Calciopoli vs. Scommessopoli: la frode è uguale per tutti?

NarducciLo scorso 28 maggio la Procura di Napoli ha richiesto l'archiviazione delle indagini sul calcioscommesse “napoletano”. Le indagini si sono concentrate su alcune partite del Napoli (ed incidentalmente di altre squadre) nella seconda parte del campionato 2009/2010 e nel campionato 2010/2011: indagini svolte usando principalmente il sistema delle intercettazioni. Sono stati intercettati tra gli altri Gianello, Giusti, Michele Cossato, Mascara, De Sanctis, Cannavaro, Grava e Quagliarella. L'ipotesi di reato era quella di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Oltre all'uso delle intercettazioni, sono state ascoltate molte persone informate sui fatti e si è fatto ricorso anche al pedinamento di Gianello, il principale indagato. Si sono quindi sfruttati tutti gli strumenti investigativi di cui la Procura disponeva. Ed il metodo utilizzato è simile a quello utilizzato per l'indagine su Calciopoli: intercettazioni, testimonianze di persone informate sui fatti e pedinamenti. Ma se i metodi sono stati simili, diametralmente opposte sono state le conclusioni.

E proprio le differenti conclusioni possono fornire spunti interessanti per le nostre valutazioni. Le indagini sul calcioscommesse hanno preso le mosse da una relazione confidenziale in merito alla possibilità che alcuni calciatori potessero alterare il risultato delle partite al fine di scommettere sul risultato. L'ipotesi era che gli ex compagni di squadra nel Chievo (Giusti, Gianello e Cossato) fossero in grado di influenzare il risultato di alcune partite. Le intercettazioni telefoniche hanno dimostrato che i tre erano dediti alle scommesse sulle partite di calcio, cosa vietata dall'ordinamento sportivo ma non da quello penale. Nella recente richiesta di archiviazione si legge che la Procura ha inizialmente ritenuto esserci i presupposti giuridici per indagare Gianello e Giusti per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva in relazione alla partita Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010. Le intercettazioni su questa partita, e soprattutto gli interrogatori, hanno rivelato il tentativo di corruzione, da parte di Gianello (all'epoca terzo portiere del Napoli) su istigazione di Giusti, nei confronti di Cannavaro e Grava, difensori del Napoli. Gianello nel corso del suo interrogatorio ha confessato di aver contattato i due difensori offrendo loro del denaro, ma sia Cannavaro che Grava avrebbero sdegnosamente rifiutato. I due, interrogati come persone informate dei fatti, hanno negato decisamente di essere mai stati contattati da Gianello e tanto meno di essere stati destinatari di offerte pecuniarie per alterare il risultato di Sampdoria-Napoli.

La Procura, in merito alla loro testimonianza, scrive che la discrepanza con quanto dichiarato da Gianello può essere frutto di una reale estraneità ai fatti o di un silenzio doloso per il timore di un coinvolgimento in fatti penali, e soprattutto per il timore di essere incolpati dalla giustizia sportiva per omessa denuncia. Dunque la Procura, in mancanza di riscontri, ritiene non provata la frode sportiva per questa partita, pur essendovi, a carico di Gianello, pesanti indizi. Ma ciò che ci interessa è l'esposizione che la Procura fa del reato di frode sportiva proprio in relazione a questa partita. Il reato di frode sportiva, dice la Procura, è un reato di pericolo che mira a tutelare il corretto andamento delle gare sportive, reato che si concretizza anteriormente ed indipendentemente dall'evento sportivo stesso. La legge stabilisce che vi è reato di frode quando qualcuno offre denaro od altra utilità ai partecipanti al fine di alterare il risultato. E, si badi bene, il reato è consumato a prescindere dall'accettazione dell'offerta e dall'esito dell'incontro. Dunque nel caso in specie sembravano esservi tutti i presupposti per ritenere che il reato di frode fosse stato consumato. Non è di questo avviso la Procura, che ritiene che non solo le partita non sia stata alterata ma che nemmeno si siano trovate le prove circa il tentativo di frode da parte di alcuno.

