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CantaNapoli - Il processo

Le nostre informazioni ed analisi sul processo, denominato "calciopoli", che si svolge a Napoli. Dopo le interpretazioni della stampa, finalmente, pari opportunità per accusa e difesa davanti ad un giudice vero.

Nucini, l'iniziazione ed il salvagente della memoria

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By Redazione
Redazione
07 Apr 2011
07 Apr 2011
Ultima modifica: 14 Dic 2013

nuciniAlla schiera di chi non crede a tutto quello che racconta Nucini si sono recentemente iscritti nomi di spicco come quelli dei pm Narducci e Capuano che, chiedendo di riascoltare Nucini, lo presentano nella nuova veste di "arbitro che aveva fatto parte dell'organizzazione", di fatto dimostrando di credere alla versione data da Gianfelice Facchetti e Fabio Monti e non alle giustificazioni di Nucini raccolte nella deposizione del primo dicembre 2010. Alla fine il bi-testimone Nucini cosa porta come prove documentate utili all'accusa? Lo analizzeremo in più articoli, perché le due testimonianze di Nucini sono molto diverse ed a loro volta diverse da quanto lo stesso aveva dichiarato a verbale nel 2007 ai carabinieri. L'unica cosa sicuramente provata da Nucini, e confermata da Gianfelice Facchetti, è il rapporto non consentito dai regolamenti con Giacinto Facchetti. Non essendo Nucini un imputato, i pm non evidenziano, come avevano fatto in altre occasioni, per esempio nel caso della mancata refertazione di Paparesta, il mancato rispetto del regolamento calcistico, non si occupano della lunga e dettagliata parte della deposizione relativa ai luoghi di incontri "riservatissimi" e ai riscontri forniti sui numerosi colloqui di lavoro procurati da Facchetti. Quella è roba per le difese.
Narducci, esaminando Nucini, entra subito nel vivo, inizia dall'iniziazione, come l'ha definita Nucini nella sua deposizione del primo dicembre 2010, quando ai marescialli che lo vanno ad interrogare a Milano racconta spontaneamente che, "come in tutte le organizzazioni allorché entra a farvi parte un nuovo partecipe", anche lui ha ricevuto una sorta di iniziazione, e che quella era stata la sua "netta impressione". Siamo sempre a livello di impressioni, badate bene, non di prove. Nucini dice che quella iniziazione lo porta a conoscere, dopo pochi giorni, Moggi al Concord. Nucini, sollecitato dalle domande di Narducci, racconta l'episodio accaduto prima della partita Livorno-Messina con l'appello al Santuario di Montenero, che riporteremo dopo.
Prima evidenziamo che Narducci dimostra interesse a sapere dal teste se fosse rituale quel riconoscimento effettuato presso un Santuario e non presso lo stadio, e Nucini risponde: "Mah, nel regolamento del gioco del calcio c’è scritto che l’appello e il riconoscimento delle squadre va fatto all’interno dello spogliatoio… non è previsto un altro luogo".
Dopo aver raccontato i fatti, Nucini aggiunge che il giorno dopo riceve i complimenti di Ghirelli e di un dirigente del Viminale e che "di questi complimenti ho comunicato tutto dopo a Paolo Bergamo"; e Narducci chiede: "Ha avuto possibilità di discutere di questa vicenda anche con i designatori?"; e Nucini risponde: "Ma loro… detto esplicitamente che abbia fatto bene o fatto male… mai". Questo è il primo cedimento della memoria di Nucini in questa sua seconda testimonianza, perché nel verbale del dicembre 2010, invece, dichiara: "Avvertii Bergamo dei complimenti ricevuti da T. e Ghirelli ed il designatore oltre a dimostrarsi molto felice e contento per il mio comportamento si disse soddisfatto dei complimenti che avevo ricevuto". Quindi Bergamo si era espresso esplicitamente, altro che "mai".

Il bello viene quando è il turno dell'avvocato Prioreschi che, dopo un elenco delle precedenti deposizioni e testimonianze di Nucini, chiede: "Lei, in queste precedenti circostanze, in particolare a dibattimento di questo processo, quando si era impegnato a dire la verità e a non nascondere nulla di quanto a sua conoscenza, non ha riferito di Livorno-Messina, di Avellino-Messina, dei numeri, delle schede. Me lo dice come mai? Livorno-Messina, Lei ha raccontato l’identificazione al Santuario, la telefonata di Bergamo, la telefonata di Fabiani che gli dice: "T’ha chiamato il capo?"; e questa è una circostanza che Lei la viene a raccontare a dicembre 2010 ai Carabinieri, e poi stamattina qua? Scusi eh, mi pare una circostanza rilevante...". Anche il Presidente Casoria chiede: "Lei perché non ha detto questo fatto, siccome era un fatto che è ritenuto dimostrativo di una certa cosa, Lei perché non l’ha detta qui l’altra volta che è venuto?". Eh già, perché?
Nucini, che quando è interrogato dal pm è calmo, risponde subito in modo preciso, punto e virgola, e chiede anche conferma ("Era questa, no, Pubblico Ministero?"), quando è controesaminato dai difensori si incarta spesso, tergiversa, come in questo caso: "Ma… a parte il fatto che questa… di questa… io sono venuto a testimoniare quanto avevo testimoniato alla Giustizia Sportiva, al Dottor Borrelli, ai Carabinieri…". La Casoria deve intervenire: "Che c’entra il dottor Borrelli, lasci perdere il dottor Borrelli. Lei adesso deve rispondere a queste domande qua, deve rispondere perché non l’ha detto prima, punto e basta". E qui Nucini dà la risposta buona per giustificare, secondo lui, tutte le precedenti reticenze avvenute dopo il giuramento di riferire tutto quanto a sua conoscenza: "Io credo che dopo che è uscito il memoriale di Facchetti sia anche caduto quel... quel senso di pudore... di pudore... di pudore... quel senso di pudore, di imbarazzo che…". Il Presidente Casoria invita ad andare avanti: "Basta, passiamo… perché ha spiegato che lo ha fatto… ha mentito… non ha… è stato reticente, diciamo così, per onorare la memoria di Facchetti… andiamo avanti".
Ma si parla di Fabiani, cosa c'entra la memoria di Facchetti con Livorno-Messina? E' quello che chiede Prioreschi e Nucini, impareggiabile, risponde: "Era una confidenza… era una confidenza che avevo fatto a Facchetti… io gli ho raccontato… gli ho raccontato fatti concreti… nella nostra confidenza, nelle nostre cose…".
Quindi su ogni reticenza passata basta aggrapparsi al salvagente, senza tema di poter essere smentito da chi non c'è più, che era stata una confidenza fatta a Facchetti? E perché tante altre confidenze fatte a Facchetti le ha riferite già dal 2006? La Casoria stoppa l'incalzante Prioreschi così: "La sua risposta è questa, che l’ha fatto per onorare la memoria di Facchetti. Poi vedremo se è concludente questa sua giustificazione".

Precisiamo che su Livorno-Messina Gianfelice Facchetti non ha detto una sola parola riferitagli dal padre, che Nucini ne parla spontaneamente, senza che i carabinieri gli rivolgano una domanda ed aggiungendo che per quel suo comportamento, che lui ritiene "confacente alle richieste di Fabiani", gli viene data fiducia "tanto da poter conoscere ed incontrare privatamente Luciano Moggi, tramite Fabiani". Quindi quel Livorno-Messina è un argomento strettamente legato all'incontro del Concord, anche quello riferito a Facchetti, eppure raccontato in più sedi senza nessun senso del pudore, senza remore per la memoria di Facchetti.

Nucini in precedenza era stato reticente su Livorno-Messina, e non poteva certo dire che gli era sfuggito un simile episodio sul Messina, squadra anche da lui collegata a Luciano Moggi. Inoltre, durante la testimonianza del 26 maggio 2009 sul Messina aveva insistito con molte domande l'avvocato Messeri, chiedendogli quante volte avesse arbitrato il Messina, e Nucini aveva risposto: "Il Messina è già più difficile da ricordare… vabbè, allora… Fiorentina-Messina, l’ultima stagione…"; Messeri evidenziava: "Per uno che ha fatto un’indagine, del tipo di quelle che ha fatto Lei, considerando che il Messina fa riferimento alla gestione Fabiani, non dovrebbe essere difficile"; e Nucini, sforzandosi per ricordare, non era andato oltre: "Fiorentina-Messina... Ma poi, in Serie B, Ternana-Messina… Avellino-Messina".
Mai a Nucini venne in mente di ricordare anche Livorno-Messina, e su Avellino-Messina, che invece ricordava e che sarà parte rilevante dell'ultima testimonianza, non disse nulla.

Per chi vuole approfondire riportiamo prima il racconto di Nucini in aula e poi una breve analisi di altri fatti accaduti in quella giornata. Sui fatti di Livorno-Messina le cronache riportano versioni diverse, così come la versione del presidente Franza, riportata da La Repubblica del 9 settembre 2003, è diversa da quella di Nucini: "Noi non avevamo ancora deciso con precisione il da farsi quando ci è giunta la telefonata dell'arbitro (Nucini, ndr) che ci avvertiva che il Livorno si era presentato al Picchi. La notizia si è poi rivelata infondata ma l'arbitro ci ha detto di recarci immediatamente allo stadio e noi lo abbiamo fatto. Comunque ho già richiesto per iscritto un verbale di tutto ciò che è successo domenica sera e dimostrerò che il primo riconoscimento davanti all' arbitro lo hanno fatto i giocatori del Livorno. Noi allo stadio non siamo potuti nemmeno arrivare ed il signor Nucini ha potuto effettuare il riconoscimento solo in una piazzola a diversi chilometri dal Picchi". Di questa dichiarazione non abbiamo trovato smentita.

