Pensavo fosse alleanza e invece era un calesse... anzi un’auto

agnelli elkannI fatti recenti riguardanti la Juve e la “particolare” considerazione di cui, a partire da quei fatti, è stata oggetto la società in campo e fuori dal campo, e cioè tra gli arbitri, tra i dirigenti o tra i proprietari di altre società, nell’ambito della FIGC, ma soprattutto sui media, richiedono necessariamente una più attenta rilettura e valutazione della “notizia” circolata (o fatta circolare?) a partire dagli ultimi mesi del 2009, che accreditava l’esistenza di un sopraggiunto sodalizio tra John Elkann e Andrea Agnelli.
Un sodalizio con cui Andrea aveva ottenuto, per sé, una maggiore partecipazione diretta nella gestione di talune delle attività della Famiglia, e, apparentemente, anche la direzione di quello che era il "giocattolo di lusso" degli Agnelli, ovvero la Juventus.
Meno prosaicamente, però, bisognerebbe osservare che in realtà Andrea è stato sì coinvolto nella galassia degli interessi familiari, ma molto più limitatamente ed in ruoli molto più marginali rispetto a John; e anche per quanto riguarda il governo della stessa Juventus, la presidenza di Andrea è comunque l’espressione di un ruolo sostanzialmente di mera rappresentanza che non piuttosto di autonoma e piena capacità decisionale ed operativa.
Tra l’altro, il sopra citato sodalizio tra i due eredi di Gianni e Umberto è stato non casualmente definito “sopraggiunto”, visto che ai tempi dello scoppio dello scandalo di Calciopoli esso non esisteva affatto; per la precisione, anzi, Andrea, a seguito di quanto accaduto nell’estate di quel 2006, fu messo nelle condizioni di doversi allontanare da ogni incarico all’interno del mondo FIAT/IFIL e di doversi occupare a tempo pieno esclusivamente della sua LAMSE. Fatto sta che, da quel momento in poi, John ha dovuto fronteggiare diverse “grane”: la faccenda dell’equity-swap, la querelle ereditaria che ha fatto tra l’altro emergere la vicenda di quel miliardo e quattrocentomilioni di euro, per così dire, “dimenticati” all’estero, e qualche altra situazione non propriamente foriera di consenso popolare e positiva immagine relativamente alla FIAT (il recente “caso Melfi” e la ridefinizione delle condizioni di lavoro degli operai all’interno delle fabbriche).
Per le vicende riguardanti il mondo FIAT, a parare gli assalti di probabile impopolarità, John ha potuto schierare in difesa il campionissimo Marchionne, i cui interventi in tackle, non sempre completamente ortodossi e inappuntabili, sono stati comunque benevolmente valutati dai media.
Per le altre due vicende, soprattutto quella ereditaria, c’era da parare non solo il possibile “sgradimento” della pubblica opinione (rispetto al quale il come sempre pronto, “attento” e “fedele” intervento dei media avrebbe potuto essere positivamente risolutivo), ma soprattutto il rischio di qualche malumore e di qualche irrequietezza tra i membri della Famiglia: in quel contesto, ahimè, poco avrebbero potuto esser d’aiuto sia Marchionne sia qualche esemplare editoriale su La Stampa o sul Corsera.
E a rendere ancora “più interessante” (in senso confuciano) quel frangente della vita di John ci si era messa pure quella Nuova Juventus nata dalle macerie di Calciopoli, da lui voluta assolutamente diversa da quella della Triade; peccato per John che quella sua Nuova Juventus, pur risultando tanto simpatica e pertanto tanto gradita a quella metà di italiani non tifosi dei colori bianconeri, si fosse rivelata tanto “imbarazzante” per i suoi sostenitori, al punto tale che anche gli entusiasti della prima ora (quelli del “John uno di noi”) avevano cominciato a manifestare dalle curve esprimendosi in modi sicuramente non riscontrabili nei modelli comportamentali citati nel Galateo e urlando slogan decisamente di non apprezzamento nei confronti della società bianconera.
Chissà, forse Einsten sbagliava quando affermava che “Dio non gioca a dadi con l’universo”, perché per John dev’essere stato veramente un evento di straordinaria casualità, in quel frangente di grattacapi montanti, il manifestarsi della presenza di Andrea accanto a lui per, come dire, aiutarlo a levare le castagne (a quel punto decisamente bruciacchiate) dal fuoco.
Infatti subito gli agitati tifosi juventini si sono rasserenati e pacificati; e la generosa disponibilità mostrata a quel punto da John, oltre che nei confronti di Andrea, anche verso gli altri membri rappresentativi della Famiglia, aveva sgombrato le nubi del malumore e dell’irrequietezza favorendo la positiva conclusione anche di tutte quelle altre vicende che avevano così tanto tediato John nei mesi precedenti, rischiando di distrarlo in quella fase in cui andava a compiersi la sua “mission” di successione al nonno Gianni, all’Avvocato.

