Quelli del "tutti innocenti, Moggi colpevole"

travaglioSe le strane coincidenze delle “scomparse” di Mughini e Beha dalla televisione avevano fatto pensare a due chiari “sintomi” di quella brutta malattia che ormai ha ridotto in fase terminale il calcio italiano, e cioè il sentimento popolare, abbiamo avuto anche la conferma dell’ipotizzato orientamento preso dalla nostra sempre più cara stampa nel trattamento dei fatti noti a noi juventini veri. E’ parso palese come l’oblio mediatico in cui i media avevano avvolto Farsopoli in questi quattro anni si fosse improvvisamente rotto con l’acquisizione da parte del Tribunale di Napoli delle intercettazioni “inedite” scovate dalla difesa Moggi, intercettazioni incredibilmente ignorate dai “magnifici” 12 del colonnello Auricchio, ma soprattutto con il mutato atteggiamento della nuova Juventus del Presidente Agnelli sulla questione. Cambio di rotta che è consistito, come era ampiamente prevedibile, nel tornare prepotentemente sulla colpevolezza e l’astuzia di Moggi e dei suoi avvocati e minimizzare le nuove registrazioni (seppur più gravi delle precedenti) con argomentazioni insufficienti. Ha del capolavoro in chiave paradossale il tentativo di far credere cruciale ai fini del coinvolgimento dell’Inter la gettonata frase “Metti Collina”, ignorando tutte le altre intercettazioni che riguardano l’Inter e soprattutto ignorando il fatto che la parola “metti” la pronunci Facchetti. Roba che avrebbe fatto sentire un principiante lo stesso Zenone di Elea, uno che di paradossi se ne intendeva.
Negli ultimi giorni tutto ciò è stato suggellato da due interventi che hanno fatto il giro dei forum Juventini (dove sicuramente non hanno ricevuto plausi): il primo è del “Riformista” di Antonio Polito, il secondo, quasi a sacralizzare l’atteggiamento da tenere, è del vate dei farsopolari, dell’eroe che ogni antijuventino cita orgoglioso quando ha finito le argomentazioni (cioè prima di iniziare a parlare): Marco Travaglio. Per quanto riguarda il Riformista, nella pagina dei commenti del 16 Ottobre campeggia un articolo dal titolo: "Facchetti e il lato oscuro delle intercettazioni". Premettendo che le riflessioni fatte prima sul “Metti Collina” valgono anche per questo caso, sarebbe forse interessante provare a fare qualche modifica all’articolo del Riformista. Vediamo come suona:

"La madre di tutte le intercettazioni, come fu definita la famosa 'grigliata' Moggi-Bergamo, è sempre stata la madre di tutte le bufale. Ma, come sempre accade quando la verità giudiziaria smonta una verità mediatica, non merita più di un articoletto sul giornale. Perché il mondo dell'informazione ha le sue regole, e non può essere sporcato dalla verità. E così ormai conta poco sapere che Moggi e Bergamo discutevano di arbitri e griglie in quella conversazione telefonica malamente trascritta ed erroneamente riportata dai quotidiani, bensì importa considerare che il sorteggio arbitrale non è mai stato truccato in quella stagione, come confermato da una sentenza del Tribunale di Roma e dal processo di Napoli. Ma chi se lo ricorderà mai, dopo che giornali e tv in questi anni hanno dedicato paginate e servizi per sottolineare come la Juve fosse solita brigare per avere arbitri “amici”? Proprio la vicenda Moggi…".