Udienza del 15 marzo 2011.
PM Narducci: Nel settembre del 2003, Lei venne designato per dirigere una partita, Livorno-Messina… Mi ricorda, per cortesia, che cosa avvenne nel corso della giornata in cui si disputa questo incontro?
Nucini: ... le società di Serie B per protesta nei confronti dell’allargamento del campionato, molte squadre decidono di non scendere in campo. Tra queste squadre che avevano deciso di non scendere in campo c’era il Livorno e il Messina. Comunque, la Lega e la Federazione avevano fatto sì che gli arbitri fossero stati designati. E quindi, le terne arbitrali si sono dirette nelle località dove dovevano essere disputate le gare. Io e gli assistenti abbiamo fatto una trasferta del tutto diversa dal solito, ci siam presi molto le cose con calma, abbiamo pranzato, e ci siamo diretti allo stadio sinceramente in ritardo rispetto a quello che dovevamo fare, perché sapevamo che questa gara non si sarebbe disputata. Ad un certo punto, arriva una telefonata dal designatore Bergamo, e mi dice: "Corri allo stadio perché il Messina vuole scendere in campo". Noi eravamo parecchio in ritardo sulla tabella di marcia… penso mancasse un’ora e un quarto… un’ora… un’ora, penso… perché di solito allo stadio bisogna arrivare un’ora e mezza prima… dopo questa telefonata, ha telefonato Fabiani e mi ha detto: "Ti ha avvertito il capo?"; faccio: "Sì"; e quindi finisce lì la cosa… io arrivo allo stadio e non c’era nessuno, chiaramente, allo stadio…

Fabiani era il direttore sportivo del Messina e per "il capo" Nucini presume che intendesse Bergamo. Nucini non chiede a Bergamo il perché di questo cambiamento rispetto alle previsioni, disse che furono attimi di caos, con le forze dell'ordine in subbuglio, finché un funzionario di Pubblica Sicurezza gli dice: "Guarda che un collega con scorta al Messina mi riferisce che non riescono ad arrivare allo stadio perché il Livorno glielo impedisce…".
Le forze dell'ordine indicano il Santuario, dove c’è un parcheggio molto ampio e controllabile, come luogo migliore per fare l'appello del Messina. Nucini racconta che viene fatto salire su una camionetta della Polizia e al Santuario di Montenero formalizza il riconoscimento della squadra del Messina al completo.
Mentre era al Santuario gli giunge la notizia che anche il Livorno sarebbe giunto allo stadio per disputare la gara: "Quindi, io dovevo correre assolutamente allo stadio per formalizzare anche il riconoscimento del Livorno". Allo stadio non c’era nessuno, erano scaduti i 45’ di attesa, il Livorno non era presente, ed era presente il Messina. A termine di regolamento il Messina avrebbe vinto la partita a tavolino. Nucini ricorda che "poi la Lega e la Federazione decisero di annullare tutte le partite anche se 2 o 3… 3 o 4 furono giocate… quindi, furono annullati tutti i provvedimenti disciplinari presi in quelle 3-4 partite".

Quale è il rilievo criminale di questo episodio? In che misura dimostra l'esistenza di un interesse da parte della cupola?
Nucini sottintende che l'obiettivo del designatore è quello di fargli effettuare il riconoscimento, anche in modo non rituale, per favorire il Messina di Fabiani. Questa precisa volontà la evince dal luogo insolito dell'appello, sul quale batte più volte anche rispondendo ai difensori: "... però c’è anche una cosa fondamentale da dire: non si è mai visto un arbitro che vada a fare l’ appello al Santuario", ed ancora: "L’unica indicazione che io ho avvertito come fosse un messaggio chiaro è stato nell’occasione di Livorno-Messina, che sono andato a fare l’appello al Santuario. Quella è stata proprio un’indicazione molto chiara".

Allora per prima cosa è il caso di evidenziare che se erano state fatte le designazioni era normale che si voleva garantire un diritto di chi poteva liberamente scegliere di giocare. Come seconda cosa ricordiamo che a Nucini l'indicazione di andare al Santuario la dà un funzionario di Polizia e che Bergamo, con una breve deposizione spontanea, dichiara che lo sciopero non era ufficiale, che gli arbitri dovevano presentarsi allo stadio ed, eventualmente, riconoscere i giocatori se si fossero presentati.
Bergamo: Non era una cosa semplice, perché io e Pairetto dovevamo stare in contatto con tutti i Questori delle città dove si giocavano le partite, perché chiaramente c’era una mobilitazione anche dei tifosi contrari a questa cosa. A Livorno si verificò cosa? Che mi chiamò il vice-questore e mi disse: "Guarda, Paolo, fate attenzione perché i tifosi, visto che il Livorno non si presenta o ha intenzione di non presentarsi, stanno bloccando il pullman del Messina, quindi c’è una situazione assolutamente difficile perché si rischia di andare incontro a ripercussioni di ordine pubblico che noi vorremmo evitare". Io dissi: "Ma che dobbiamo fare?". Dice: "Guarda, noi garantiamo che il Messina possa recarsi in un posto tranquillo dove però ci deve essere l’arbitro a fare il riconoscimento, perché il Messina non può arrivare allo stadio. Poi l’arbitro ritornerà allo stadio e se ci sarà il Livorno riconoscerà anche il Livorno.

Ma come altre volte in questo processo le cose appaiono, o vengono fatte apparire, come uniche fin quando l'inquadratura è a campo stretto, per poi presentare un altro scenario quando si allarga il campo.
Il riconoscimento al Santuario è irrituale, certo, ma non è un mistero tenuto nascosto, se ne parla diffusamente sui giornali, nessuno si scandalizza del luogo quanto delle condizioni che hanno portato a questa situazione.
Un riconoscimento irrituale, come tutta la giornata, come quello successo in altri stadi e città. Ad Ascoli l'arbitro Rizzoli ha fatto il riconoscimento sul pullman, come scrive il Corriere: "Tra fischi, insulti e lancio di fumogeni, il pullman del Genoa è stato respinto nel suo tentativo di raggiungere il campo. Bloccata alle 19.30 anche l'auto con arbitro e assistenti: Rizzoli ha effettuato il riconoscimento dei rossoblù sul pullman, che ha effettuato un rapido dietro-front". A Pescara Rosetti ha potuto fare il riconoscimento della Fiorentina nello stadio solo perché "il questore Dante Consiglio ordina di aprire alla comitiva viola i cancelli che il club di casa, fermamente deciso a non giocare, avrebbe voluto tenere ben serrati".
La giornata è stata davvero delicata non solo a Livorno e non solo per Nucini, ma in almeno altri quattro stadi: Palermo, Pescara, Ascoli, e Torino.

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By Andrea Del Mare
Andrea Del Mare
04 Apr 2011
04 Apr 2011
Ultima modifica: 14 Dic 2013

Facchetti JrTolta la tara mediatica, che è stata notevole nelle "Quattro giornate del Memoriale" organizzate da certi giornalisti dal 28 aprile al primo maggio 2010, e che aveva lo scopo principale di arginare l'effetto prodotto dalle intercettazioni "scartate" nelle indagini, il peso netto della testimonianza di Gianfelice Facchetti è racchiuso nella frase detta sottovoce dall'avvocato Morescanti, eppure percepibile nell'audio dell'udienza, all'inizio dell'esame di Nucini: "Cioè, quindi, quello che ha detto quell’altro non conta niente". La Morescanti pronuncia questa frase dopo che l'avvocato Messeri ha chiesto: "Presidente, La invito a valutare ,sulla base di quello che ha detto il precedente testimone (Facchetti Jr.), la posizione di questo testimone, se deve essere sentito come testimone puro", ed il Tribunale ha ritenuto "che debba essere esaminato come testimone puro".
L'eccezione dell'avvocato Messeri si basa sulla parte di testimonianza di Gianfelice Facchetti, il teste precedente, che ha dichiarato di aver saputo dal padre che l'ex arbitro Nucini aveva fatto parte dell'organizzazione. Anche il testimone Fabio Monti, due settimane prima, aveva fatto un'analoga dichiarazione in aula, confermando quanto aveva già detto ai pm ai primi di maggio 2010. Allora? Nucini, cupola sì o cupola no? Noi avremmo interrogato subito, nuovamente, il Nucini, anche perché nella richiesta di rinvio a giudizio i pm hanno lasciato in sospeso che per l'associazione a delinquere c'erano "altre persone in corso di individuazione". Invece, passano ben sette mesi prima che i pm Narducci e Capuano inviino a Milano due marescialli ad interrogare Nucini, che, come scrive Moretti su Tuttosport del 12 gennaio, dichiara:"Io non ho fatto realmente parte di detta organizzazione. Ho solo fatto in modo che apparisse che io fossi entrato per scoprire i meccanismi che il gruppo aveva messo in atto: questo era il proposito che io e Giacinto Facchetti ci eravamo prefissati per far venire fuori tutta la verità. [...] In pratica Facchetti mi propose, e io fui d’accordo, di diventare una sorta di "cavallo di Troia", acquistare fiducia da parte del sistema Moggi/De Santis per acquisire informazioni su come venivano condizionati i risultati. Così sono diventato amico di De Santis". Nucini, per dimostrare l'accordo con Facchetti, snocciola di tutto, dai luoghi d'incontro con Facchetti ad una serie impressionante di colloqui di lavoro, circostanza negata nella sua prima testimonianza a Napoli. C'è l'accusa di aver fatto parte della "cupola" da respingere, ed allora Nucini rompe il muro del silenzio dicendo ai marescialli: "Dopo aver saputo che il figlio di Facchetti ha reso dichiarazioni (il 26 aprile 2010, ndr) sul rapporto tra Giacinto e me ho deciso di raccontare fino in fondo la realtà dei fatti". Nonostante tutto, i pm Narducci e Capuano chiedono la testimonianza di Facchetti e Nucini, ma è come puntare su un colore mancato. La carta Nucini e quella Facchetti hanno un seme diverso. Iniziamo a vedere cosa dice Gianfelice nella sua testimonianza.

