Il vivaio dalle uova d'oro

MarchisioUna volta erano mosche bianche, ora spuntano come funghi. Parliamo dei calciatori "made in Juventus", una vera inversione di tendenza rispetto al passato, quando la Juventus i giocatori li comprava già cresciuti e formati, rifornendosi presso società tradizionalmente amiche come Atalanta, Cremonese e Avellino. Dopo il famoso diktat di Umberto Agnelli (qualcosa del tipo: “Soldi non ce ne sono, dovrete vincere senza spendere, anzi; se portate utili è meglio…”), la Triade si ingegnò per far quadrare i conti e ottenere risultati sportivi d’eccellenza. Entrambe le cose riuscirono benissimo, e un’attenzione particolare venne riservata al vivaio, uno dei più poveri e tradizionalmente tra i meno vincenti. Dal 1994 in poi, le giovanili bianconere si sono invece distinte per una competitività senza precedenti e un’assidua presenza sugli albi d’oro delle manifestazioni di categoria. Solo per citare la Primavera, sono arrivati 4 successi al Torneo di Viareggio (3 consecutivi con una quarta finale disputata e persa), 2 scudetti, 3 Coppe Italia e 2 Supercoppe nazionali (la seconda delle quali ottenuta nel 2007, sfruttando l’onda lunga dell’ultima formazione cresciuta da Ceravolo e co.), più svariate finali.
Dalla Juve del 1994, con Del Piero e Dal Canto tra gli elementi di spicco (cresciuti sotto la gestione Boniperti), il lavoro di scouting ha dato i suoi risultati verso la fine dello scorso millennio, con una sfornata di elementi di livello superiore. A parte quelli in rosa, ovvero Marchisio, De Ceglie e Giovinco (ma Fausto Rossi, Esposito, Ariaudo e Castiglia provengono dalla stessa medesima mano), solo il Genoa di Gasperini (lui pure da assimilare ai ragazzi, essendone stato l’allenatore negli anni giovanili), la vera sensazione dell’attuale serie A, ne annovera una mezza dozzina, a partire da Criscito, allevato a metà col Grifone, leggerino ma tecnicamente fortissimo, forse non da Juve nel senso stretto del termine ma sicuramente più adatto (e sano) di Knezevic, esattamente come il suo dirimpettaio Gastaldello. Paro non ha nulla da invidiare ad Almiròn; è timido come l’argentino ma Matteo aveva il cartellino gratuito, mentre Palladino, Gasbarroni (appena passato al Toro a fine mercato di gennaio) e Sculli stanno facendo la loro dignitosissima carriera, come il “Pollo” Olivera, al quale Capello deve una bella fetta dello scudetto 2004/05 (quello revocato), grazie a 4 reti determinanti segnate dall’uruguagio.
Il gruppo genoano si completa con Omar Milanetto, compagno di Del Piero nella Primavera vincitrice del Viareggio 1994. Tutti scommettono su Lanzafame (appena tornato al Bari di Conte dove ritrova Volpato) che lascia il Palermo e Nocerino; i due che sono serviti per arrivare ad Amauri, ma, nel caso del secondo, c’è una valutazione che stride con il rendimento del successore, Poulsen, nettamente inferiore a quello garantito dal giovanotto campano nella scorsa stagione. A Palermo c’è anche Cassani, autore del gol decisivo (il classico gol dell’ex) nell’ultimo Palermo-Juve, e ormai stabilmente da anni in serie A. Sempre in Sicilia, Paolucci sta mantenendo le promesse a Catania, dove risulta puntuale in zona gol e “vede” la possibilità di arrivare alla doppia cifra. Per Piccolo (fermato dagli infortuni) si nutrivano grandi speranze, come per Pasquato, uno degli ultimi regali della vecchia gestione mandato ora ad Empoli a maturare: un fantasista più potente di Giovinco sul quale si pongono grandi aspettative.
Andrea Rossi (Siena), Bentivoglio (Chievo) e il portiere Mirante si sono ricavati il loro spazio (un po’ meno il portiere doriano) mentre all’estero Chiumiento e soprattutto Konko (un polivalente) tengono botta: il francese è stato un pezzo pregiato dell’ultimo mercato estivo, e sebbene a Siviglia abbia incontrato difficoltà, resta un elemento di sicuro valore.
Nello scorso campionato, secondo l'Almanacco Illustrato del calcio, erano ben 15 i giocatori che hanno raggiunto il calcio che conta, quello della serie A, partendo dalla Primavera bianconera. Tra questi ricordiamo anche Manfredini, Aronica, Rocchi e Loria.

Sono tanti anche gli ex giovani di Chiarenza che fanno la loro parte in serie B: Bianco, Venitucci, Maniero, Luci, Zammuto, Lavecchia, Bonetto, Masiello, Guzman, Frara, Scardina, Masiello, Gorzegno e Maietta.

Il settore giovanile della Juve, diretto negli anni della Triade da Perinetti, Leonardi, De Nicola e Ceravolo, ha garantito alla società la copertura, a bassissimo costo, di alcuni ruoli nella rosa con Giovinco, Marchisio, De Ceglie. Ma non solo. Ha garantito a Blanc e Secco un "tesoretto" che ha portato, grazie alle cessioni, dei buoni introiti sul mercato e una consistente riduzione della spesa. L'augurio è che Ciro Ferrara e Rampulla sappiano fare altrettanto. Certo è indispensabile un allenatore che dia fiducia a questi giovani e li utilizzi secondo le loro caratteristiche: Ranieri non è questo allenatore. Giovinco sulla fascia come vice Nedved e Nocerino, lo scorso anno, utilizzato sulla destra come sostituto di Camoranesi non sono il massimo della gestione dei giovani. Gasperini, a Genova, sta dimostrando che tanti di quei ragazzi di cui la Juve si è frettolosamente privata, dimostrando poca fiducia mista ad incompetenza, sono capaci di fare bene in una squadra da prime posizioni in serie A; a maggior ragione avrebbero potuto fa parte della rosa della Juve, evitando di spendere, per esempio, 20 milioni per Almiron e Poulsen, il cui contributo è stato inversamente proporzionale al costo.