Non so se questo umile “riarrangiamento” rispetti le “regole dell’informazione” di Polito e del suo Riformista, ma di certo cozza con l’atteggiamento auricchiano dell’originale. Ebbene sì, la pratica Auricchio del tenere questo e scartare quello va molto di moda presso la stampa ed in particolare in questo caso. E non solo per il fatto che il resto delle intercettazioni di Facchetti non è menzionato, ma soprattutto per il fatto che la presunzione d’innocenza è un lusso che né questo né altri giornali hanno quasi mai riservato a Luciano Moggi. Questi sono atteggiamenti non proprio conformi all’etica giornalistica, che pure tra le regole dell'informazione è una delle più importanti. Ma Polito pare essere interista e, si sa, a volte il cuore va oltre la ragione. L’altro interista (quantomeno ad honorem) nonché juventino rinnegato (per la serie meglio soli che male accompagnati) Marco Travaglio, si conferma un grande applicatore del metodo Auricchio, quando il giorno prima (15 Ottobre) nell’articolo “Balle spaziali" sul Fatto Quotidiano sottolinea la vicenda del “Metti Collina” nello stesso senso del collega Polito. Ma cosa potevamo aspettarci dal novello Cicerone, dopo i pamphlet riservati in tempi non sospetti al “Marco Antonio” Moggi, dopo i famosi video su Youtube tanto cari ai nerazzurri, dopo tutto quello che ha detto e scritto il teorico della versione mafiosa e piduista di Lucianone? Tutto ovviamente in pieno stile auricchiano, come conferma anche un altro libro di Travaglio, che si occupa di tutt'altro (malefatte politiche), ma dove il nostro eroe riesce ancora una volta ad infilare la sua ossessione di Monticiano. Anzi, gli dedica una buona parte di un intero capitolo dove racconta i fatti del 2006, intitolato proprio “Calciopoli”. Facile immaginare cosa ci si possa trovare. “Controllo militare di Luciano Moggi sui designatori”, asservimento totale allo stesso di gran parte del giornalismo (che coincide in pratica con il solo Biscardi), conoscenze politiche, controllo del mercato tramite la Gea, oltre all’analisi delle posizioni delle altre squadre coinvolte. Insomma una raccolta dei “must” farsopolari. Ma all’inizio il paladino della libera informazione italiana cita un documento a noi caro: la richiesta di archiviazione della Procura di Torino nella persona del procuratore-capo Marcello Maddalena, documento del quale riporta uno stralcio di pagina 34:
"Ovviamente, il sottoscritto Procuratore si rende perfettamente conto che, anche se non sono emersi fatti penalmente rilevanti, lo "scenario" risultante dal presente procedimento è quanto mai 'inquietante'. Perché è inquietante che la salute di un giocatore sia considerata meno importante di un positivo risultato sportivo in quello che è pur sempre un giuoco. Ma soprattutto perché è inquietante che un dirigente di società come il MOGGI possa, da un lato, puntualmente ottenere dai vertici arbitrali le designazioni a lui gradite nei casi in cui il sistema lo consente (come avviene per le amichevoli) e dall'altro vantarsi, parlando con dirigenti della Federazione, di poter 'far cacciare' uno dei due designatori arbitrali. […] Le possibilità di influire su Pairetto là dove il sistema lo consente non sono, come si è visto, millanteria ma dato reale, preciso e provato (almeno in una occasione) in maniera indiscutibile. […] Una simile situazione, obbiettivamente anomala, è sicuramente cosa che merita attenzione da parte dei competenti organi della Federazione italiana giuoco calcio.".
A parte che qui il procuratore si riferisce "ai casi in cui il sistema lo consente", ovvero le amichevoli (con una pratica diffusa e regolamentata dalla Figc), ma la cosa che sbigottisce di più è che lo stesso documento, solo due pagine prima (pagina 32), manco a farlo apposta, parlando del rapporto tra Moggi e Pairetto, recita testualmente: "E allora, ferme restando tutte le perplessità che suscita l'eccessiva contiguità tra il designatore arbitrale Pairetto ed i dirigenti della Juventus, rimane la considerazione - obbiettiva - che di quattro partite di campionato giocate ad intercettazioni in corso, e quindi possibili oggetti di frode sportiva, su tre non si sono registrati commenti di alcun genere idonei a supportare l'ipotesi di reato, e su una - appunto Sampdoria-Juventus - sono state invece registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode, ma da esse non solo non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì piuttosto elementi di prova di segno contrario.".

Et voilà: un esempio lampante di metodo Auricchio. Ma come è possibile che questa pagina sia sfuggita a Travaglio? Non è famoso per il piglio e lo scrupolo con cui conosce le carte? O anche lui riteneva questo passaggio irrilevante? Penso che questo episodio sia esemplificativo del comportamento tenuto dai “sentimentalisti” e giustificato intellettualmente dal loro “sacerdote”.
E pensare che ne ho sentite di tutti i colori discutendo con i suoi fans. C'è chi lo considera l'ultimo baluardo della libera informazione (se non addirittura della legalità in Italia), c'è chi ormai lo mette sullo stesso piano del suo maestro Montanelli o di Enzo Biagi, c'è chi va addirittura a scomodare Falcone e Borsellino. Certo, ognuno è libero di pensarla come vuole, ma almeno in uno di questi paragoni c'è una contraddizione lampante. Come facciamo a conciliare le opinioni di Travaglio e di Biagi su Farsopoli? E a costo di apparire noioso e ripetitivo ripropongo la famosa intervista di Biagi di quattro anni fa sull'argomento, parole che rimarranno scolpite nella storia del giornalismo italiano come esempio di anticonformismo e amore per la verità. Allora forse è lecito supporre che i violenti attacchi del giornalista torinese nei confronti della Juventus possano essere dovuti alle questioni personali dello stesso con i dirigenti a noi cari. Ma la colpa più grande del giornalismo italiano "di regime" non era forse quella di compiacere i propri interessi e quelli dei propri editori? Nel caso in cui non fosse così, dovremmo arrivare a supporre che anche il compianto Enzo si sarebbe allineato alle (molto, troppo ipotizzate) pressioni sulla stampa del tentacolare Lucianone. Chissà se Travaglio lo ha mai pensato...