FACCHETTI ALLARGA LA CUPOLA. Quando il pm Capuano chiede quali siano i nomi che il padre gli ha riferito come appartenenti all'organizzazione, Gianfelice dice i nomi dei soliti noti, ma aggiunge i nomi di due arbitri non imputati: "Nella mia dichiarazione anche nomi di altri arbitri. Sono tutte parole, come dire, che trovano riscontro da lì... c’erano, allora: Palanca, Bertini, mi sembra, in quell’elenco, Cassarà, Gabriele, Trefoloni… Credo sono quei nomi… quando li feci, li feci con gli appunti suoi sottomano". Palanca e Trefoloni non sono imputati. Facchetti ha riscontri su questi due arbitri? No, allora siamo ancora nel campo dei ragionamenti e delle impressioni.

NUCINI? NELLA CUPOLA. Ma c'è un terzo arbitro che Facchetti arruola nella cupola, e non è uno qualsiasi perché si tratta di quello che, ignorato per 17 mesi dagli inquirenti, viene descritto dai media come il "supertestimone" dell'accusa: Danilo Nucini. Il pm Capuano chiede: "Nucini riferì a suo padre di aver fatto parte dell’organizzazione?", e Gianfelice risponde: "Sì. [...] Il passo precedente fu la sua appartenenza a questo tipo di, diciamo, organizzazione e, per far notare questa cosa, gli fece presente di guardarsi alcune partite arbitrate da lui. Nella fattispecie, dice, l’esempio concreto è in un Avellino-Messina, vinto dal Messina per una rete a zero, se non sbaglio, uno o due a zero, nella stagione 2003/2004, che è la stagione che vide la promozione del Messina in serie A. Credo che il passo successivo fu poi, invece, la tentazione o la volontà di... di volersi togliere da questo rapporto. E niente, e lì raccontò queste cose".
Quindi, Gianfelice riferisce che Nucini, come arbitro della presunta "cupola", dice al padre qualcosa del tipo "guardati queste partite arbitrate da me, guardati Avellino-Messina", in pratica confessando solo allora di essere nell'organizzazione; ma se questo è il passo precedente e considerato che Avellino-Messina è del 12 ottobre 2003, Giacinto Facchetti dall'estate 2002 al 2003 avrebbe avuto rapporti con Nucini senza sapere che fosse un arbitro della cupola?
E non dimentichiamo che Tavaroli, pur se non in veste di testimone del processo, afferma che già a fine 2002 gli parlano di questo arbitro che sta facendo le sue confidenze a Facchetti.

L'HA VISTA REGISTRATA? Secondo il racconto di Gianfelice, Nucini prima arbitra la partita Avellino-Messina e poi dice al padre: "Guardatela". Gianfelice dice che, dopo, anche lui ha visto quella partita Avellino-Messina. Come l'hanno vista? Registrata? Nucini registrava le partite che arbitrava e ha dato la cassetta a Facchetti? La testimonianza non ce lo dice, mentre ci dice che Gianfelice sballa completamente la data della partita, da lui "contestualizzata nell’aprile 2004". In sequenza le domande degli avvocati degli imputati.
Avv. Prioreschi: "Senta, Suo padre Le ha detto se Nucini ha arbitrato in maniera illecita Avellino-Messina?"; Facchetti Jr: "Mio padre mi disse che Nucini gli disse di guardare quella partita, perché in quella partita aveva fatto qualcosa comunque non del tutto regolare. In quella partita vennero fischiati due rigori a favore del Messina".
Avv. Gallinelli: "Senta, Lei poi visionò la partita arbitrata da Nucini, Avellino-Messina?"; Facchetti Jr: "Sì. C’era sicuramente qualcosa di anomalo nella conduzione della partita. L’assegnazione di un rigore molto gen… in favore del Messina".
Avv. Messeri: "Per essere chiari, perché non ho capito, forse non ho capito io: è stato Nucini che ha sollecitato Suo padre nell’andarsi a vedere la partita dicendogli che l’aveva arbitrata in maniera non regolare?"; Facchetti Jr: "Sì, di leggere le dichiarazioni. Mio padre si appuntò, e sta scritto, di leggersi le dichiarazioni sull’arbitro nelle partite.... Nelle dichiarazioni si era comunque detto di guardare le dichiarazioni sull’arbitro in alcune partite arbitrate da Lui e quella era una di quelle"; Messeri: "Temporalmente quando è che Suo padre ha riferito a Lei questa circostanza? Circostanza è che Nucini gli aveva detto..."; Facchetti Jr: "Di quel periodo lì sono, come dire, testimonianze in tempo reale, cioè parallelamente a quella partita. Credo che fosse contestualizzata nell’aprile 2004, quindi…".

Aprile 2004? Su Avellino-Messina Gianfelice non è preparato.
Poi Messeri chiede se Nucini ha sbagliato per colpa o per dolo, Gianfelice forse non comprende bene ed il giudice Casoria chiarisce: "Ma non ha capito. Allora, l’avvocato vuole sapere se Nucini quando parlò con Suo padre disse: “Io ho arbitrato male, ma l’ho fatto perché ho sbagliato” o “ L’ho fatto volontariamente perché ho voluto aiutare il Messina”. Che cosa gli disse, che era in colpa o in dolo? Ha capito che vuole sapere l’avvocato?"; Facchetti: "Certo, sì, sì, assolutamente. In quella partita c’era, come dire, un, per come ricordo io, un’intenzione di danneggiare l’Avellino"; la Casoria: "Quindi confessò questo fatto".

CONCORD? NUOVE APPARIZIONI. Gianfelice porta in aula l'ennesima versione su questo fantomatico incontro che dovrebbe essere avvenuto all'Hotel Concord, incontro che Tavaroli dice essergli stato raccontato già a fine 2002, mentre Nucini dice che è avvenuto il 25 settembre 2003. Con la testimonianza di Gianfelice al Concord "appaiono" anche De Santis e Pairetto, cosa che Nucini avrebbe detto al padre, ma negata da Nucini nei suoi verbali e nelle sue testimonianze. Facchetti: "Credo… La cosa di cui… L’unico episodio che io… di cui ho ricordo, è quest’episodio d’incontro all’Hotel Concord, in cui Nucini venne invitato a quest’incontro con il signor Moggi, il signor Fabiani, il signor De Santis, il signor Pairetto, il signor… no, il signor Pairetto e basta. Quello è l’unico episodio che io so di un incontro con il signor Moggi". L'avvocato Sena, che difende Pairetto, chiede: "Come ha appreso la notizia dell’incontro all’Hotel Concord tra Nucini e Moggi?; Facchetti: "Dal conto di mio padre, a proposito… ricevuto da Nucini"; Sena: "Ed è sicuro che Suo padre Le abbia detto che era presente anche Pairetto in quella occasione?"; Facchetti: "Sì. E noi aspettiamo che ci dicano a chi dobbiamo credere, o almeno a chi credono i pm, in presenza di plurime versioni.

I DESIGNATORI CUPOLARI A COVERCIANO. DOPPIA VERSIONE. Il pm Capuano chiede a Gianfelice se il padre gli abbia mai parlato del rapporto dei designatori con gli arbitri, incluso Nucini, e Facchetti riferisce una versione simile a quella data da Nucini la prima volta: non venivano mostrati gli errori di chi sbagliava a favore dell'organizzazione. Del resto la fonte di Facchetti era Nucini. Il pm Capuano sa anche che Facchetti il 26 aprile 2010 aveva dichiarato altro a lui e a Narducci a proposito delle riunioni a Coverciano ma non pone domande, cosa che fa Prioreschi: "Senta, torniamo un attimo alla visione dei filmati a Coverciano. Suo padre Le ha detto se Bergamo tutelava Nucini a Coverciano?"; Facchetti: "No, non lo so". Vuoto di memoria? L'avvocato Prioreschi l'aiuta: "Allora, sempre lo stesso verbale, è una contestazione: “Per far comprendere alcuni meccanismi esistenti all’epoca, ricordo che, ad esempio, Nucini raccontò a mio padre di come dopo aver arbitrato una partita nel senso voluto dall’organizzazione a Coverciano, durante il raduno arbitrale, Bergamo disse allo stesso Nucini che lui non aveva mostrato alcune immagini della conduzione di Nucini di quell’incontro proprio perché Nucini aveva diretto la gara nel senso voluto dall’organizzazione e che, comunque, Nucini veniva tutelato non facendo vedere filmati che avrebbero potuto danneggiarlo”. Non se lo ricordava?"; Facchetti: "No, non me lo ricordavo. Me lo ricordavo rispetto ad altri, cioè a, come dire, ad una cosa, una pratica che succedeva e che Le ho riferito prima. Non mi ricordavo l’episodio nella fattispecie". L'avvocato Prioreschi evidenzia una contraddizione tra quanto Nucini avrebbe detto a Giacinto Facchetti e quanto dichiarato al tribunale: "Sa perché Le chiedo questo? Perché Nucini qua ha detto l’esatto contrario (nella prima testimonianza del 2009, ndr), che Bergamo faceva vedere tutti i filmati per metterlo in difficoltà".