E quindi, allora, dovremmo ritenere che le voci su quel “sodalizio” tra Andrea e John siano davvero fondate?

Al tempo, non precipitiamo le conclusioni.

Intanto sarebbe bene ricordare che abbiamo sentito Andrea, in alcune sue dichiarazioni ed in alcune particolari circostanze della sua presidenza juventina, fare riferimento al fatto di agire in accordo con John; dall’altra parte però, pensandoci bene, ma proprio bene bene, non risulta che John abbia mai detto esplicitamente, chiaramente, di condividere, in pieno accordo, l’operato e le decisioni di Andrea.
Infatti le uniche parole spese pubblicamente da John anche, ma non solo, verso Andrea erano di considerazione positiva per il fatto che, nella gestione delle “cose di famiglia”, venivano inseriti, come già detto sopra, alcuni membri “rappresentativi” dei vari rami della Famiglia: siamo sicuri che quella faccenduola del miliardo e quattrocentomilioni di euro di cui si è detto sopra sia riuscita a dischiudere orizzonti insospettati nelle strategie di medio-lungo periodo di John.
E constatata la grande passione del cugino verso i colori bianconeri, è stato abbastanza naturale affidare, tra le “cose di famiglia”, proprio la Juventus proprio ad Andrea. Se poi quella decisione sia stata, come dire, agevolata da qualche umore popolare emerso in quei giorni tra la fine del 2009 ed i primi quattro mesi del 2010, perché meravigliarsi?
Anche il grande nonno Gianni aveva deciso qualcosa dello stesso tipo nel 1994, no?
È proprio una precisa prerogativa del rappresentante ufficiale della Famiglia non ignorare, anzi, saper bene interpretare gli umori popolari, nei propri processi decisionali in alcuni momenti particolarmente importanti.

Però gli affetti sono una cosa, ma gli affari sono pur sempre affari.

E dunque, va bene far vestire la divisa del comandante supremo bianconero al cugino Andrea; ma le chiavi della cassaforte sarebbero comunque rimaste nelle mani di John.
Così come va bene introdurre nel Consiglio di Amministrazione della Juventus qualche membro amico di Andrea, meglio se illustre (sempre secondo il principio di non ignorare quegli umori popolari di cui sopra), per non farlo sentire troppo solo: ma continuando comunque a detenere, anche in quell’ambito, il complessivo controllo della situazione con la presenza in maggioranza dei propri uomini di fiducia.

Business is business: anche per una cosa apparentemente frivola come può essere la Juventus; e soprattutto dopo quel che è accaduto nell’estate del 2006.

Va bene, allora, forse non sarà stato del tutto disinteressato il sodalizio, però, insomma, alla fine è pur sempre un sodalizio; o, se vogliamo usare un’espressione forse meno suggestiva ed evocativa a livello popolare, ma certamente più realistica, definiamola pure “un’alleanza d’interessi”.

Ma siamo sicuri? Perché ho ancora l’impressione che qualcosa non quadri?

