I dolori del giovane Emilio

vomitevoleLunedì 30 novembre, ore 01.47 - Oggi mi sento di merda. Vabbè, con questa Juve succede spesso, però oggi tale sensazione è decisamente forte e mi è venuta voglia di parlarvi, per dirvi un po’ di cose che non avevo mai detto e, nello stesso tempo, per cercare un po’ di conforto.

Intendiamoci, chi mi conosce sa che sono una persona sempre allegra, socievole, caciarona e pronta alla minchiata. Un Caceres senza le parigine, insomma. Per dirla tutta, avrei voglia di battute e facezie anche adesso, nonostante la disfatta pomeridiana, ma c'è una parte di me che è in sofferenza, quella parte dedita al vizio del pallone, quella parte che ha più buchi e ferite che le guance di Cassano e che, in questo momento, ha bisogno di essere ascoltata.

Questo pomeriggio ho avuto una strana percezione: mi sono accorto di aver "saltato lo squalo". E' un'espressione usata dai critici televisivi americani per indicare il momento in cui una serie televisiva "esagera", tramutandosi da divertente, interessante e brillante a pacchiana, bollita e ripetitiva. Nello specifico si riferisce a una puntata di Happy Days allorché il buon Fonzarelli, per rinforzare la nomea di bellimbusto, decide di saltare con gli sci d'acqua un tratto di mare con dentro uno squalo. Insomma è lì che ti rendi conto che le cose non sono più come prima.

Ma che c'entra col calcio?
Beh, oggi dopo lo scempio calcistico (già preceduto dall'immonda gestione del caso Balotelli e del nefasto comunicato sul processo per falso in bilancio) mi sono accorto che il calcio mi ha dato più dolori che soddisfazioni. Ho saltato lo squalo, le cose non sono più come prima: il mio tifo per la Juventus mi ha dato più dispiaceri che gioie.

Tanti bei successi, ma in definitiva troppe amarezze (Perugia, le finali di Champions, le infamanti accuse di doping, ecc...), con la trombata maxima di Farsopoli e la susseguente sciagurata gestione tecnica/mediatica/comunicativa dei nostri nuovi dirigenti. Forse esagero, ma adesso mi sento così.

A questa tetra consapevolezza, poi, se ne è aggiunta un'altra. Un sentimento che mi serpeggiava dentro da tempo, ma che si è palesato oggi come il joker che molleggia fuori dal pacco dono. Questa Juventus sta perdendo appeal. Più che una Juvinese, come un nostro caro amico l'ha battezzata, mi pare una Fiorentus: squadra da terzo/quarto posto in campionato e da ottavi in Champions (se va bene), leccate di fondoschiena con iniziative tipo tessera member, tante belle interviste inutili alle vecchie glorie, lamenti arbitrali da parte dei tifosi, esiste solo la maglia, richiami alla grinta dopo ogni sconfitta, attesa spasmodica della sfida con l'Inter, peso politico inesistente, dirigenti costretti a vassallare i potenti milanesi, stadio da 40mila posti (ma meno male che lo fanno...), progetto giovani ipermillantato, nessun carisma e attrattiva percepibile oltre i confini nostrani, zero velleità di imporsi su palcoscenici internazionali, ecc...

Il colpo è duro, ma il progetto ridimensionamento è arrivato al suo apice. Una situazione, però, della quale quasi nessuno ha coscienza. Ai tifosi più attempati è sufficiente un grappino davanti alla tv e Juve Channel che manda Garzena che entra in scivolata su Benito Lorenzi per dimenticare le magagne. A quelli un po' più sognatori bastano e avanzano le favole di Blòn, le guanciotte da putto di Secchissimo e l'intervista a Legrottaglie sul prossimo Hurrà Juventus. Mentre i giovanissimi sono troppo impegnati a collezionare le maglie di Del Piero: la maglia color oro, quella acciaio, quella rossa con tricolore, quella nera, quella blu con le stelle, quella gialla con le strisce blu, quella bianconera con le righe strette/larghe/mediolarghe/sembranoquelledell'Ascoli, da pre-allenamento, da allenamento, da dopo allenamento, da pippata nel privè.

