, vedere il nostro numero 10 sulle spalle di un giocatore come lui.
E', ad oggi, l'unico giocatore della Juventus che riesce far traballare davvero per qualche secondo il mio pensiero unico.  
Dunque, grazie ancora Andrea Agnelli. Le sono molto riconoscente.
In fin dei conti, nonostante i miei tentativi maldestri di resistere anche alle emozioni più grandi, è decisamente tutto più normale di ciò che sembra. Perché è così da sempre, fin dalla notte dei tempi; al cuor non si comanda.
I love Carlitos Tévez.
 
 
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