ALTRI VUOTI DI MEMORIA. Capita a tutti, anche ai migliori attori, di dimenticare una parte, e a Gianfelice capita con la sua deposizione dell'aprile 2010. Il pm Capuano, poco prima del controesame di Prioreschi, aveva sorvolato sulla contraddizione evidenziata da Prioreschi, ma aveva dimostrato interesse affinché il teste ricordasse la parte sulla Juventus: "Le ha rappresentato Suo padre anche il comportamento dei designatori nei confronti di arbitri che in qualche modo non erano a loro vicini?"; Facchetti: "Questo no". Che fa Gianfelice? Dimentica un'accusa contro la Juventus? Capuano, allora, aiuta la memoria del teste smemorato rileggendo la pagina 5 della sua deposizione: "Mio padre poi mette nero su bianco quanto aveva saputo da Nucini circa le modalità mediante le quali venivano commentate, o non commentate, alcune azioni di gioco durante i lavori a Coverciano, ovvero il fatto che venissero adottati provvedimenti di sospensione solo nei confronti di coloro che sbagliavano arbitrando la Juve".

Quando viene il suo turno l'avvocato Messeri chiede chiarimenti sul fatto che "venivano puniti solo gli arbitri che avevano sbagliato contro la Juventus": "In questo contesto fu fatto il nome di Messina e di Collina da Nucini a Suo padre?"; Facchetti: "No, Collina non ricordo. Il nome dell’arbitro Collina non...". Nuovo vuoto di memoria? Messeri cita la "famosa deposizione" del 26.04.2010: "E’ solo per chiarire, è una contestazione per capire il passaggio, perché dice: “Mio padre citava in tal senso esplicitamente i nomi di Collina e Messina”. La frase precedente era: “Mio padre poi mette nero su bianco quanto aveva ricevuto, ovvero il fatto che venissero adottati provvedimenti di sospensione. Parlo nei confronti di coloro che sbagliavano arbitrando la Juventus”. Quando Lei dice: “Mio padre citava in tal senso esplicitamente i nomi di Collina e Messina”, intende dire che Messina e Collina erano arbitri..."; Facchetti: "C’è qualcosa di formalizzato sbagliato"; ed il Presidente Casoria chiude: "E’ stato verbalizzato in maniera un po’ aperta". In questo caso non è un vuoto di memoria ma una verbalizzazione inesatta? I pm non si oppongono, né contestano quanto Gianfelice ha appena detto.

DAGLI ADDOSSO ALLA FIORENTINA. Questa parte della testimonianza di Gianfelice è fantastica, perché mischia ancora di più le carte in tavola perché, se diamo retta a Facchetti, Nucini avrebbe ricevuto telefonate da Fabiani anche a dicembre 2003, mentre l'ex arbitro dichiara che il lavoro di indagine, condotto con Giacinto, si chiude con la presunta consegna della scheda il 25 settembre 2003 e che dopo di allora lui si mette sulle sue. I pm le hanno fatte queste verifiche sulla compatibilità delle date e delle testimonianze? Sembra di no, come dimostreremo, ed il pm Capuano chiede: "Lei ricorda anche se Suo padre Le disse, se Nucini gli confidò, gli rappresentò delle circostanze relative a come arbitrare nei confronti della Fiorentina?"; Facchetti: "Una volta che andò, mi sembra, ad arbitrare un Ascoli-Fiorentina, gli venne detto, parlando al telefono con il signor Fabiani, di dare addosso alla Fiorentina". Facchetti, controesaminato dall'avvocato Prioreschi, toglie il condizionale ed afferma con certezza: "Sì, era con l’Ascoli quello. Su questo era in riferimento all’Ascoli".
Ma quando si è giocata Ascoli-Fiorentina 4-0 diretta da Nucini? Il 7 dicembre 2003. Quindi a quella data Nucini riceveva ancora telefonate da Fabiani e faceva parte della cupola? E riceve questa telefonata, "pericolosa" per il Fabiani, sul suo telefono abituale, visto che la presunta sim ricevuta a Torino l'aveva già gettata?
Facciamo per un attimo come Auricchio, e leggiamo la pagella della Gazzetta: "Arbitro Nucini 5: Decide bene sul fallo di mano in area di Cherubini nel primo tempo, ma non convince per il rigore negato all'Ascoli in avvio di ripresa. Alla distanza, mostra un'evidente sudditanza psicologica nei confronti della Fiorentina, che rischia di fare degenerare la partita".
L'arbitro che doveva danneggiare la Fiorentina nega un rigore all'Ascoli sull'1-0. Come prova che Nucini faceva parte della cupola e riceveva direttive da Fabiani è incredibile!
Come, secondo noi, è incredibile che Fabiani prima avvicini Nucini all'aeroporto di Lamezia, poi a marzo 2003 al bar dell'Hotel Cristallo a Bergamo, individuando in lui un uomo arruolabile, e che a settembre lo porti addirittura da Moggi, dopo che il 10 maggio 2003 Nucini arbitra la Triestina del DS Fabiani fermandone, di fatto, la corsa verso la serie A. Sempre come Auricchio leggetevi gli articoli della Gazzetta dell'11 maggio (primo articolo, secondo articolo) e del 12 maggio 2003 con le proteste del presidente Berti su Nucini.

ANCHE IL MILAN. Per chiudere l'analisi della testimonianza di Gianfelice Facchetti manca solo il paragrafo relativo al Milan. Ai pm Galliani non è mai interessato, come ad Auricchio non interessava l'Inter. Del resto sappiamo da Galdi che la ricostruzione della Procura è che il Milan si difendeva per opporsi alla compagine moggiana e che l'Inter era ritenuta un gruppo di sfrantumati. Quindi, nessuna attenzione e domanda sugli scritti di Facchetti e sulle parole del figlio a proposito del Milan, cosa che, invece, fa l'avvocato Prioreschi: "Ho fatto la premessa che aveva risposto al PM in una certa maniera… “Le posizioni di mio padre in ordine all’esistenza di una struttura di potere che faceva capo alla squadra della Juve ed alla figura di Luciano Moggi, ma anche a quella del Milan e alla figura di Adriano Galliani”. Quindi Suo padre Le ha detto che anche Galliani faceva parte della struttura?"; e Gianfelice risponde: "Beh, c’era… Negli appunti c’è anche il nome del dottor Galliani e c’era riferimento… Io parlo di quello che c’è scritto lì".

E con questo chiudiamo. Gianfelice Facchetti non ha portato prove, neppure del collocamento di Nucini nella presunta "cupola", ma solo impressioni e ragionamenti del padre.

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By Redazione
Redazione
30 Mar 2011
30 Mar 2011
Ultima modifica: 14 Dic 2013

facchetti gianfeliceAbbiamo già visto alcuni aspetti della testimonianza di Gianfelice Facchetti legati al presunto cd con la registrazione della confidenze di Nucini, poi abbiamo analizzato l'inesattezza (eufemismo, ndr) sui "giovani arbitri" mandati ad arbitrare la Juve, ed espresso il dubbio nato da un'intervista di Gianfelice a Vanity Fair. Ora passiamo alle prove, quelle che dovrebbe portare un teste chiamato dall'accusa: quali nuove prove, non impressioni, ha portato in aula Facchetti contro gli imputati? Nessuna prova inconfutabile, l'unica novità della sua testimonianza è stata che Nucini, l'altro teste dell'accusa, avrebbe fatto parte dell'organizzazione. Le cose riferite da Gianfelice sono quelle che gli avrebbe detto il padre che, a sua volta, riferiva ed appuntava cose che avrebbe saputo dal Nucini. L'avvocato Prioreschi lo ha evidenziato: "Presidente, in teoria questo non lo dovevamo proprio sentire, perché so' tutte cose de relato, de relato, de relato", ma è stato stoppato dalla Casoria: "E’ stato deciso così". Hanno contribuito a quella decisione anche le difese, non opponendosi alla richiesta dei pm, perché convinte che fossero "solo chiacchiere", come dichiarato dall'avvocato Trofino.
Il pm Narducci, nell'udienza del 22 febbraio, chiedendo in extremis la convocazione di nove testimoni, tra i quali Gianfelice Facchetti, presentava le dichiarazioni acquisite attribuendo loro "una immediata rilevanza e diretta pertinenza alle imputazioni per cui vi è processo", e ne stava spiegando i contenuti quando il Presidente Casoria gli faceva rilevare: "Lei dovrebbe piuttosto precisare l'influenza, perché noi quello dobbiamo vedere, perché è influente questa ulteriore istruttoria. Lei ci dovrebbe dimostrare con queste ulteriori prove...". Per il pm la deposizione di Gianfelice era "influente" perché il teste era in possesso di un "patrimonio di conoscenze ereditato dal padre".
Dov'è l'influenza e dove sono le prove nella deposizione di Gianfelice Facchetti, ritenuta di immediata rilevanza?
Durante la deposizione di Facchetti l'avvocato Catalanotti ha chiesto alla Casoria di valutare la "rilevanza" delle domande poste nel controesame del teste e la Casoria non ha potuto evitare di far notare: "Eh, rilevanza. E dovremmo non fare nessuna domanda al testimone, parliamoci chiaro, perché qua si riferisce de relato di un morto che era già morto. Andiamo". E' quello che abbiamo sempre pensato e scritto. Parliamoci chiaro: senza la possibilità di verifica, perché la persona è deceduta, chiunque può scegliere cosa dire. Prendiamo le deposizioni in sequenza di Gianfelice e di Nucini: il primo dice di aver saputo dal padre che Nucini aveva fatto parte della cupola, mentre Nucini dice che Facchetti gli propose il ruolo di "cavallo di Troia". Ed allora come la mettiamo? A chi dobbiamo credere?

