I piagnoni hanno la prima crisi isterica, la Juve piange davvero

i piagnoniIl primo snodo della grande crisi isterica nazionale che fu il Campionato dei Piagnoni si verifica il 6 dicembre, giorno del pareggio dell'Inter in casa della Sampdoria. Un rigore per i blucerchiati scatena una sequela di sproloqui che arriva a mettere in dubbio la legittimità della contemporanea vittoria della Juve sulla Lazio, giunta al termina di una sontuosa prestazione dei bianconeri a cui, seppur privi di Zidane e Deschamps, il 2-1 finale va strettissimo.
Le due prime della classe giocano nell'anticipo del sabato, perché l'Europa le attende per lo scontro decisivo. A Genova, dopo l'iniziale vantaggio del solito Ronaldo, la Sampdoria crea diverse occasioni da gol, ma riesce a pareggiare solo su un calcio di rigore concesso per un contatto molto dubbio tra Signori e Colonnese. Comunque, poi sono di nuovo i padroni di casa a sfiorare il vantaggio, mentre l'Inter si limita a contenere. Paradossalmente, le cose migliorano per gli ospiti dopo l'ineccepibile espulsione di Simeone (doppia ammonizione), giunta poco prima dell'intervallo. La ripresa infatti è più equilibrata, con occasioni da entrambe le parti, e il pareggio finale è sostanzialmente giusto. Al massimo, per come si erano messe le cose, può andare stretto agli uomini di Boskov, che al termine della partita rimpiangerà di non aver tentato la carta delle tre punte dopo l'uscita di Simeone.
Eppure, i piagnoni nerazzurri danno vita a uno show imbarazzante. E' il presidente Moratti a menare le danze. Al termine della gara, parla di "quinto rigore inesistente che ci danno contro" e arriva a contestare anche "certi falli fischiati a centrocampo". Inoltre, le cronache da Genova raccontano di reazioni scomposte del patron nerazzurre ad ogni decisione avversa arbitrale, che sia un'ammonizione a Sartor o un fallo di mano fischiato a Ronaldo. Già nell'intervallo, richiesto di un parere dai cronisti, Moratti aveva addirittura recriminato sul rigore subito nell'ultimo derby, dove semmai i dubbi riguardavano quello concesso all'Inter. Come un bambino capriccioso, sentenzia che i 5 rigori subiti fino a quel momento dall'Inter sono inesistenti e parla di arbitri che "patiscono un complesso d'inferiorità quando arbitrano l'Inter". A chi tenta di giustificare l'operato del direttore di gara, risponde facendo la vittima: "C'è sempre qualche avversario da difendere. Invece l'Inter non la difende mai nessuno, tantomeno io che sono troppo buono".
Con un presidente così, è ovvio che i dipendenti seguano a ruota. Simoni, tra l'altro criticato per il gioco della sua squadra dal ct della Nazionale Maldini presente a Marassi ("l'Inter si è chiusa troppo"), dichiara: "Non è possibile che per vincere dobbiamo segnare 3 o 4 gol". Addirittura, la giusta espulsione di Simone (ammessa anche da Moratti) viene da lui contestata indicandone la causa nell'episodio del rigore.
Signori, nel dopopartita, parla di contatto di coscia, e rilancia ricordando un altro episodio: "Il fallo c'era, e pure netto, anche se forse ancora più evidente era quello in un'azione precedente di Pagliuca. Sul rigore fischiato, invece, non so se l'intervento sia stato volontario o no, ma il contatto con Colonnese è avvenuto, coscia contro coscia. In 7 anni di A avrò procurato sì e no 3 - 4 rigori alla mia squadra. Pochi, insomma, ma è normale che poi in campo uno non ci stia e protesti".
In realtà, dalle immagini sembra davvero che Signori accentui troppo l'eventuale contatto, ma ciò non giustifica tutti questi piagnistei, questo clima da assedio che sfocia nelle dichiarazioni più gravi, quelle dell'uomo immagine della squadra, che rincara la dose accusando la Juve: "L'Inter gioca contro 12 avversari, ma è forte da vincere lo stesso. Signori? Bravo, s'è buttato bene. Il rigore alla Juve? Doveva vincere. Tuffarmi? Bisogna che anche io cominci ad approfittare di questa situazione". E' evidente che le parole di Ronaldo rispecchiano il pensiero dell'ambiente Inter, che soffre nei confronti dei bianconeri di quel "complesso di inferiorità" che Moratti attribuisce agli arbitri.