Dunque la Procura non ha creduto all'autodenuncia di Gianello. Anzi, citando la testimonianza di Mazzarri, sentito dalla Procura il 19 settembre 2011, la Procura stessa sposa la teoria per cui le partite di fine campionato sono viziate dai differenti interessi in campo (la legge non scritta del calcio, dice Mazzarri) da parte delle contendenti, interessi che vanno ad incidere sul risultato dell'incontro, certamente in modo antisportivo ma non in modo illegale. Proviamo a cristallizzare queste conclusioni e facciamo una comparazione con quanto avvenuto per l'indagine su Calciopoli. In quel caso la Procura ha ritenuto esser provato il reato di frode per moltissime partite per due ordini di fatti: il primo riguarda la formazione delle griglie arbitrali, il secondo le ammonizioni mirate. Emblematico poi è il caso di Lecce-Parma, partita di fine campionato 2004/2005. Per quella partita vi erano condizioni simili a Sampdoria-Napoli: partita con squadre portatrici di differenti interessi. Tuttavia gli inquirenti han sostenuto che alcune intercettazioni sull'ex arbitro De Santis, pur di dubbia interpretazione, fossero la dimostrazione di un tentativo di frode. Nella vicenda di Calciopoli abbiamo poi scoperto anche che molte intercettazioni discolpanti sono state omesse.

Altro elemento alquanto caratterizzante il reato di frode è la dazione di denaro o altra utilità. Nel caso di Sampdoria-Napoli Gianello testimonia di aver fatto un'offerta in denaro, gli inquirenti non hanno trovato prove di questa offerta ed hanno archiviato. Nel caso di Calciopoli non vi era nessun “pentito”; e nessuna dazione di denaro o altra utilità è stata registrata. Gli inquirenti hanno ipotizzato che il beneficio economico andava riscontrato nei compensi percepiti dagli arbitri amici della cupola. Teoria poi dimostratasi errata. Dunque casi simili trattati in modo diametralmente opposto. Reato di frode sportiva interpretato in modo molto elastico nel caso di Calciopoli ed in modo molto garantista nel caso del calcioscommesse. E la cosa curiosa è che uno dei PM che ha indagato sul caso calcioscommesse sia Capuano, ovvero colui il quale è stato uno dei PM di Calciopoli. A rileggere la requisitoria di Capuano, che si era focalizzato sulle singole frodi sportive mentre Narducci aveva trattato il reato di associazione a delinquere, avevamo avuto l'impressione che per il reato di frode sportiva fossero sufficienti solo degli indizi, visto che moltissime richieste di condanna si basavano solo su ipotetici contatti tra le SIM svizzere.

Ma, per esplicitare quale fosse l'interpretazione data al reato di frode da Capuano, riportiamo un breve estratto dalla sua requisitoria:
Si badi bene, in questo... in tutte queste ipotesi, si prescinde, non è necessario il... il comportamento illecito anche di una... di uno degli atleti partecipi alla... alla manifestazione in corso. Questo perché?... proprio perché si individua come ultima quella che andiamo ad analizzare... è l’ultima ipotesi, è una modalità sussidiaria, alternativa e non cumulativa rispetto alla precedente e più rigida ipotesi di corruzione sportiva.
E’ un reato a dolo specifico, e il... l’alterazione del risultato deve essere chiaramente... non deve verificarsi nella realtà, ma deve essere ben presente nello scopo... nella mente della gente che intende chiaramente alterare il risultato indipendentemente... si badi bene... se poi tale risultato si verifichi o meno.


Adesso nel caso calcioscommesse, nonostante vi sia un “pentito” (quante volte e da quante fonti abbiamo sentito gli appelli a pentirsi nel caso di Calciopoli?) che ammette di aver fatto una offerta di denaro, si è ritenuto non esservi le prove a sostenere l'accusa in tribunale. Ma Capuano non ha detto che bastava che l'alterazione fosse presente nella mente di chi intende alterare il risultato? Da profani del diritto penale, ci sembra che l'interpretazione di una norma penale dovrebbe essere il più possibile uniforme; quantomeno l'interpretazione dovrebbe essere univoca da parte della stessa Procura e degli stessi PM. Non sembra esser stato così nei due casi messi a confronto, ed a scanso di equivoci, da profani, riteniamo che il modo corretto di interpretare la norma sia quella del caso calcioscommesse: il reato dev'essere oggettivamente dimostrato, ed il pericolo di alterazione dev'essere reale. Che è poi l'interpretazione data dalla Procura di Torino quando si occupò della vicenda di Calciopoli nel 2005: un'interpretazione conforme a quella della Procura di Napoli per il caso del calcioscommesse, ma nettamente diversa da quella fornita, sempre dalla Procura di Napoli e dallo stesso Capuano, per il caso di Calciopoli. Forse qualche malalingua o dietrologo potrebbe pensare che la diversa interpretazione del reato sia dipesa dalle diverse squadre e dai diversi inquisiti coinvolti nei due casi: restrittiva nel caso del calcioscommesse del Napoli, molto elastica nel caso della Juventus di Moggi e Giraudo.