Le dichiarazioni rese da Gianfelice, almeno secondo noi, hanno arrecato più un danno che un supporto all'accusa: aumentano di un'unità, per esempio, le diverse versioni del presunto incontro al Concord, cosa che scalfisce l'attendibilità di Nucini.
Facchetti ha retto la scena con buon piglio, del resto è attore e il copione era scontato, perché le domande delle difese non potevano che dipendere dalla sua deposizione, e in dieci mesi di tempo ci si può preparare bene sulle risposte da dare. Vediamo per punti come è andato il teste Gianfelice Facchetti.

COSA NON GLI DICEVA. Come abbiamo visto in un altro articolo, Gianfelice, ad aprile 2010, quando escono le telefonate "scartate", si lascia prendere dal dubbio, forse perché gli mancavano certe informazioni. Ascoltando la deposizione di Gianfelice apprendiamo che il papà gli parlava molto dei sospetti sugli avversari e delle confidenze di Nucini, soprattutto su Moggi, e pochissimo delle sue attività. Gianfelice dice che non sapeva delle telefonate del padre, dice che le ascolta man mano che escono ad aprile 2010. Gianfelice dice che non può dire quando iniziò il rapporto del padre con Nucini, e che il papà non gli disse nulla a proposito di un esposto alla Procura di Milano, dove era stato convocato l'amico e confidente Nucini.

PERCHE' SOLO DOPO QUATTRO ANNI? Gianfelice dice: "Non mi sono sognato di venire a raccontare delle cose semplicemente per difendere mio padre. Se non avessi avuto uno straccio di carta in mano, mi avrebbero riso in faccia". E la Casoria gli fa presente: "Ma Lei non lo doveva difendere da nessuno qua. Mica è imputato Suo padre". Poteva andare anche prima a Napoli, anche senza una carta in mano, come dimostra il fatto che gli hanno dato retta sia i pm che le difese anche quando ha dichiarato che Nucini aveva fatto parte dell'organizzazione, senza che sia cosa scritta sulle carte del padre.
A Prioreschi che gli chiede come mai non abbia portato nel 2006 quegli appunti ai pm, o alla Giustizia sportiva, Gianfelice spiega che dopo la morte del padre aveva trovato nel suo armadio degli appunti e a quell'unico foglio, "il contenuto di cui abbiamo parlato stamattina sta tutto in un foglio", non aveva fatto caso, "cioè un foglio in mezzo a 30 fogli che riguardavano la società F.C. Internazionale, problemi di organizzazione societaria, non ci avevo neanche fatto caso. In quel periodo di aprile, quando in qualche modo si è riaperto tutto, quando è ripartito il processo di Napoli, sono andato a rivedere quelle carte ed ho trovato questo".
Ad aprile sono state portate alla luce le telefonate, scartate da Auricchio, di altri dirigenti ed anche quelle dell'allora Presidente dell'Inter; Gianfelice le ascolta man mano che vengono pubblicate e, come risponde all'avvocato Gallinelli, non resta stupito ascoltando che il padre parlava con i designatori "perché, comunque, i contatti con i designatori arbitrali erano contatti leciti". Si dà il caso che nel 2006 nessuno dei dirigenti poi ascoltati conversare con i designatori nelle telefonate riemerse ad aprile scorso abbia ammesso che parlava, grigliava e cenava con i designatori, perché nel clima da caccia alle streghe che era stato creato era pericoloso ammetterlo, e ricordiamo bene lo slogan imperante: "Basta la telefonata". La linea mediatica sulla liceità delle chiamate con i designatori, guarda caso, è cambiata proprio dopo le telefonate "riemerse": è diventato lecito quello che nel 2006 si diceva essere proibito.
Forse Gianfelice non è rimasto stupito ascoltando la telefonata del padre con Mazzei, con la richiesta che Inter-Juve fosse arbitrata da "il numero uno degli arbitri" ed il suggerimento sugli arbitri preclusi da inserire nella griglia, fatto sta che l'input per presentarsi dai pm di Napoli glielo dà l'udienza del 13 aprile 2010: "Siccome in quell'udienza venne ribadito più volte il concetto che... se fosse più grave che una persona avesse fatto certe cose piuttosto che Facchetti che continuava a dire 'Mettimi Collina'… questo fu ribadito un sacco di volte all'interno di quella udienza. Io ascoltai la telefonata che viene messa in rete, la ascoltai e rimasi molto stupito dal fatto che quella voce, in quel frammento di frase, non era la voce di mio padre. A me quello che stupì, quello che stupì è che per superficialità venne usata una trascrizione sbagliata in cui una persona non più viva parlasse. Questo è quello che in qualche modo mi fece…".
Questo input non viene riportato nel verbale del 26 aprile, l'avvocato Gallinelli chiede il perché, Gianfelice risponde tergiversando sulla perizia fonica, ed il Presidente Casoria deve chiarire al teste: "No, senta, Lei non ha… Aspetti, non ha capito la domanda. L’avvocato vuol sapere: siccome Lei ha avuto l’input, lo stimolo ad andare dal PM perché ha visto questa ingiustizia, dice: perché quando è andato non ha detto :“Io vengo per far valere questa ingiustizia”?".

IL FOGLIO DEL PADRE. Quel "Metti Collina" spinge Gianfelice a cercare tra quegli appunti che aveva conservato, trova il foglio con brevi e sintetici appunti sul quale il padre aveva annotato le confidenze di Nucini, quindi telefona al pm Narducci e gli dice "che volevo parlare per rendere testimonianza di una serie di racconti che mi aveva fatto mio padre e, nella fattispecie, avendo trovato queste carte di mio padre, volevo presentarle per vedere se potessero avere un’utilità ai fini delle indagini processuali".
Presentarsi con un solo foglio in mano? No, ne porta anche altri, come riferisce in aula: "Allora… questi sono nove fogli. In realtà gli appunti erano, come dire, appunti di lavoro che riguardavano principalmente la sua attività all’interno della società F.C. Internazionale. Riguardo a quello di cui abbiamo parlato, fondamentalmente era questo primo foglio". Un unico foglio poteva essere utile: "Si tratta di un foglio, quindi, cioè di un foglio in mezzo a tanti appunti di lavoro personali", ma i pm allegano al verbale tutto quello che Gianfelice ha portato, anche i fogli che riguardano fatti interni dell'Inter e le pagine di giornale. L'utilità ai fini delle indagini ci sfugge.

RISCONTRI? NO RAGIONAMENTI, IMPRESSIONI. I termini sono importanti sempre, ma il loro uso lo è ancora di più quando si parla di giustizia. Il pm Capuano pone domande sul rapporto del padre con l'arbitro Nucini e Gianfelice dice: "Avemmo, così, un momento di confronto, così, abbastanza approfondito. Mio padre disse di essere a conoscenza, o quantomeno di aver trovato riscontro a tutta una serie di suoi dubbi che manifestava... Disse di aver trovato, come dire, un riscontro abbastanza preciso nei fatti attraverso, così, la testimonianza di questo arbitro che si chiamava Danilo Nucini". Un riscontro preciso nei fatti, quindi una prova? Per il pm va bene questa dichiarazione, ma per Prioreschi no e chiede: "Lei ha esordito, rispondendo alle domande del PM che, più o meno testuale, ho preso l’appunto: 'Mio padre ha trovato riscontro preciso ai fatti attraverso la testimonianza di Danilo Nucini'. Ecco, mi vuole dire quali sono questi riscontri precisi, indicando specificamente episodio per episodio e fatto per fatto?"; Gianfelice dice che i riscontri sarebbero le cose di cui aveva parlato, Prioreschi incalza: "Lei, quando è stato sentito dal PM, all’inizio della Sua dichiarazione ha esordito dicendo: 'Mio padre svolgeva propri ragionamenti su queste tematiche e prendeva appunti'. Quindi un conto è far riferimento ai ragionamenti e un conto dire che ci sono riscontri precisi a dei fatti. Quindi, stiamo parlando di riscontri o di ragionamenti?"; e Gianfelice deve ammettere: "Mio padre faceva dei ragionamenti che, come dire, verbalizzava ed ha verbalizzato in questo…". Successivamente Prioreschi chiede: "Gli incontri che Suo padre faceva con Nucini avevano ad oggetto lo scambio di impressioni?", e Facchetti risponde: "Si sono scambiati delle impressioni ed il contenuto sta sotto". Ah, sono ragionamenti, e impressioni, non riscontri. E diciamolo, chiamiamoli con il loro nome.

NON CONOSCE FATTI DEL 2004-05. Sembra che Giacinto Facchetti con il figlio sia stato prodigo di discorsi e segnalazioni sul campionato 2003-04, ma che, stranamente, non gli abbia evidenziato nulla sul campionato seguente, quello "per cui vi è processo". L'avvocato Gallinelli chiede se sa a quale campionato si riferisce il processo e Gianfelice tentenna: "Ehm… duemila… dunque, 2003/2004 e 2004/2005"; il Presidente Casoria: "Non è preparato. Che importanza ha questa domanda? Vabbè, mostra titubanza"; Gallinelli: "2004/2005. Lei quindi ha fatto riferimento, quando venne sentito dai PM a fatti riferiti da Suo padre relativi al campionato di calcio 2004/2005?"; Gianfelice risponde: "No, i fatti di cui io ho fatto menzione sono fatti precedenti". A Gallinelli deve sembrar strano e riformula la domanda: "Suo padre non Le parlò di fatti, diciamo sospetti, del 2004/2005?"; e Gianfelice conferma: "No. Io non ne ho parlato".