A Torino la Juve aveva vinto con merito e ben al di là di quanto lasciasse intendere il 2-1 finale. Vantaggio di Del Piero dopo un quarto d'ora, pareggio della Lazio su rigore. Poi la Juve stringe d'assedio la Lazio, che nel secondo tempo rimane in 10 per l'ineccepibile espulsione di Chamot che fa fallo su Inzaghi lanciato a rete. Alla fine si conteranno due pali di Inzaghi (di cui uno giunto al termine di un'azione altamente spettacolare), due miracoli di Marchegiani su Del Piero e un gol fantasma non concesso ad Alex nonostante il salvataggio oltre la linea della porta del biancoceleste Pavel Nedved. Eppure parte il can can moviolistico sul gol decisivo della Juve, giunto su un rigore concesso in seguito all'applicazione della nuova regola sul vantaggio della Fifa. Del Piero era stato steso in area da Marchegiani, ma siccome la palla era giunta a Inzaghi l'arbitro aveva atteso la sua conclusione, finita sul palo. Per l'arbitro, dunque, il vantaggio non si era "concretizzato" e aveva concesso il rigore. La decisione viene bollata come una sorta di "eccesso di zelo" e criticata duramente, ma è indicativo che a distanza di tempo di quella partita sia rimasto solo quest'episodio, mentre nessuno si ricorda ad esempio del gol fantasma di Del Piero.
Il "fenomenale" veleno nerazzurro anti-juve suscita la risposta di Deschamps: "Ha detto che gli arbitri ci avvantaggiano e questo ci ha amareggiati, ma sono convinto che sia stato spinto a dire certe cose. Lui è un grande campione, ma certi commenti ci hanno amareggiati e non possiamo accettarli. Sabato Ronaldo stava giocando a Genova con l'Inter: non capisco come faccia a sapere quel che è successo a Torino. Noi cerchiamo di pensare a noi stessi e di vincere. Lui farebbe bene a pensare all'Inter. Io replico nell'interesse di tutti. Se l'Inter meriterà di vincere il campionato saremo i primi a dirle "brava". Ma gli errori arbitrali oggi capitano a noi, domani a loro".
In realtà il campione di Bayonne è già concentrato sullo scontro decisivo a cui la Juve è attesa in Champions: "La nostra situazione è difficile perché dobbiamo vincere ed aspettare gli altri risultati. Sono ottimista, contro la Lazio ho visto una grande Juve. Giocando così possiamo battere il Manchester. Essendo qualificati, potrebbero non battersi al massimo. L'anno scorso, pur essendo già nei quarti, favorimmo la loro qualificazione battendo il Fenerbache. Ma penso che, se batteremo il Manchester, ci qualificheremo: confido nei miei amici del Monaco e nell'Olympiakos, mentre non credo che il Psg faccia la goleada che gli serve per superarci".
E la Juve ce la farà, e con i fuochi d’artificio. A 10 minuti dalla fine è eliminata, e non solo perché a Torino la partita è inchiodata sullo 0-0 (nonostante un palo di Ferrara e quattro occasioni fallite), ma anche perché ad Atene l'Olympiakos sta soccombendo in casa contro il Rosenborg.
Poi, all’83' Inzaghi trasforma di testa un grande assist di Zidane e all’88' arriva la notizia da Atene: una punizione di tal Djordjevic ha portato l’Olympiakos in parità: esplode il Delle Alpi, Ferrara salva su Cole e la Juve è nei quarti di Champions. Dirà Lippi nel dopopartita: "La mia felicità, da uno a dieci, vale dieci. Ma la felicità più grande è allenare una squadra come questa. Dalle qualità umane e professionali difficilmente riscontrabili in altri posti, presso altri organici".
In casa Juve, però, l’euforia per la Champions deve subito lasciare il posto alle lacrime per la perdita di Giovannino Agnelli, che il 13 dicembre pone fine alla sua breve avventura terrena. Il 14 la Juve gioca a Piacenza dove campeggiano diversi striscioni in memoria, sia da parte degli Juventini che da parte degli sportivi emiliani. La Juve gioca col lutto al braccio e un vuoto dentro. In debito di brillantezza e tensione dopo l’impresa di mercoledì, pur tenendo quasi costantemente il controllo della partita, i bianconeri producono poco, mentre in contropiede i padroni di casa sfiorano il vantaggio in un paio di occasioni. E quando al 78’ Fonseca, che aveva sostituito Davids solo 4’ prima, trova il vantaggio con una prodezza individuale (controllo di destro e bellissimo sinistro agli incroci), la festa dura solo 3 minuti, e cioè fino al buco difensivo che libera Stroppa al tiro, per la corta respinta di Peruzzi e la ribattuta a rete di Piovani.