Ma allora chi tifa per la Juventus? Non per le figurine, ma per quel concetto di Juventus che noi maledettissimi viviamo in prima persona? La verità è che, forse, quell’idea sta morendo e sta diventando oggetto di mercificazione in negativo. Al giorno d'oggi, il cosiddetto “stile Juve” è diventato raro come il Panda playboy e quel che ne rimane svolge nei media il cosiddetto ruolo di puttana: cori razzisti? Ecco la Juventus con i suoi tifosi. Falso in bilancio? Ovvio, Juventus. Doping? Puntata speciale sulla Juventus con santificazione di Zeman, sorrisini d'intesa, perizie mediche. Morti da stadio o antistadio? Troppo facile, Heysel e santosubito Gabbo. Rimesse invertite? Ladri, Roma-Juve, ladri! Corruzione? Juventus, Totò Riina e il Gatto e la Volpe. Prostituzione? Juventus (Viva Lain...). Snasate di bamba? Juventus (Vialli, Iuliano, Padovano...). 2012? Juventus. Ozono? Juventus. Aviaria? Juventus. Bruciore al culo? Juventus. Che cazzo di mondo di merda, sono alto come Ping Ping, puzzo come un caprone, mi manca un ginocchio, ho gli occhi di Willy l'orbo, le mani di Elephant Man, i capelli di Moira Orfei e non trovo una figa da scopare? Juventus.

Siamo la medicina per i frustrati sportivi, siamo i 3 minuti d'odio di Orwell, siamo la donnaccia all’angolo che tutti fottono per sfogarsi e poi tornare dalla moglie.

Questo mi causa sofferenza, una sofferenza sorda e inesprimibile. E' così signori miei: oggi mi rendo conto di aver sofferto più di quanto ho gioito. E' la realtà.

Ma c'è n’è un’altra, di realtà. Vedo di spiegarvi anche questa.
Settimana scorsa ero da un cliente, rientro in ufficio e come apro Internet leggo dell'assoluzione della Triade. Non ce l'ho fatta, sono scappato in bagno e ho pianto. Ho pianto come un babbeo, ma è stato più forte di me. Non me ne è mai fregato nulla dei Moggi, dei Giraudo, dei Bettega. Mi è sempre e solo fregato della Juventus. Juventus come stile di vita, come saper vincere e saper perdere, come rispetto dell'avversario, come civiltà ed educazione, come sogno di bambino. L'assoluzione era un altro passo verso la verità, verso il ripristino di questi valori. Ma all'euforia data dalla notizia è subentrata la solita rabbia: da una parte io, Voi, il Team, dall'altra i nostri rappresentanti/carnefici, le falsità della tv e dei giornali. All'esterno la Juve non trasmette quei valori, è solo e semplicemente una prostituta, una barzelletta per interisti.
Stasera, poi, nei commenti alla partita di Cagliari su alcuni siti mi è capitato di leggere "Juventino diventi pazzo, senza Moggi non vinci un k...!", "ladro rubentino, sono finiti i tempi delle ruberie", "ridicoli, non vi si vede neppure col binocolo". La cosa che mi sconvolge è che, con l'informazione che viene data e con le "verità" che vengono fatte passare, hanno ragione loro.

La colpa non è dei tifosi avversari: si è raccontato loro che rubavamo e, ora che la cupola è stata smantellata, si comportano di conseguenza. Io non soffro certo per le loro parole, all'invidia e alle maldicenze uno juventino vero è vaccinato.
Soffro perché quella squadra è simbolo di uno stato d'animo e di una condotta di vita che sento mia, maledettamente mia:
“L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un impasto di sentimenti, di educazione, di bohémien, di allegria, di affetto, di fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare” - Enrico Canfari (primo presidente della Juventus F.C.)