IL 2003 NON INTERESSA. Gianfelice non è in grado di dire quando è iniziato il rapporto tra il padre e la "fonte" Nucini: "I rapporti, presumo, che siano partiti dalla stagione… dal 2003 circa". Nucini dice dalla fine del campionato 2002. Facchetti Jr del campionato 2003-04 "non ricorda nessuna partita se non Inter-Udinese", come evidenzia l'avvocato Generali in opposizione ad una domanda di Gallinelli su un'altra partita del 2003. Il Presidente Casoria: "Accolta l’opposizione, perché le partite del 2003 sinceramente non ci interessano"; e l'avvocato Morescanti non può evitare di far notare: "Però il teste ha parlato solo delle partite del 2003. Stiamo parlando solo del 2003. Ma dall’inizio". Eh già. Inoltre Gianfelice dovrebbe ricordare almeno Avellino-Messina, perché aveva detto di averla vista su consiglio del padre. Ma questo lo vedremo nel prossimo articolo nel quale analizzeremo come Facchetti inserisce Nucini nell'organico della "cupola".

LA CENA DA BERGAMO. Questo punto merita delle considerazioni allargate al 2006. Gianfelice ha detto che va dai pm di Napoli per vedere se quello che sa e quelle carte potessero essere utili alle indagini, ma della cena a casa di Bergamo dice che aveva saputo dal padre. L'8 giugno 2006 Paolo Bergamo dice prima al colonnello D'Andrea (vice di Borrelli), e la stessa sera a Matrix, che lui si incontrava con diversi dirigenti e l'amico Facchetti lo aveva anche ospitato a casa. La Gazzetta del giorno dopo dice che "è stato poco convincente". Palombo, che era presente in trasmissione, nell'articolo "Il testimone e l'impunito", scrive: "Quanto a noi, la sincerità di Bergamo è sembrata tutta racchiusa in quella frase iniziale dedicata a Luciano Moggi... Poi Bergamo ha tenuto la sua rotta, respingendo ogni ipotesi di reato sportivo, tirando dentro Facchetti e la Roma... Da un indagato per associazione a delinquere finalizzata al reato di frode sportiva, una difesa coi fiocchi. Per noi, pure e semplici dichiarazioni inattendibili".
Non gli crede nessuno, perché nessun dirigente conferma le parole di Bergamo. Anche Giacinto Facchetti non pensa, in quei giorni, di riferire il "suo bagaglio di conoscenze" per vedere se possa avere "un'utilità ai fini delle indagini". Gianfelice lo fa dopo quattro anni, dopo che le telefonate su quella cena vengono ritrovate e rese pubbliche. Che anche Sacchi o Facchetti facessero pranzi o cene con i designatori lo hanno dovuto tirare fuori le difese, ma Gianfelice e l'accusa hanno interesse a darvi una luce diversa. Il pm Capuano chiede: "Lei sa se Suo padre ha mai partecipato a cene con i designatori?"; Gianfelice ricorda come "l’unico episodio che ricordo, che è quello che raccontai anche mesi fa, di un… non so se un pranzo o una cena, con il signor Paolo Bergamo a Livorno, in occasione di un Livorno-Inter". Un ricordo indotto dalle telefonate, non certo spontaneo.
A questo punto Capuano si dimostra interessato a che il tribunale venga a conoscenza del commento della madre. Perché non chiede direttamente il commento del padre come farà poco dopo?
PM Capuano: Sì. Ricorda il commento che fece Sua madre?
Presidente Casoria: Sua madre o Suo padre? Sua madre? PM, siamo stati zitti fino a mò, ma il commento della madre mò, eh... non ammetto questa domanda.
PM Capuano: Ricorda cosa disse Suo padre di quest’incontro?
Facchetti: Andò a quest’incontro, ma insomma, aveva avuto… cioè non c’era un rapporto… cioè sapeva bene che cosa succedeva dentro, era molto chiaro che cosa… che cose che succedevano all’interno di quel mondo, quindi andò a quest’incontro così, formalmente, ma senza nessun tipo di…

Telefonata del 3 gennaio 2005:

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Bergamo va a prendere Facchetti all'aeroporto il 5 gennaio 2005: Video.

Nel prossimo articolo analizzeremo la parte di testimonianza di Gianfelice Facchetti relativa a Nucini come arbitro che aveva fatto parte dell'organizzazione.

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Facchetti, Nucini ed i giovani arbitri. Prove? No, percezioni

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By Andrea Del Mare
Andrea Del Mare
29 Mar 2011
29 Mar 2011
Ultima modifica: 14 Dic 2013

arbitroCosa disse Narducci sulla possibile esistenza delle telefonate di altri dirigenti con i designatori? "Balle smentite dai fatti", giusto? Bene, è quanto potremmo dire a proposito delle teoria dei "giovani arbitri" mandati ad arbitrare la Juventus per favorirla nel campionato 2001-02. Se dobbiamo individuare una parte significativa della testimonianza in aula di Facchetti Jr, quella che affronta questa ipotesi d'accusa è perfetta per illustrare il classico circuito che abbiamo visto tante volte in questa storia. Alla base di tutto c'è la bassa cultura sportiva di questo paese, dove chi perde cerca fuori dalla sua casa le colpe dell'insuccesso; e ad essa si aggiunge la cultura del sospetto che i media hanno diffuso per tanti anni, quando a vincere era la Juventus.
Calciopoli è piena di testimonianze che in aula hanno mostrato la loro vera natura: sensazioni, impressioni, "si diceva".
Le percezioni non erano ancora entrate nel processo. Ora ci sono anche quelle. Ci sono entrate con il classico "giro". Un arbitro che si considera bravo e sottovalutato dai suoi capi, nonché prossimo alla fine della carriera, stabilisce un solido e duraturo rapporto con il dirigente di una squadra che perde per demeriti propri e per inadeguatezza della rosa rispetto agli avversari. Nucini riporta a Facchetti anche ipotesi da bar dello sport non suffragate dai fatti, Facchetti le riporta su un foglio di appunti, il figlio sette anni dopo porta ai pm quel foglio dopo aver ascoltato il "Metti Collina", i pm prendono ed allegano tutto, i giornalisti sanno tutto di quella deposizione e di quegli appunti, quasi in tempo reale. Nei giorni dal 28 aprile al primo maggio 2010 virgolettati della deposizione e pezzi di quegli appunti occupano per quattro giorni tutti i media. Galdi/Piccioni della Gazzetta, Fulvio Bufi del Corriere, Buccheri de La Stampa e Del Porto di Repubblica sono i più prodighi di particolari. Risultato: milioni di lettori vengono informati che, in base alle confidenze di Nucini, Facchetti aveva scritto negli appunti: "Altro episodio: la scelta di mandare prevalentemente arbitri giovani, e dunque ritenuti più facilmente condizionabili, a dirigere la Juve durante il torneo 2001-2002, quello che si concluderà il 5 maggio 2002 con la clamorosa sconfitta dell'Olimpico (contro la Lazio) e la conseguente aggiudicazione dello scudetto proprio alla Juventus. Il campionato «perso a Roma», lo chiama Facchetti nel diario". La sensazione è che Nucini abbia detto a Facchetti quello che Facchetti voleva sentirsi dire. Nessuno dei due fa una semplice verifica per accertarsi se è una cosa seria?
Questa degli "arbitri giovani" non la si era ancora sentita neppure nei bar dello sport, e come scusa della sconfitta non era mai stata avanzata neppure nelle piazze telematiche nerazzurre. Da aprile 2010 questa teoria si diffonde alla velocità della luce, resiste e resisterà, perché chi l'ha diffusa con i suoi articoli non informa i suoi lettori che questa fantasiosa ipotesi è crollata in aula. E' Farsopoli, è la versione mediatica del processo vero, dove la verità è gestita dai media. Gestita, non cercata e diffusa come dovere imporrebbe. E' così che si creano le leggende metropolitane tipo il "Paparesta sequestrato": ampia diffusione di una tesi dell'accusa, scarsa o nessuna informazione quando la tesi si dimostra inesatta. E' il livello dell'informazione che abbiamo, e quella sportiva, spesso, è anche contaminata dal tifo.
Ma la giustizia, per fortuna, non è quella mediatica, la giustizia è una cosa seria che va rispettata perché possa essere rispettata. La giustizia vera si esercita nelle caserme dove si fanno le indagini, nelle procure, nei tribunali, non nelle redazioni. Le accuse dovrebbero arrivare nei tribunali dopo essere state verificate in fase di indagine, ed invece in questo processo abbiamo visto molte accuse nate dalle indagini coordinate da Auricchio cadere alla prova di fatti che erano facilmente verificabili, come quella che voleva gli arbitri "fidi" sempre premiati e, viceversa, quelli "ostili" sempre puniti.
Nelle indagini integrative che hanno portato alla richiesta di poter ascoltare anche Gianfelice Facchetti, e di nuovo Nucini, Auricchio non c'entra nulla. Queste ultime indagini le hanno coordinate direttamente i pm Narducci e Capuano, che sugli "arbitri giovani" potevano anche delegare alla Polizia Giudiziaria una facilissima verifica prima di portare questo capitolo in aula, consentendo all'avvocato Prioreschi di piazzare un facile diretto al viso dell'avversario fattosi trovare con la guardia abbassata.

PM Capuano: Suo padre riferì anche di anomalie relative al campionato 2001/2002?
Facchetti: Sì, fece notare, a proposito appunto di quell’anno, come in quell’anno alla società Juventus toccarono una quantità di arbitri molto giovani e che quindi, ovviamente, andando ad arbitrare una società così importante, avevano molta più paura di sbagliare e, nel timore di sbagliare, ovviamente favorivano la squadra con il peso maggiore. Questo era la cosa che fece notare e che, anche questa, è ripresa dagli appunti.

