La vera storia di come nacquero i Piangina d'Italia - Prima parte

zanetti

Eliminato il Milan dalla Coppa Italia, è il momento di concentrarci sulla sfida di domenica con l'Inter.
Quest'anno, per la prima volta da Farsopoli, si tratta di una partita come le altre, per noi almeno, esattamente com'era prima della Grande Farsa. E' decisamente un sollievo non arrivarci con la sensazione di essere diventati come i Granata quando giocano con noi, come nei primi anni post Farsopoli segnati dal progetto Cobolli-Blanc.
Storicamente, è sempre accaduto il contrario, è bene che i più giovani lo sappiano. Ma da dove nasce la profonda avversione, quando non odio, che i tifosi interisti provano per la Vecchia Signora, tanto da trasformarsi nel tempo in un vero proprio modo di essere?
Gli interisti sono da decenni convinti di essere vittime di soprusi consumati fuori dai campi da gioco e hanno vissuto Farsopoli come una rivincita. Come sappiamo, sopruso è stato semmai proprio Farsopoli, mentre le recriminazioni nerazzurre contro il potere bianconero si possono far risalire ad almeno mezzo secolo fa, come già spiegato dall'ottimo Nicola Negro l'anno scorso su questo sito.
Si tratta di una storia paradigmatica, in cui, come spesso accade, la storia e i fatti negano decisamente ciò che il mito consolatorio (nerazzurro) tramanda. Una storia di cui è particolarmente interessante ripercorrere i dettagli, che stanno nelle cronache dell'epoca e nei documenti ufficiali.
E' la storia di una partita sospesa, di una squadra che voleva giocarla e di un'altra che voleva vincerla senza giocare. Di una partita che venne fatta infine rigiocare, di una squadra che la rigiocò nonostante ormai fosse inutile e di un'altra che preferì un antisportivo sberleffo, schierando dei ragazzini.
Il casus belli è abbastanza conosciuto, riassumiamolo con le parole di Negro: "E‘ il 16 aprile 1961 quando Juventus e Inter si incontrano al Comunale. Lo stadio straripa, è tutto esaurito con 68.000 spettatori sommando i biglietti venduti e la quota abbonati. Ma fuori c‘è ancora ressa, una folla vuole entrare ed assistere a una partita che potrebbe portare la Juventus a +6 dagli avversari e chiudere virtualmente il campionato a poche giornate dalla fine, oppure riaprirlo, con una vittoria degli ospiti, che si porterebbero a -2 dalla Juventus del trio magico Boniperti, Charles e Sivori. Fatto sta che quattro ingressi cedono e qualche migliaio di tifosi entra nello stadio, sistemandosi ai bordi del campo per assistere all’incontro. La partita inizia regolarmente, si gioca con i tifosi a bordo campo come non di rado accadeva in quegli anni. Dopo mezz’ora però, con il risultato sullo 0-0, l’Inter chiede l’interruzione dell’incontro già sicura di ottenere quella vittoria a tavolino che la commissione giudicante le assegnerà nei giorni successivi."