Così l’Inter allunga di nuovo a +4, grazie al 3-0 interno con la Roma zemaniana, condannata da papere ed espulsioni. Mancava Ronaldo, e la larghezza del risultato dà il via alle solite bausciate dei commentatori nerazzurri, che si crogiolano nell’illusione di aver trovato una squadra compiuta al di là delle individualità, comunque esaltate oltremisura, come nel caso di Sartor descritto come un novello Rivelinho.
In realtà per quaranta minuti, pur senza creare grandi occasioni, la partita l’hanno fatta gli ospiti, poi è arrivato il rigore trasformato da Djorkaeff, scaturito da una clamorosa svirgolata di Petruzzi che lancia Simeone a rete e costringe il portiere Konsel all’atterramento. Nella ripresa, dopo il raddoppio di Branca al 4’, in pochi minuti vengono espulsi Pivotto e Totti, così i padroni di casa rischiano di dilagare, anche oltre il 3-0 finale, siglato da Zamorano a 20’ dalla fine, ma sbagliano diverse occasioni, anche perché s'incaponiscono nel tentare di far segnare a Moriero un avvelenatissimo gol dell'ex.

La Juve si rifarà sotto nell’ultima giornata dell’anno, quella pre-natalizia e soprattutto pre-scontro diretto di San Siro. 5-2 all’Empoli con tripletta di Del Piero che raggiunge quota 10 in classifica marcatori, mai toccata nemmeno al termine delle stagioni precedenti. In coppia con Inzaghi (anche lui in gol), tra campionato e coppe i gol sono già a 27, alla faccia di chi li criticava per la loro “leggerezza”: la Juve ha infatti l’attacco più forte del campionato, dove, dopo la vittoria con l’Empoli, è ancora imbattuta.
I toscani devono cedere le armi alla svelta: dopo un quarto d’ora e nel giro di un minuto, grazie a una ribattuta di Inzaghi a rete su respinta del portiere Roccati e a una conclusione al volo di Alex su lancio di Zidane, la Juve sta già 2-0. Al 26’ il terzo sigillo su rigore che Del Piero prima ottiene per un fallo subito da Tonetto, poi difende da Zidane che voleva tirarlo al suo posto e infine ribatte a rete nonostante la provvisoria respinta di Roccati. L’Empoli accorcia al 41’ con una punizione di Florijancic, ma nella ripresa ecco un'altra magia di Alex che, pescato da Zidane, fa sdraiare il portiere, lo aggira e deposita in rete. Poi un rigore per l’Empoli e un’autorete di Tonetto, su tiro di Davids, fissano il 5-2.
L’Inter, impegnata a Udine e priva, oltre a Ronaldo, degli squalificati Simeone e Moriero, fondamentali nelle ultime gare, gioca meglio di altre volte in cui aveva portato a casa i 3 punti, ma va incontro alla prima sconfitta del campionato. Infatti, per tre quarti di partita la sfida è equilibrata ed entrambe le squadre creano belle azioni e occasioni da rete (tra cui un contatto sospetto tra Sartor e Amoroso in area nerazzurra). Da metà ripresa in poi, però, è l’Udinese a prendere in mano la partita. Già all’84 Bierhoff aveva sfiorato il vantaggio schiacciando di testa un ponte di Amoroso imbeccato dal cross di Bachini, finché al 91’ il bomber tedesco, su cross del solito Bachini, vince il duello aereo contro Galante: stacco imperioso, perfetta torsione del busto e Pagliuca è battuto.
Al Delle Alpi, in tribuna, il volto impietrito di Umberto Agnelli accoglie il boato dello stadio per le notizie dal Friuli. L'ultima volta che era stato alla partita, il giorno della qualificazione contro il Manchester, era assieme a Giovannino e aveva gioito con lui per il gol di Inzaghi. Quanto alla qualificazione, ricorda, "Abbiamo saputo del gol fatale al Rosenborg quando eravamo già in auto e ci stavamo dirigendo verso casa: per poco non finivamo fuori strada".
Stavolta il Dottore resta allo stadio fino alla fine, accanto a Donna Allegra e Andrea, mentre la Juve si porta a un punto dall'Inter e festeggia il Natale ancora imbattuta in campionato.