Il lavoro di Monsieur Blanc vale quello di 230 dipendenti?

blancTra le tante assurdità della Newventus a cui abbiamo dovuto assistere in questi ultimi tre anni e che hanno fatto strame di una straordinaria storia centenaria, una, non meno importante per tanti piccoli azionisti juventini, è legata agli emolumenti riconosciuti al nostro, si fa per dire, “trinariciuto” manager di Chambéry.
Orbene, non molto tempo fa, esattamente il 27 ottobre scorso, nel corso dell’Assemblea degli Azionisti della Juventus F.C., il sottoscritto, nel corso del suo intervento, domandava ufficialmente ai membri (eufemismo) del CDA:
“E sempre a proposito di emolumenti, (si veda pag. 92 del Progetto di Bilancio) Vi chiedo di spiegarmi quali sono gli obiettivi specifici al raggiungimento dei quali il Presidente/AD percepirà un addendum al suo non trascurabile stipendio (3 milioni di euro)? Essi sono misurabili?
Sarà un Organismo indipendente, di parte terza, a misurare tale raggiungimento? Inoltre, sono state fissate in modo puntuale e inequivocabile le performances dei risultati economici della Società, cui ancorare il compenso addizionale dell’AD?”
Fin qui le nostre domande sensate e trasparenti di sostenitori e soprattutto azionisti della Newventus, nei confronti dell’immenso peso manageriale attribuito al nostro manager di Chambéry che è stato pagato più di Brenno, il nefasto capo gallico, ricordate?
Quello del sacco di Torino, pardon, di Roma e delle mille libbre d’oro!
Proprio quello che pronunciò la famosa frase “Vae Victis!” (guai ai vinti!)… pensate un po’ a quanti ricorsi storici!
Allora le nostre domande non ci parevano contenere alcunché di irriverente o scandaloso, anzi erano orientate alla trasparenza delle notizie e dei comportamenti della nuova Juventus, specie se confrontato con le “porcherie” che la nuova società attribuiva alla vecchia Triade (absit iniuria verbis!).
Quale occasione migliore per dimostrare che non solo i muscoli dei nostri giocatori, ma anche le decisioni della Newventus erano trasparenti come il cristallo!
La risposta, anche a fronte della nostra tenace ma garbata replica nel voler sapere, era consistita nel riaffermare che “questioni di privacy” (sic! letterale) impedivano agli azionisti di conoscere le modalità (insomma il come, non solo il quantum) cui veniva ancorato questa additional compensation.
E allora com’è finita la querelle che tanto aveva disturbato i vertici del CDA?
La risposta è proprio di questi giorni.
L'altro ieri la notizia che Governo e Bankitalia hanno deciso di fissare nuove regole sugli stipendi dei manager delle società quotate in Borsa.
Il Governo ha deciso, adeguandosi alla legge comunitaria, statuita dal CESR, The Committee of European Securities Regulators (Comitato di coordinamento fra le autorità di vigilanza sui mercati finanziari della Ue), di emanare un decreto per imporre alle società quotate in Borsa di pubblicare i dettagli dei compensi corrisposti ai propri manager.
Un ampliamento fondamentale di quanto stabilisce da tempo il “Regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti” adottato dalla Consob), che all’art. 78 recita:
Gli emittenti azioni indicano, nelle note al bilancio, nominativamente e secondo i criteri stabiliti nell'Allegato 3C, i compensi corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai direttori generali, a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma, anche da società controllate. I compensi corrisposti ai dirigenti con responsabilità strategiche, a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma, anche da società controllate, sono indicati a livello aggregato.
Nel Testo si stabilirà che le società quotate dovranno rendere pubblica una dettagliata relazione sulle remunerazioni, che illustri la politica perseguita nel corrispondere le remunerazioni ai manager, cioè non solo quanto guadagna un manager, ma anche come guadagna.
Quanto è fissa, quanto è variabile, e in base al raggiungimento di quali obiettivi essa varia!
E, udite, udite, le modalità di retribuzione dovranno essere approvate non solo dal CDA, ma, esplicitamente, dall’Assemblea degli azionisti!
Quanto sopra serve a implementare la trasparenza e permettere in questo modo agli azionisti (specie i piccoli, non protetti da liste di sindacato) di verificare che gli stipendi concessi ai manager siano effettivamente legati ai risultati dell’azienda, specie nel medio termine e non soltanto a breve, cioè riflettano andamenti positivi stabili dal core-business.
Immaginiamoci, con il decreto approvato, cosa potrà succedere nella prossima Assemblea del 2010, alla luce del fallimento sportivo di quest’anno!
E allora, sentite un po’ che cosa il ministro Giulio Tremonti, alla riunione dei ministri finanziari dell'Ue, nell'Ecofin del 14 maggio 2009 diceva a proposito delle remunerazioni dei manager:
"Sono diventate una cosa mostruosa, non c'è più un rapporto chiaro fra risultati conseguiti e stock option. Secondo me non è giusto darle in questo modo, anche a gente che sta rovinando aziende, e in ogni caso non è giusto fargliele pagare, in termini fiscali, meno di quello che pagano i loro operai sul mercato. Ci vuole una "aliquota della malora", invece".
A noi inguaribili ju29ri suggerisce qualcosa questa considerazione che dovrebbe far fischiare le orecchie a più di un mago del management di Corso Galfer? Ma non è finita qui, perché c’è un’ultima chicca che fa capire qual è il clima manageriale che si respira e le modalità che si praticano dalle parti del Lingotto e dintorni (Corso Galfer, per intenderci).
Andando a consultare la gold list 2005 degli emolumenti dei manager (consultando i bilanci delle società quotate e altri documenti), il primo della classifica è stato un manager di fondamentale importanza per la Fiat e il gruppo che ruota attorno alla famiglia Agnelli.
Indovinate un po’…
E’ Gianluigi Gabetti, numero uno della ex Ifil (ora Exor), la finanziaria di famiglia dell'algido John, azionista di maggioranza della Newventus.
L’ottantatreenne manager - regista della contestata operazione Ifil-Merril Lynch con la quale Ifil riuscì a mantenere il controllo dell’azionariato Fiat nel 2005 (anno ante farsopoli) - ha ricevuto un premio fedeltà (per il mancato pensionamento) di 15 milioni di euro che, sommato al suo compenso annuale, lo ha portato a incassare la cifra astronomica di 22 milioni di euro!
Dovremmo dire che …chi va con lo zoppo impara a zoppicare, ma anche che chi va al mulino si infarina; peccato che tutta la nube sprigionatasi da questo derivato del cereale abbia non solo sporcato i vestiti del nostro manager di Chambéry, ma gli abbia anche confuso le idee su come far tornare a vincere la nostra Juve!
Se poi volessimo pensare non solo ai risultati sportivi fallimentari, ma anche ai risultati economici fallimentari (acquisti sballati, svalutazione del parco giocatori, azioni societarie deprezzate), di cui si è macchiato il nostro manager di Chambéry, dovremmo fare un’altra considerazione, direttamente derivante dai suoi emolumenti, e cioè che il suo guadagno annuo di tre milioni di euro corrisponde esattamente a quanto guadagnano in un anno 230 dipendenti con contratto di lavoro standard!
Come dire che, con il suo stipendio e praticamente da solo, Monsieur trexuno avrebbe potuto giocare in serie A, in Primavera, allenare, preparare, curare, mantenere i campi, pulire la sede, organizzare le gare, far di conto, stilare projettì, rilasciare interviste, ma, soprattutto…VINCERE!