Con Knezevic, le cose son proprio cambiate

Dario KnezevicAlla fine abbiamo avuto il tanto sospirato difensore. Si tratta del croato Dario Knezevic, classe 1982, ex livornese cresciuto nella squadra della sua città, il Rijeka. Dal punto di vista tecnico il giocatore è in grado di disimpegnarsi anche in fascia ma la sua collocazione prediletta resta al centro della difesa. Buon fisico (1,84m x 74Kg.), discreta personalità, si segnala in Patria ottenendo due successi in Coppa di Croazia (2005, 2006) con il club fiumano e ciò gli vale la convocazione con la Nazionale dalla maglia a scacchi biancorossi, con la quale si fa notare proprio contro l'Italia neo campione del mondo, alla prima uscita con il nuovo ct. Donadoni. La gara si disputa a Livorno il giorno dopo Ferragosto 2006, Lucarelli è in campo e il buon Dario gli mette la museruola. Finisce 2-0 per i croati e il centravanti labronico caldeggia l'acquisto di Knezevic al suo presidente Spinelli. Detto e fatto: il croato veste la maglia amaranto ma si infortuna e, nella prima stagione livornese, totalizzerà 11 presenze segnando un gol.
Nell'ultima stagione la salute lo assiste e lo score recita: 35 presenze e 3 reti, ruolino non disprezzabile per un difensore, ma la cosa che più preoccupa è la retrocessione del Livorno, non da imputarsi esclusivamente al neo juventino, ci mancherebbe, ma caratteristica che lo accomuna all'altro rinforzo di spessore (?) per il reparto arretrato, lo svedese Mellberg, che pure di retrocessioni se ne intende.
Le prime parole di Knezevic da juventino sono state "La Juve è il mio sogno" , sicuramente poco originali ma tant'è. Il dottor Agricola ha confermato che l' infortunio patito al recente Europeo con la maglia della Croazia (3 gare, due da subentrato) non è da considerarsi grave: un problema di natura ossea e non legamentosa (come apparve dai primi bollettini), guaribile in tempi ragionevoli. Almeno da questo lato, ovvero il rischio di un nuovo caso Andrade sembrerebbe scongiurato.
La cosa più bizzarra e grottesca di tutta la trattativa che si è svolta tra appostamenti notturni, intrighi, conferme, smentite, gialli presunti, firme presenti o mancanti, è che tutto ciò sia stato fatto per sbaragliare la concorrenza di un avversario temibilissimo, dal potere economico di prim'ordine e dal fascino sublime: il Torino di Cairo.
Quarantacinque anni fa Bob Dylan cantava "The times they are a-changin'", i tempi stanno cambiando. Il suo era un inno alla speranza, il nostro era un atroce dubbio. Dubbio che ci siamo sentiti ronzare in testa da un paio d'anni a questa parte, dopo Calciopoli, anche se i più indulgenti tra i tifosi juventini continuavano a concedere credito alle mosse di mercato della Nuova Juventus.
Chi ha visto Chiellini all'Europeo, dove si è consacrato a livello internazionale come centrale di sicuro affidamento, confidava in un investimento che gli garantisse un partner all'altezza. Ebbene, siamo costretti a scomodare ancora il vecchio Dylan, citando un pezzo non certamente tra i più memorabili della sua produzione, malgrado gli sia valso l'Oscar, ma che dopo questa campagna acquisti potrebbe diventare più di un inno per i tifosi bianconeri. Il brano si intitola "Things have changed", ed è veramente simbolico, per noi passati da Ferrara-Montero e Thuram-Cannavaro, ai Legrottaglie e Boumsong, Grygera e Andrade, Mellberg e Knezevic.
E' proprio vero: "Things have changed", le cose sono cambiate. Decisamente, in peggio.