LA SOSPENSIONE NEI GIORNALI DELL'EPOCA

In un articolo a pag. 5 de 'La Stampa' del 17 aprile 1961 ("Un esposto presentato dai dirigenti nerazzurri") a firma Bruno Perucca, leggiamo un'interessante cronaca dei concitati momenti della sospensione: "Si apre la sporta dello spogliatoio dell'Inter: ne escono alcuni dirigenti che vengono presi d'assalto. "La decisione di non giocare con il pubblico in campo è stata presa su consiglio dei dirigenti presenti alla partita" dice Moratti junior, figlio del presidente. "Noi crediamo che non possano esservi dubbi in merito all'assegnazione della partita all'Inter per 2-0" fa eco il dirigente Rapizzi confermando che nel diniego dei nerazzurri alla proposta di scendere in campo con il pubblico sulla pista c'era uno scopo... abbastanza facile da scoprire, una decisione presa anche a patto di passar sopra alle buone regole della sportività. Dello stesso parere di Moratti junior e Rapizzi sono gli altri esponenti nerazzurri Gattai e Allodi, nonché l'accompagnatore ufficiale Ceresa che vediamo intento, non appena viene data via libera allo spogliatoio, a compilare l'esposto della società nerazzurra......
Come abbiam visto durante Farsopoli, un ruolo importante lo giocarono i media principali dell'epoca, e cioè i giornali:
"Anche la stampa italiana (specializzata e no) sottolinea le varie tesi. Citiamo a caso fra i titoli letti stamane: Corriere Lombardo (in prima pagina, a tre colonne) «Juve-Inter è da rifare? O hanno vinto i nerazzurri?». La Notte pubblica sull'intera prima pagina: «Vinta dall'Inter la partita di Torino?». Il Corriere d'Informazione (a nove colonne in pagina interna): «La sospensione della partita di Torino ha creato un caso senza precedenti». E più in basso nella stessa pagina riporta: «Gara vinta ai milanesi o ripetizione dell'incontro?». La Gazzetta dello Sport scrive, con «strana» sicurezza: « Juve-Inter 0-2» ["Due tesi in contrasto (attenzione alle conseguenze)" di Giuseppe Barletti, pag. 5, 'La Stampa' del 17-04-1961]
Sembra evidente, da quel che si raccontò ai tempi, la volontà interista di non giocare per portarsi a casa il risultato pieno, con l'appoggio, a tal fine, di alcuni giornali, in particolare di uno che già 50 anni fa le sentenze le anticipava nei titoli.
Sulla Stampa del 17 aprile, Giuseppe Barletti è impietoso, ricordando ai nerazzurri il ben più nobile contegno mantenuto dai cugini rossoneri dieci anni prima, a fronte di un evento simile:
"In ogni caso, comunque, la società neroazzurra perderà ancora un po' di <<faccia>> di fronte agli sportivi degni di tale nome. E tra costoro (gente che da anni calca con ogni tempo le scalinate degli stadi calcistici) moltissimi sono coloro che hanno ancora nella mente e negli occhi lo spettacolo di alta dignità dato undici anni fa (il 22 ottobre 1950) da un'altra compagine di Milano, quella rossonera del Milan. In quella giornata di ottobre circa 85.000 persone gremivano letteralmente ogni più riposto angolo di quella grossa ed ormai irrazionale costruzione che si chiama Stadio Comunale. Mancavano dieci minuti al confronto, ì bianconeri ed i milanisti sgroppavano già nel campo per riscaldare i muscoli quando la ressa sfondò le protezioni. Duemilacinquecento agenti (circa 500 più di ieri) non riuscirono a contenere la marea che si sistemò nel più tranquillo dei modi tutt'intorno alla pista. L'arbitro Bellé (un « signor » arbitro) si guardò intorno, parlamentò brevemente con la folla ed ottenne che arretrasse ai limiti della pista di tennisolite. Poi si voltò ad attendere le decisioni dei due « capitani ». I dirigenti del Milan e quelli della Juventus non ebbero bisogno di troppe parole. Tognon fece una corsetta fin nei pressi di Bellé e gli disse testualmente: <<Per noi, signor arbitro, va benissimo, dia pure inizio alla gara ». E fu uno spettacolo raro di compostezza, di gioco, di stile da parte di tutti. Segnò il Milan, mancò Gren il raddoppio su rigore, che Viola gli parò da padreterno, pareggiò la Juve (ancora su rigore) con Karl Hansen. Ed alla fine applausi, battimani, abbracci per tutti. Lo sport aveva vìnto. Ieri, al « Comunale » di Torino forse la Juventus ha perso due punti, ma più della società bianconera sono andate in << deficit » l'Inter e la bella tradizione sportiva".


IL DISPOSITIVO DELLA COMMISSIONE GIUDICANTE

La sentenza sportiva di primo grado decretò in effetti la vittoria a tavolino all'Inter. Ma fin dall'inizio apparve strana l'attribuzione alla Juve della responsabilità oggettiva del fatto che l'Inter non aveva acconsentito a proseguire a giocare. Ecco come la "Commissione Giudicante" motivò il provvedimento:

