Diego, non so se mi spiego

DiegoDiego Ribas da Cunha (calcisticamente conosciuto come Diego) è un giocatore della Juventus.
Il numero 10 brasiliano del Werder Brema è a Torino dove sta per sostenere le visite mediche (speriamo accurate e minuziose, visti i precedenti!) presso la clinica Fornaca; visite che dovranno certificarne l’idoneità fisica.
La trattativa per l’acquisizione del 24enne trequartista di Ribeirao Preto è stata perfezionata una dozzina di giorni fa, in seguito al blitz effettuato da Secco e Blanc a Brema, per chiudere l’operazione con il rappresentante del Werder, l’ex gloria del calcio tedesco Klaus Allofs.
Informazioni più dettagliate parlano di un contratto quinquennale a 3,5 milioni di euro netti l’anno al giocatore e un costo del cartellino variabile dai 24,5 ai 28 milioni.
Su questo, le parti coinvolte non hanno ancora fatto chiarezza, anche perché sull’affare nei giorni scorsi erano state gettate leggere nubi, in seguito al (lieve, per la verità) braccio di ferro tra Juve e Werder Brema, avente come argomento le milionarie spettanze reclamate dal padre-procuratore del calciatore: il signor Djair da Cunha.
La società biancoverde avrebbe tentato di coinvolgere (non si sa quanto concretamente) il Bayern Monaco nella trattativa per poter ricavare qualche milioncino in più, ma la timidezza del tentativo ha convinto subito tutti che si trattasse di bufala.
Diego è tecnicamente un giocatore di livello superiore. Normolineo (1,75 mt x 76Kg.), sembra più piccolo di quello che in realtà è, vista la sua conformazione leggermente tozza.

Un vantaggio che lo rende più solido negli scontri con avversari molto più grossi di lui.
Il ragazzo ha un caratterino mica facile: discussioni con allenatori e reazioni alle provocazioni avversarie gli hanno provocato difficoltà nei rapporti e squalifiche sacrosante.
La sua carriera inizia nel Santos, l’ex club di Pelè, assieme all’altro piccolo “craque” brasiliano Robinho, col quale Diego vince il Brasileirao (il campionato brasiliano) alla bella età di 17 anni, per poi ripetersi due anni dopo.
E' dopo quel secondo successo nel campionato brasiliano che Diego si trasferisce in Portogallo. Siamo nel 2004 e la squadra è il Porto campione d’Europa in carica, orfano di Mourinho, ma con quella squadra Diego riesce a vincere la Coppa Intercontinentale ai rigori, segnalandosi più che altro per un siparietto polemico con il portiere del Boca Juniors “El Pato” Abbondanzieri, il tutto originato da ruggini risalenti alla precedente finale di Copa Libertadores tra Santos e “Xeneizes”, vinta fra le polemiche dagli argentini guidati da un giovanissimo Carlos Tevez.
Ma nemmeno la vittoria nel successivo campionato portoghese consacra Diego quale stella di livello internazionale, e l’arrivo di Adriaanse sulla panchina dei “Dragoes” suggerisce a Diego di trasferirsi al freddo di Brema, per una cifra mai spesa in precedenza dal club tedesco.

Nella città anseatica, Diego si rivela un punto di riferimento per la squadra, realizzando una media di una dozzina di gol a stagione (limitandosi al solo campionato) e fornendo un apporto determinante nella cavalcata del Werder nelle coppe in quest’ultima stagione.
Una stagione nella quale, partito in sordina in concomitanza della prima fase di Champions League, nella seconda parte ha illustrato il proprio repertorio (soprattutto in Coppa UEFA contro le squadre italiane, Milan e Udinese, entrambe eliminate dal Werder), con l’apice toccato nella semifinale contro l’Amburgo, lasciapassare per il club del Weserstadion per accedere all’atto conclusivo.
Una finale, quella giocata mercoledì scorso a Istanbul, che il Werder Brema ha perso anche per l’assenza di Diego (squalificato).
Ora, manca solo la finale di Coppa di Germania (da disputarsi sabato prossimo a Berlino contro il Bayer Leverkusen) e poi il salto nel campionato italiano.
Uno con le caratteristiche di Diego, nonostante quel che si dice, potrebbe anche giocare in un 4-4-2; già lo fa nel Werder con Pizarro e un’altra punta a scelta (Hunt, Hugo Almeida, Rosenberg), anche se ultimamente rende al meglio affiancato da Ozil e con il solo Pizarro davanti, in ossequio al modulo che oggi va per la maggiore in Europa: una punta centrale e due attaccanti esterni (Barcellona, Arsenal, Liverpool e Manchester United giocano tutte così).
Questo è il giocatore sul quale la Juventus ha deciso di puntare per i prossimi anni, altrimenti non avrebbe senso programmare l’esborso di una cinquantina di milioni lordi (tra ingaggio e cartellino) per poi non costruirgli la squadra attorno.
Un giocatore estroso, bello a vedersi e tecnicamente dotato, capace di finalizzare e di fornire l’ultimo passaggio, ma col difetto di una discreta propensione a lunghe pause e, quando non assistito da necessaria lucidità, abituato a giocare più per se stesso che per la squadra.
Uno splendido solista al quale l’idea di collettivo deve ancora essere inculcata a dovere.
La sua fortuna in Nazionale (dove, pur chiuso da tanti senatori, ha collezionato una trentina di presenze e due successi in Coppa America) dipenderà molto da ciò che riuscirà a fare nella Juve.
Che, per la prima volta nella sua storia, si affida ad un brasiliano ”alla brasiliana”, nel senso di fantasista, di creativo. Speriamo porti bene…

L'acquisto di Diego va ad aggiungersi al ritorno di Cannavaro, il cui contratto è stato depositato la scorsa settimana in lega.
Contratto annuale, con opzione per un altra stagione. Forse, dal punto di vista dell'oculatezza, uno dei migliori affari fatti dalla dirigenza di questa Nuova Juventus dal suo insediamento.
Cannavaro compirà 36 anni a settembre, non è quello straordinario difensore del primo periodo juventino, ma tecnicamente parlando è il giocatore che serviva. Brevilineo ma fisicamente ancora esplosivo, rapido e solido sull'uomo, il capitano della Nazionale garantisce personalità ed esperienza ad una retroguardia che della mancanza di carattere ha fatto il suo peggior difetto.
Al diavolo le disquisizioni sul tradimento e affini: Cannavaro serve come il pane ad una difesa che, a parametro zero, vede l'ingresso del capitano dei campioni del Mondo e in uscita vede Knezevic, un quasi parametro zero che in campo abbiamo visto col contagocce.
Ma ci è bastato.
Che poi i vecchi dello spogliatoio si siano detti favorevoli al ritorno di Cannavaro, non può che far piacere a chi osserva da tempo una Juventus che Juventus non è più. Se, come pare evidente, i "samurai" si felicitano per il ritorno dell'ex madridista, sappiamo che la mossa può essere vista come un tentativo di ricostruire e provare a vincere.
Visto che ai vecchi (Cannavaro compreso) non resta moltissimo tempo per vincere.