Vediamo: una sopraggiunta “alleanza d’interessi” fra due persone è funzionale, per entrambi, fintanto che sussistono quelle condizioni che hanno originato quell’alleanza; quelle condizioni servono da “motivazione” per entrambi a far sì che l’alleanza comunque funzioni.
Ma se le condizioni cambiano, e quindi se l’equilibrio motivazionale tra i due cambia, una delle due parti comincerà a chiedersi sempre più insistentemente se gli conviene continuare a supportare quell’alleanza o se cominciare piuttosto a disimpegnarsi.
Se poi “il rapporto di forze” iniziale tra i due non era propriamente paritario e se la proposta di alleanza è venuta dal più forte, è fatale che quando la motivazione si esaurisce, l’alleanza segua la stessa sorte.

Questo, poi, sempre che si tratti, davvero, di un'alleanza di interessi; ed io, francamente, non mi sento neppure soddisfatto da questa chiave di lettura.
Già, perché, per quanto possa essere inizialmente squilibrato il “rapporto di forze” tra le parti, è ragionevole pensare che se davvero sussiste l’alleanza e davvero la si vuole far funzionare, ciascuno deve fare la sua parte per supportarla.
Ora, veniamo alla presunta alleanza tra John e Andrea: è notorio che la Famiglia Agnelli, e quindi il suo rappresentante ufficiale John Elkann (che della Famiglia detiene il bastone del comando) sia, come dire, “di casa” a La Stampa, che è di sua proprietà; ma John è di casa anche al Corsera, alla Gazzetta dello Sport ed in generale al Gruppo Editoriale RCS visto che FIAT/EXOR occupano una delle poltrone più importanti (se non proprio la più importante) nel patto di sindacato che controlla il gruppo; e certamente non è un estraneo all’interno delle testate del Gruppo Editoriale Espresso-Repubblica, visto che il co-fondatore del gruppo fu il Principe Caracciolo, fratello di sua Nonna Marella.
E quanto sia di casa il buon vecchio John, tutte le testate glielo hanno fedelmente dimostrato fin da quando ha compiuto i primissimi passi succedendo al suo adorato nonno Gianni; e anche, e soprattutto, dopo.
Bene, a questo punto il sillogismo dovrebbe essere: i media vogliono bene a John, John è amico ed alleato di Andrea, Andrea è il presente della Juventus e la Juventus è in questo momento immagine di Andrea, e in conclusione, i media, quei media, vogliono bene ad Andrea ed alla Juventus.
Un momento, le cose non stanno così, manco per niente: una delle pochissime certezze assolute di questi giorni è che i media, in particolare quei media, non perdono alcuna occasione per sparlare della Juve (nel caso, alla bisogna, creandola pure quell’occasione); ed in quelle circostanze certo Andrea la figura dello splendido non ce la fa, pur se, ovviamente, “est modus in rebus”, e dunque non è che venga platealmente messo alla berlina (almeno finora...).
Comunque, rimaniamo sul punto, torniamo al sillogismo: il suo costrutto è corretto.
Quindi, data la conclusione, dev’esserci qualcosa che non va con le singole proposizioni.
Vediamo:
1) “i media vogliono bene a John”: e vabbè, questo è pacifico.
2) “John è amico ed alleato di Andrea”: beh, questa è l’ipotesi di studio, in corso di verifica....
3) “Andrea è il presente della Juventus e la Juventus è in questo momento immagine di Andrea”: direi che anche questo è oggettivamente vero.

E quindi, a meno che adesso non vogliamo buttare all’aria duemila e passa anni di pensiero logico, da Aristotele ai giorni nostri, direi proprio che, se la conclusione di una concatenazione di implicazioni si rivela falsa (“i media, quei media, vogliono bene ad Andrea ed alla Juventus”), allora, necessariamente, almeno una delle tre proposizioni in premessa non doveva essere vera.

Di due, siamo assolutamente sicuri siano vere.

Ne rimane solo un’altra, la cui verità, a pensarci bene, ci è stata curiosamente testimoniata solo dai media, da quei media...
...a questo punto, o Aristotele non ci ha mai capito niente di logica e persino i computer oggi riescono a funzionare non applicando funzionalmente e correttamente la logica, ma in base a chissà quale fortunato, casuale e del tutto misterioso arcano....
....oppure, invece, il presunto sodalizio, o la presunta “alleanza di interessi”, tra John e Andrea sono, appunto, soltanto e nient’altro che presunti.