"[...]rilevato che la situazione conseguente alle cosiddette pacifiche invasioni di campo — quando l'arbitro, come nel caso in esame, abbia escluso che la sospensione definitiva sia stata determinata da circostanze, che rendessero applicabile la regola 5 lettera C del regolamento di gioco (secondo la quale il direttore di gara ha il potere di interrompere il giuoco quando rilevi infrazioni alle regole o in dipendenza delle condizioni atmosferiche, di intromissione di spettatori o per altra causa) — subordina la possibilità dello svolgimento o della prosecuzione della gara al consenso della squadra ospitata, cioè alle sua accettazione di uno stato di fatto la cui anomalia è solo a questa condizione sanabile; ritenuto che il mancato consenso della squadra del F. C. Internazionale a proseguire la gara rende operante, per effetto della responsabilità oggettiva del F. C. Juventus, la norma di cui all'art. 8 lettera B del regolamento di Giustizia, che prevede la punizione sportiva per la società responsabile di fatti o situazioni che abbiano impedito la regolare effettuazione di una gara; delibera di assegnare gara vinta al F. C. Internazionale con il punteggio: F. C. Juventus 0 - F. C. Internazionale 2» (dall'articolo "Questo il dispositivo della sentenza", di Leo Cattini, pag. 9 de 'La Stampa' del 27-04-1961)

Si trattava di un'interpretazione sbagliata e pericolosa, è ovvio che, se si lasciasse questo tipo di potere alla squadra ospite, chissà quante vittorie esterne a tavolino avverrebbero.
Ecco cosa dice l'articolo 8 comma B citato dal verdetto: «La società ritenuta responsabile di fatti o situazioni che abbiano influito decisamente sul regolare svolgimento di una gara, che ne abbiano impedito la regolare effettuazione, soggiace alla perdita della gara stessa con il punteggio di 0-2 o con il miglior risultato eventualmente conseguito sul campo dalla squadra avversaria»
Come potete vedere il regolamento diceva altro, e cioè che la vittoria a tavolino va alla squadra ospitata quando chi ospita è responsabile dell'impedimento a giocare. In quel caso, si sarebbe potuto giocare, fu l'Inter a chiedere di non proseguire, per valutazioni di parte.