Bastava consultare un Almanacco del calcio Panini, che Prioreschi aveva fatto acquisire nell'udienza precedente, e si sarebbe scoperto che si stata cercando di dare corpo alle ombre.
Avv. Prioreschi: Senta, Lei rispondendo al PM, con riferimento al campionato 2001/2002, ha detto che Nucini avrebbe detto a Suo padre, chiedo scusa, ma diventa il detto del detto del detto e quindi… che erano stati mandati ad arbitrare la Juve tutti arbitri giovani proprio perché…
Facchetti: Parecchi arbitri giovani, sì.
Prioreschi elenca le 34 partite del campionato 2001-02 con i relativi arbitri e la Juventus, in sintesi, viene arbitrata dai seguenti arbitri (tra parentesi le presenze in A e B a fine campionato): Borriello 6 volte; Paparesta 4 (101); Bolognino 4 (208); De Santis 3 (162); Bertini 3 (79); Gabriele 3 (56); Cesari 3; Braschi 2; Trefoloni 2 (37); Collina 1 (239); Racalbuto 1 (188); Rodomonti 1 (41), Pieri 1 (34); .

Presidente Casoria: Allora, l’avvocato vuole sapere quali sono i giovani in questo elenco.
Facchetti: Chiedo scusa. Allora, io di questi non Le so dire con esattezza quali sono gli arbitri esordienti ma, come avevo detto prima, cosa riportata da mio padre, il... come dire, il controllo non era solo sugli arbitri esordienti, ma riguardava guardalinee e riguardava osservatori.

Coro di "Ehhhhh" in aula, Fulvio Bufi lamenta che l'aula sembrava lo stadio ma, se si portano come accuse delle teorie che non si sentivano neppure nei bar dello sport, prima che il memoriale fosse diffuso dai giornali, e senza neppure fare una verifica, è difficile conservare "la sacralità". Fulvio Bufi, piuttosto, spieghi perché lui, uno dei giornalisti che aveva diffuso anche questa parte del "Memoriale", non riporta ai suoi lettori la verità emersa in aula (Bufi aveva scritto anche un altro articolo).

Dove sono i "parecchi" giovani arbitri?
Di nostro aggiungiamo che Bolognino, De Santis, Cesari, Braschi, Collina e Rodomonti erano tra i dieci arbitri internazionali, con Rosetti precluso per la Juventus.
Borriello, Cesari e Braschi lasciarono a fine campionato per raggiunti limiti di età.
In quel campionato esordirono in serie A: Rizzoli, Palanca, Dattilo, Cruciani, Cannella, Pieri, Trefoloni e Dondarini. Solo Pieri arbitra la Juve 1 volta e Trefoloni 2 volte.
Pieri arriva nella Can A e B nel 2000-01, arbitra 16 gare in B, esordisce in A il settembre 2001 (Fiorentina-Atalanta); nel 2001-02 dirige Juventus-Atalanta 3-0 (seconda di ritorno).
Trefoloni, 17 gare in B l'anno precedente, nel 2001-02 debutta in A alla prima giornata con Udinese-Torino, e arbitra Juventus-Piacenza 2-0 (quindicesima giornata di andata) e Juventus-Lecce 3-0 (quarta giornata di ritorno).

Tutto questo come se non ci fosse un sorteggio e fossero i designatori a "mandare" gli arbitri, o come se il sorteggio fosse truccato, cosa che l'accusa non è riuscita a dimostrare e che i testi della difesa hanno escluso. Sorteggio che non era taroccato neppure per la Corte D'appello di Roma, che ha dato torto a Teotino, querelato da Bergamo e Pairetto.

La fonte che aveva riferito a Facchetti che alla Juventus avevano mandato molti arbitri giovani è Nucini, che nelle precedenti deposizioni non aveva parlato di questo fatto, e che lo fa solo dopo aver appreso dai giornali cosa aveva detto a Napoli Gianfelice Facchetti. Nucini doveva ben sapere quali e quanti colleghi giovani esordienti avevano arbitrato la Juventus. Per chi ha qualche minuto in più per leggere, e vuole approfondire, riportiamo la parte relativa ai "giovani arbitri" del controesame di Nucini condotto dall'avvocato Prioreschi. Nucini aggiunge al cocktail di Farsopoli anche le "percezioni", che fanno il loro ingresso ufficiale nell'aula del tribunale.

Avv. Prioreschi: Senta, poi Lei ai Carabinieri riferisce un’altra circostanza che non aveva mai riferito prima e cioè la storia che nel corso del campionato 2001/2002, credo, venissero mandati alla Juventus arbitri giovani perché così era più facile, no?, che… addomesticarli forse, diciamo così. Se la ricorda questa circostanza?
Nucini: Sì, sì.
Avv. Prioreschi: Eh. Presidente, io risparmio la lettura un’altra volta di tutti… Allora, Le voglio dire una cosa. Lei non l’aveva mai detta questa cosa. Questa cosa la riferisce prima di Lei Gianfelice Facchetti e Lei, sostanzialmente, poi il primo dicembre la ripete. La dice perché l’ha letta nel verbale di Facchetti, o perché era una cosa che in effetti avevate commentato con...?
Nucini: Lo dico perché è una cosa che commentavamo insieme, semplice. Se dovessi star qui a commentare quello che…ehm a raccontare… quello che commentavamo, stiamo qui una settimana intera.
Avv. Prioreschi: Per me dobbiamo parlare solo di fatti, Nucini.
Nucini: E infatti ho portato i fatti.
Avv. Prioreschi: E infatti li vedo, guardi.
Nucini: Ehhhh (sorride, ndr) Ma scusi la tesser… Mi scusi eh, avvocato, mi permette di farLe una domanda?
Avv. Prioreschi: No.
Presidente Casoria: No. Il teste non può fare la domanda. L’avvocato ha fatto... ora la informiamo. Ha fatto questa domanda perché prima lui parlava... quando c’è stata la deposizione di Facchetti ha elencato gli arbitri e parevano che nessun… pochi erano i giovani, forse quasi nessuno. E quindi voleva sapere da che avevate ricavato questo dato... che erano giovani, inesperti, quando invece, secondo l’avvocato, ha fatto un elenco di arbitri vecchiotti.
Nucini: Ahhh questo. Beh sì, vabbè, ma comunque... dalle percezioni che si ha... cioè vabbè, intanto... […] sono chiacchiere, quindi lasciamo stare.
Presidente Casoria: Stiamo parlando di età, non di percezioni, l’età è l’anagrafe, l’anagrafe.
Nucini: No, no, ma... allora, secondo noi quelli erano arbitri che comunque rispondevano alle dinamiche del gruppo. Il concetto invece di dire, cioè di dire che…
Presidente Casoria: Giovani voi avete detto.
Nucini: Il concetto è di dire che, invece, anche gli arbitri giovani potevano essere...
Avv. Prioreschi: No, no.
Nucini: Abbiamo fatto ragionamenti di... eh.
Avv. Prioreschi: Aspetti aspetti, così Le do la possibilità di spiegare perché, visto che sta modificando…
Nucini: Non sto modificando.
Avv. Prioreschi: Allora: "Io e Giacinto commentavamo…", sempre commenti, ma insomma, va bene, "che una delle tecniche in base alle quali il sistema lavorava al fine di assicurare risultati utili alla Juventus era che gli arbitri giovani, quindi con meno carisma e personalità, venivano individuati…venivano inviati a dirigere le partite della squadra bianconera poiché erano facilmente influenzabili e manovrabili dai designatori arbitrali e dallo strapotere juventino". Questo ha detto Lei.
Nucini: Ok, allora, oltre che considerare i nomi degli arbitri che ha fatto, non ha fatto anche questa considerazione: che comunque anche tra gli arbitri giovani si poteva... potevano avere facilità per fargli conoscere le dinamiche del gruppo. Cioè, oltre. Sono due cose secondo me diverse.
Presidente Casoria: Non ho capito bene la risposta. Spieghi. Non ho capito.
Nucini: Cioè, voglio dire quell’elenco erano le considerazioni che noi facevamo su determinati arbitri. E’ un elenco un po’ più analitico... Tizio, Caio e Sempronio, poi in generale, poi in generale, in generale, si parlava anche degli arbitri giovani, ed anche un arbitro giovane è molto facile poterlo riuscire...
Presidente Casoria: Qua si era detto che specificamente erano indicati i giovani, non gli arbitri giovani in generale. Ha sentito…
Nucini: Mah, questo... Sì, no, ma io questo…
Presidente Casoria: E’ detto "si nominavano i giovani perché i giovani erano più influenzabili".
Nucini: Ma questo è evidente, un giovane è molto più influenzabile.
Presidente Casoria: Ma l’avvocato ha fatto un elenco.
Nucini: Ma quello è un altro... secondo me sono due cose, mi scusi signor Giudice, son due...
Presidente Casoria: Vabbè ma Lei non può fare un discorso astratto…
Nucini: No, no, no, no. Ma è un discorso comunque... allora, il nome degli arbitri, il nome degli arbitri è un elenco, Tizio, Caio, Sempronio, analitico e poi…
Presidente Casoria: Sono quelli che risultano... obiettivamente.
Nucini: Obiettivamente. Poi un discorso concreto è anche quello che è una percezione concreta che è molto più facile riuscire a un giovane, riuscire a dargli delle...
Presidente Casoria: Ma se non viene nominato il giovane sta per fatti suoi, scusi. Vabbè, andiamo avanti.
Nucini: Ma cosa c’entra, ma questa era una considerazione generale, non era indicato il giovane, era una percezione generale.
Presidente Casoria: Vabbè, ma il giovane non fa danno se non viene nominato.
Nucini: Ma prima di arrivare ad arbitrare la Juventus, Paolo...(riferito a Bergamo che avrà detto qualcosa che non si riesce ad udire, ndr)

Gianfelice, perché hai dubitato di tuo padre?

