Come te nessuno mai – Volume 2 (2001-2006)

E' una persona fantastica, un ragazzo umilissimo di estrazione sociale di un certo tipo, è rimasto legatissimo alla sua famiglia, ai suoi amici, alle sue origini, alla sua infanzia e questa è la cosa più bella che possa fare un uomo: non dimenticarsi mai delle sue origini e della sua infanzia soltanto perché ha avuto una grande fortuna nella vita...
Marcello Lippi su "Zizou" Zidane

La parentesi di Lippi alla guida della seconda squadra di Milano si rivelò fallimentare rispetto ai proclami iniziali: un quarto posto dopo lo spareggio col Parma nella stagione 1999-2000 e l’esonero il 1° ottobre 2000 dopo una celebre conferenza stampa in cui Marcello “consigliò” a Moratti di esonerarlo e di prendere a calci i giocatori. Nel frattempo la Juventus di un ancora acerbo Ancelotti viveva due stagioni sfortunate arrivando per due volte seconda: la prima dopo la scandalosa gara nella “piscina” di Perugia dietro la Lazio e l’anno dopo dietro la Roma di Capello che aveva potuto usufruire del famoso cambio del regolamento sugli extracomunitari pochi giorni prima dello scontro diretto. Il “sistema Moggi” era palesemente già all’opera.
Io ero ormai alle superiori e mi ricordo bene l’amarezza di quelle due sconfitte, in particolare quella di Perugia, avvenuta una settimana prima di cresimarmi. L’estate del 2001 portò finalmente al nuovo matrimonio tra Lippi e la “Signora” e portò anche grandi cambiamenti nell’organico: partirono Inzaghi e Zidane (per il quale la Juve incassò la cifra record di 150 miliardi di lire dal Real Madrid) ed arrivarono Gigi Buffon, Lilian Thuram e Pavel Nedved. Mi arrabbiai molto quando vendemmo Inzaghi, il mio attaccante preferito, però poi mi tranquillizzai quasi subito non appena David Trezeguet iniziò a farsi conoscere meglio. Ma la cosa più importante era rappresentata dal fatto che il nostro Mister per eccellenza era tornato a casa. Una nuova Juve per Marcello, che la condusse ad un nuovo ciclo: due scudetti in due anni.
Il primo nella stagione 2001-2002 vinto all’ultima giornata nel 5 maggio più famoso e godurioso dopo quello manzoniano, il secondo conquistato con molta più tranquillità ed in anticipo nella stagione 2002-2003. Unico neo l’ennesima finale di Champions persa, la terza dell’era lippiana. Ricordo come se fosse ora quella maestosa cavalcata europea dove eliminammo stoicamente il Barcellona ai quarti e infliggemmo una lezione di calcio al Real Madrid dei “galacticos” in semifinale con l’amarezza della squalifica del Pallone d’Oro 2003 Nedved. Io e miei amici juventini sprizzavamo gioia da tutti i pori, credevamo che la nostra squadra fosse invincibile fino a quello sfortunato 28 maggio a Manchester. Nell’intervallo di tempo tra la semifinale di ritorno e la finale nella mia comitiva la tensione tra juventini e milanisti si tagliava col coltello perciò decidemmo di vedere la finale in posti separati. Vinsero loro ai rigori e mentre tornavamo a casa in lacrime il destino beffardo ci fece incrociare il gruppo dei nostri amici milanisti che andavano a festeggiare.
La stagione 2003-2004, l’ultima del viareggino sulla panchina della Juve, si chiuse con un deludente terzo posto ed era ormai chiaro a tutti che la favola del Marcello bianconero stava finendo. La Juventus ricominciava da Fabio Capello mentre Marcello Lippi prendeva le redini della Nazionale italiana.
La mia carrellata di ricordi dovrebbe finire qui teoricamente. Vorrei però includere anche il Mondiale tedesco vinto dall’Italia nel bel mezzo della bufera farsopolara. Nel maggio del 2006 mille voci incontrollate vaticinavano situazioni allucinanti: l’esclusione di Buffon e Cannavaro dalla spedizione azzurra e le dimissioni di Lippi chieste a furor di popolo. Paradossalmente il gruppo si cementò ancora di più e riuscì a vincere un Mondiale epico, l’ennesimo capolavoro del nostro Marcello, il quale tenne fede alla parola data prima della vittoria e si dimise da commissario tecnico a causa delle cattiverie gratuite ricevute da lui e dal figlio Davide prima dei campionati del mondo.
Lippi è un vero uomo e in quanto tale ha sempre avuto una parola sola: ecco come rispondeva all’interista Severgnini nel 2008. Evidentemente aveva capito da tempo quello che era successo, come poi ci ha confermato questa intercettazione tra Moggi e Lippi.
Insomma, che altro dire? Ho cercato di raccontarvi il mio Marcello Lippi provando a non scadere nell’elogio stucchevole e fine a se stesso. Per quelli della mia generazione Marcello Lippi non è stato un allenatore, ma è stato 'l’allenatore'. Grazie al suo lavoro possiamo intrecciare gol e giocate a momenti importanti e meno importanti della nostra vita che magari altrimenti non ci ricorderemmo. Forse per qualcuno Marcello è stato anche un esempio per il suo carattere fermo e deciso, per la sua cultura del lavoro, per il suo non rinnegare il passato, per il suo voler difendere la Juve dalle accuse gratuite anche quando non era molto di moda farlo, per il suo esaltare sempre e comunque le qualità umane delle persone ancor prima di quelle calcistiche. Ed anche per l’umiltà nel saper dire “ho sbagliato” quando lo riteneva giusto, a differenza di molti suoi colleghi. Eh sì, ce ne sono davvero pochi come Marcello Lippi, uno dei più grandi allenatori italiani di sempre. Grazie di tutto Marcello, compagno di una vita.


Puntata precedente:
Come te nessuno mai – Volume 1 (1994-1999)