I COMMENTI DELLA STAMPA ALLA SENTENZA DI PRIMO GRADO

A differenza da quel che il mito interista ha negli anni tramandato, quella vittoria a tavolino suscitò moltissime perplessità. Ad esempio, il mitico ex CT azzurro Vittorio Pozzo, su La Stampa, parlò della sentenza come di "Un duro colpo per lo sport". Ma leggiamo insieme un articolo apparso a pag. 7 de 'La Stampa' del 27-04-1961, dal titolo: "Contro la sportività: così in tutta Italia commentata la sentenza": "I quotidiani politici e sportivi d'Italia hanno vivacemente commentato la decisione della Commissione Giudicante, giungendo quasi tutti a conclusioni che stigmatizzano l'antisportività del verdetto. Ecco un sintetico panorama dei giudizi espressi dalla stampa italiana. «La Juventus ha il dovere di ricorrere». Questo il titolo al commento di Aldo Bardelli. redattore capo del quotidiano sportivo bolognese Stadio. Sulla possibilità o meno che la Juventus presenti ricorso, Bardelli prosegue: «Riteniamo invece che la Juventus abbia non soltanto il diritto, ma anche il dovere di ricorrere. Non dovesse farlo tradirebbe gli entusiasmi dei suoi sostenitori e farebbe indirettamente un cattivo servizio allo sport». Bardelli inoltre ricorda anche che la Juventus mise in vendita un numero regolare di biglietti avendo una lettera ufficiale della Federazione stabilito che lo stadio di Torino avesse un'agibilità di settantacinquemila spettatori (e la Juve tra biglietti e tessere si era impegnata soltanto in 69.000). Il redattore capo di Stadio così conclude: «Il caso, insomma, sarebbe ancora aperto a tutte le soluzioni, ma perché il suo esame non si esaurisca con la prima sentenza, la Juventus dovrà fare ricorso alla Caf. Attendiamo da Umberto Agnelli una saggia decisione». Da Roma il Corriere dello Sport scrive: «Nessun regolamento riuscirà a convincerci che è stato reso un buon servizio allo sport. L'Inter ha fatto il suo gioco, d'accordo. Forse la stessa Juventus si sarebbe comportata nella stessa maniera. La Lega non avrebbe potuto agire altrimenti. Gli atti ufficiali non le consentivano altro. Ciò non toglie comunque che il campionato sia stato falsato. In ogni caso infatti il verdetto di Milano sarà una cappa di piombo sui meriti della squadra campione. Anche se dovesse vincere la Juventus, infatti, si potrebbe dire che la convinzione di una ingiustizia subita le ha dato una spinta psicologica di cui non avrebbe dovuto beneficiare. C'è ancora la Caf, comunque. E mai come stavolta ci auguriamo, in nome dello sport, quello con la « S » maiuscola, che possa esserci un cavillo in questo regolamento assurdo che riesca a ordinare la ripetizione della partita». Anche i giornali di informazione della Capitale trattano della questione: Il Messaggero afferma: «Il fatto che la sentenza odierna suoni a condanna della Società bianconera non significa tuttavia che la Juventus sia stata ritenuta responsabile per dolo o per colpa dell'invasione pacifica». La sentenza, comunque — prosegue il giornale —, per quanto riguarda il giudizio di prima istanza non poteva essere diversa, ma poiché essa non invalida a priori i motivi di discolpa elencati dalla Juventus nell'esposto ufficioso inviato alla Presidenza della Lega, la Società bianconera, se lo riterrà opportuno, potrà ricorrere alla Caf, presentando tutte le prove che le parranno necessarie al fine di ottenere una sentenza di non responsabilità. Il giornale fiorentino La Nazione aggiunge alla notizia delle decisioni della Lega, un commento ancora di Aldo Bardelli, intitolato «Sentenza ingiusta» nel quale l'articolista così conclude: «Soltanto la Caf potrebbe considerare illegittima la richiesta di sospensione formulata dall'Inter ed accettata dall'arbitro, e disporre la ripetizione della partita. A Napoli il «Roma», organo personale del comandante Lauro dice testualmente: «L'Inter vince la partita a tavolino e, dal punto di vista formale, non c'è nulla da eccepire, ciò nonostante siamo convinti che, in sede di appello, la Juventus avrà molte frecce al suo arco per dimostrare il caso di forza maggiore. Sotto il profilo sportivo, invece, la decisione è ingiusta. L'Inter ha perduto una buona occasione per diventare la squadra più popolare d'Italia, rinunziando al reclamo o chiedendo di ripetere la partita. La Juve (nella quale crediamo ancora per la vittoria finale) trova automaticamente la giusta solidarietà di tutti gli sportivi italiani, i quali non possono nemmeno lontanamente accettare — sia pure sotto il profilo sportivo e sentimentale — una sentenza del genere». Anche il «Mattino» ribadisce in parte queste opinioni osservando fra l'altro: «La sentenza non giova all'Inter, anche se le regala due punti; anzi, accresce le antipatie di cui è già notevolmente circondata. Fomenterà ì fischi e le imprecazioni, la trasformerà perfino in bersaglio di accuse che non merita, come quella che le rivolgono per non aver proposto di ripetere la partita», E cosi il «Mattino» conclude: «Anche questo torto ha la sentenza: d'avere ormai imposto al campionato — che sarebbe invece ancora aperto e vibrante — una sola soluzione bene accetta all'opinione pubblica: quella del trionfo juventino».
Molto significativo anche l'articolo "Motivi per un reclamo bianconero", a pag. 9 de 'La Stampa' del 27.04.1961: (l'indomani della sentenza di primo grado): "La notizia della vittoria a tavolino ottenuta dall'Inter in seguito alla partita interrotta con la Juventus, sebbene prevista in base alle indiscrezioni dei giorni scorsi, ha suscitato decise reazioni nell'ambiente bianconero. I tifosi hanno subito pensato al ricorso alla Caf ed alla possibilità che il tribunale di appello tenga conto delle circostanze eccezionali ed esprima un parere diverso decidendo la ripetizione dell'incontro. In questo gli sportivi juventini non si sentono isolati, perché da tutta Italia sono giunte telefonate o telegrammi di incoraggiamento a respingere l'«ingiusta sentenza», che oltre a tutto è assai impopolare. A questo proposito è da segnalare che un giornale milanese del pomeriggio, il «Corriere Lombardo», aveva svolto martedì un'interessante inchiesta in tutta Italia, chiedendo ai giornalisti sportivi ed ai capitani delle squadre di serie A il loro parere sul caso Juventus-Inter. I risultati furono significativi. A Torino tutti si sono pronunciati per la ripetizione dell'incontro, a Milano vi sono stati sei colleghi pure favorevoli alla soluzione più sportiva della vertenza contro 13 «vittoria da assegnare all'Inter». Escludendo comunque per evidenti motivi le due città interessate, come pure i capitani dei clubs bianconero e granata, nerazzurro e milanista, si sono avuti nel resto della penisola 12 voti favorevoli alla ripetizione e 5 alla vittoria a tavolino, tra i giornalisti, e rispettivamente 10 «ripetizioni» e 4 vittoria all'Inter tra i calciatori. Segno evidente che il senso della sportività indicava un orientamento ben preciso".