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By Redazione
Redazione
27 Mar 2011
27 Mar 2011
Ultima modifica: 14 Dic 2013

facchetti gianfeliceLe testimonianze rese a Napoli da Gianfelice Facchetti e Nucini le analizzeremo dettagliatamente, perché è giusto dedicare massima attenzione a deposizioni che erano state presentate come "rilevantissime" e poi si sono rivelate in contrasto tra loro ed hanno fatto segnare due punti per le difese, come sono stati costretti a dire e scrivere persino i simpatizzanti della Procura.
Ma non possiamo iniziare ad analizzare la testimonianza di Gianfelice Facchetti senza considerare ed evidenziare che sulla stessa grava un dubbio grande quanto il Pirellone, dubbio che saremmo pronti a rimuovere qualora Gianfelice ci fornisse una spiegazione logica.
Avevamo anticipato qualcosa il giorno prima dell'udienza ma, dopo aver ascoltato la deposizione, non vi nascondiamo che, se per un solo minuto avessimo potuto indossare la toga, la domanda l'avremmo posta direttamente a Gianfelice: 'Perché ha dubitato di Suo padre man mano che uscivano le telefonate?'
Sì, perché Gianfelice ha dubitato, come ha dichiarato a Silvia Nucini che lo ha intervistato per Vanity Fair del 23 febbraio 2011 (vedi le due pagine), pochi giorni prima della sua testimonianza.

Alla domanda "Ha mai avuto paura di trovare, scavando nelle carte di suo padre, una qualche verità che non Le sarebbe piaciuta?", Gianfelice ha risposto:
"C’è stato un momento in cui ho dubitato, lo devo ammettere. Io conoscevo mio padre, ma – mi sono detto – io non ero lui, per cui ad un certo punto, il punto degli attacchi a orologeria, quando avevo quasi paura ad uscire di casa, il dubbio mi ha attraversato la testa. Ma proprio in quel momento, per una sorta di destino magico – una di quelle cose a cui non do un nome, ma che mi prendo e tengo li –, ho trovato nelle carte di mio padre le risposte ai miei dubbi: appunti che aveva preso e che spiegavano tutto. Ho provato sollievo e una specie di vergogna per aver dubitato".

Ora azioniamo la logica. Gianfelice come testimone a Napoli ha detto che lui quanto ha riferito, prima presentandosi spontaneamente ai pm e poi in aula, non l'ha appreso dagli appunti ritrovati, ma dalla voce dal padre. Ricordiamo solo alcune delle sue risposte alle domande dell'avvocato Prioreschi:

Facchetti: Sono appunti e comunque, voglio dire, l’abitudine era quella di prendere nota, ecco, di alcune cose. Le cose di cui io ho fatto prima menzione sono episodi di cui si parlò e di questo ne ho fatto testimonianza.
Facchetti: Che volevo parlare per rendere testimonianza di una serie di racconti che mi aveva fatto mio padre e, nella fattispecie, avendo trovato queste carte di mio padre, volevo presentarle per vedere se potessero avere un’utilità ai fini delle indagini processuali.
Facchetti: Io ho detto anche delle cose che non sono trascritte in quei fogli. Ci sono degli altri episodi che ricordavo e quindi alcune cose sono… esulano da quello che c’è scritto.

Se tutte le cose riferite nella sua testimonianza le aveva apprese dalla voce del padre, perché ad un certo punto il dubbio gli ha attraversato la testa?

Poi Gianfelice dice che per un magico segno del destino ritrova gli appunti del padre che, come una potentissima gomma, cancellano i dubbi. Quando dice che la risposta ai dubbi la trova nelle carte del padre, intende in quelle carte che ha portato ai pm? Secondo logica sembrerebbe di sì, quindi le carte "rivelatrici" delle quali parla a Silvia Nucini dovrebbero ridursi a quell'unico foglio di appunti sul sistema Moggi, perché gli altri fogli, l'ha detto lui in aula, "erano riflessioni su FC Internazionale" e non possiamo pensare che i dubbi sorti in Gianfelice fossero sull'organizzazione del club nerazzurro.
Ed allora fatichiamo a capire in che modo quel foglio di appunti sulle cose riferite da Nucini al padre, e che lui dice in aula di aver saputo direttamente anche dalla voce dal padre, possa aver dissolto i suoi dubbi.

La risposta di Gianfelice alla domanda di Silvia Nucini termina con "appunti che aveva preso e che spiegavano tutto". Allora dovrebbero essere proprio quegli appunti. Ma perché prova sollievo, come se quelle carte rivelassero cose a lui ignote?
E perché dice che quegli appunti gli "spiegavano tutto" se, attenendoci alle risposte date al processo, quelle spiegazioni lui le conosceva già?

In quegli appunti sono riportate le confidenze di Nucini, ma Gianfelice dice in aula che il padre gliele aveva riferite a voce, che gli aveva anche riferito che Nucini aveva fatto parte della cupola, quindi più di quanto aveva scritto, poiché su quel foglio ritrovato non c'è scritto né che Nucini avesse fatto parte della cupola né che fosse un "cavallo di Troia", ragione per la quale Gianfelice e Nucini possono ancora sostenere tesi diametralmente opposte.
Inoltre, in quelle carte portate ai pm, Gianfelice non ha trovato annotato nulla relativamente alle telefonate con i designatori, con Mazzei, con De Santis, né la spiegazione del perché fossero state fatte. Quindi, qual è la spiegazione ai dubbi che Gianfelice ha avuto da quelle carte e che già non conoscesse?

Se Gianfelice ha potuto sciogliere i suoi dubbi grazie al foglietto di appunti ritrovato, noi non possiamo dire altrettanto per quello sorto dopo la sua risposta a Vanity Fair, e non è dubbio da poco: attiene infatti all'attendibilità delle cose dette da un testimone dell'accusa sugli imputati e su un altro testimone dell'accusa, Nucini, cui Gianfelice lascia tranquillamente recitare, per anni, il ruolo di vittima del sistema e di vessato dai designatori, dal momento che lui dice di aver saputo dal padre, quindi almeno sei anni prima, che Nucini era stato organico alla cupola e che "Nucini veniva tutelato non facendo vedere filmati che avrebbero potuto danneggiarlo".
Gianfelice afferma anche di aver appreso dal padre che Nucini aveva arbitrato il Messina aiutandolo, che una volta gli era stato chiesto di "dare addosso alla Fiorentina": ma per sei anni non sente l'impulso di vedere se "questo patrimonio di conoscenze ereditato dal padre", come definito da Narducci, possa essere utile alle indagini dei pm e della FIGC. C'è voluto l'avvocato Trofino con quel "Metti Collina" per generare l'impulso che porta Gianfelice ad andare dai pm di Napoli perché "avendo trovato queste carte di mio padre, volevo presentarle per vedere se potessero avere un’utilità ai fini delle indagini processuali".
Gianfelice dice di non essere andato prima perché senza il supporto di quel foglio di appunti del padre temeva di non essere preso sul serio: "Se non avessi avuto uno straccio di carta in mano, mi avrebbero riso in faccia... uno avrebbe detto: 'Questa frase è inattendibile'". Evidentemente non aveva seguito bene il processo, non sapeva che, ad iniziare dal testimone Dal Cin, erano state tenute in gran considerazione e verbalizzate anche le sensazioni e le impressioni. Eppure avrebbe dovuto saperlo, non fosse altro perché il nome di suo padre, che giustamente difende con amor filiale, era stato tirato nel processo da Gazzoni Frascara, prima che da altri, per la storia delle fidejussioni della Reggina, a partire dal verbale del maggio 2006. Dall'udienza del 26 maggio 2009 (Audio su RadioRadicale):

Avv. Prioreschi: Lei è stato sentito dal pubblico ministero il 13 maggio 2006... La Reggina aveva o non aveva presentato una fidejussione inidonea prestata dalla Sanremo Assicurazioni? Chi era l'agente che aveva fatto questa operazione della Sanremo?
Gazzoni Frascara: Si dice... Si dice, si dice... Si dice che fosse stato Facchetti. Sì. Si dice. Io non ho la prova però.
Avv. Prioreschi: No, non è si dice, adesso dice. Sto facendo una contestazione: 13 maggio 2006, "E’ noto che la fidejussione risultata inidonea inizialmente prestata in favore della Reggina è della Sanremo di Genova. Io ho più volte rilasciato dichiarazioni concernenti questa operazione e oggi sono in grado di indicare il nome di Giacinto Facchetti probabile agente assicurativo intermediario della suddetta polizza".
Gazzoni Frascara: Probabile, si dice...
Presidente Casoria: Questa probabilità da cosa derivava?
Gazzoni Frascara: Dal bocca a bocca che gira in questo grande mondo del calcio.

Questo per informare anche il direttore della Gazzetta Andrea Monti su chi abbia tirato i primi graffi, visto che proprio lui ha scritto che la strategia di Moggi "ha trascinato l'Inter di Moratti e altre società nel vortice del processo pubblico. Ha graffiato la memoria di Giacinto Facchetti, uno dei galantuomini dello sport italiano".

Se Gianfelice vorrà chiarire perché abbia dubitato, pur sapendo le cose che gli aveva riferito il padre, e come quel foglio abbia cancellato i dubbi, saremo felici di pubblicare la sua spiegazione, come siamo sempre disponibili a pubblicare quegli appunti non acquisiti (sono di sua proprietà, può pubblicarli, ndr).

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