Questo si legge nel sopracitato articolo "Due tesi in contrasto (attenzione alle conseguenze)", del 17.04.1961, giorno successivo alla gara: "Contro l'esposto dell'Inter, teso ad ottenere l'applicazione dell'art. 8, la Juventus ribatte decisamente, rigettando ogni accusa, sostenendo l'impossibilità — da parte sua — di opporsi alla penetrazione all'interno dello stadio di elementi estranei «non muniti di biglietto». Non avevamo il comando delle forze dell'ordine — dicono i responsabili Juventini — né la facoltà di richiederne l'intervento. Abbiamo venduto i biglietti nel numero stabilito (60.000), abbiamo concesso libero accesso a circa 10.000 persone (abbonati, invitati d'onore, giornalisti) aventi diritto. Siamo così restati perfettamente in regola con le disposizioni sull'agibilità dello Stadio Comunale che è «idoneo» a contenere 70.000 spettatori. Di più, umanamente e nelle condizioni di ieri non era possibile fare. Ci si potrebbe forse anche incolpare se un folle dinamitardo, in lotta con l'ordine costituito, avesse fatto esplodere una bomba sulle gradinate? Chi può avere la buona fede di affermare che la gente entrata in pista aveva intenzione di infastidire i nerazzurri? Forse che nella folla non si contavano ieri a migliaia gli appassionati al seguito dell'Inter?». Queste le «basi» della controtesi juventina, condita da una «aggiunta» perspicace seppure azzardata. Poniamo — si dice — che la Lega conceda partita vinta all'Inter. Dalla domenica successiva (dopo l'interruzione internazionale) tutte le squadre in trasferta, previo accordo con una massa più o meno grande di sfegatati «tifosi», potrà garantirsi lo «0 a 2» in campo esterno: basterà che tre o quattro (o dieci, oppure 100) individui penetrino (ed è facile farlo in ogni campo di calcio, qui in Italia) nel recinto di gioco. La squadra ospitata, vista la situazione, infilerà gli spogliatoi e si rifiuterà di proseguire il confronto".

Sempre a proposito di sportività, vi segnaliamo il curioso comunicato del 29 aprile dell'Inter (riportato a pag. 13 de 'La Stampa' del 30 aprile 1961): "Il C.D. del F.C Internazionale esaminata la situazione giuridico-sportiva determinatasi dopo la decisione del 29 aprile 1961 della Commissione giudicante della Lega Nazionale, si rammarica che il comprensibile disappunto del F.C. Juventus, per quanto per sua oggettiva responsabilità verificatosi, abbia indotto i pur qualificati dirigenti di tale società ad affermazioni gravemente irriguardose nel tentativo di addebitare al F.C. Internazionale assurde responsabilità in merito all'interruzione dell'incontro, avvenuta per constatata impossibilità di prosecuzione, proprio ai sensi di quel regolamento invocato, anche in epoca recente ed analoga situazione dal F.C. Juventus; confida che nell'annunciato ricorso alla commissione d'appello federale, il F. C. Juventus voglia esporre con obiettività gli avvenimenti onde non costringere il F.C. Internazionale (già volutamente assente nel giudizio di primo grado) a un inevitabile intervento chiarificatore. Attende serenamente il nuovo giudizio, astenendosi dall'entrare in una polemica con la quale si vorrebbe distruggere tanti anni di cavalleresca rivalità sportiva".


(Continua.
Nella prossima parte: la CAF annulla il tavolino; il falso mito di Catania - Inter condizionata; Inter - Juve 1962: stavolta il doping)