Juve-Inter e quella sana normalità di una volta

interista piagnoneE rieccoci qua, cinque anni e un giorno dopo. Tanti ne sono passati dall’ultimo derby d’Italia "normale". Era il 12 febbraio del 2006, stadio San Siro. Del Piero che la mette nell’angolino a cinque dalla fine. Perché quella era l’epoca degli Inter-Juve banali, come solo la normalità sa esserlo. E la fuga dalla banalità era il colpo di classe, la stoccata geniale, come la punizione del capitano. La banalità delle cose normali: noi avanti e loro a inseguire, a distanza di sicurezza quando andava bene (a loro). Noi a vincere e loro a piangere. Rigori, falli laterali, fuorigioco, punizioni di seconda: tutto fa brodo quando sei perdente dentro.
Poi quel maggio. E da lì un Inter-Juve diversa ma mai banale, proprio perché anormale. Hanno cambiato le carte in tavola, chi dominava ora arranca, i perdenti trasformati in vincenti, con e senza cartone. Il mondo capovolto, e da lì dieci derby d’Italia alla rovescia. Sette in campionato e tre in Coppa Italia, due volte vincitori noi, quattro loro e altrettanti pareggi. Ma nulla che ricordasse la sana vecchia banalità di una volta. Sarà mica normale se pareggi al 92' con Grygera, se segnano Boumsong o un certo Maniche, o addirittura Muntari svirgolando il pallone? Suvvia, non c’è più religione.

E quindi, dicevamo, siamo a undici. L’undicesimo Juve-Inter post-Farsopoli. I motivi sono i soliti, da cinque anni a questa parte. Una sfida che parte da lontano, da un’estate che ha rovesciato il tavolo e un lustro di strascichi che non accennano a sopirsi. Se nel 2007 cercavamo vendetta sul campo dopo un anno di rincorsa partita da Rimini, adesso ci si rimpalla gli scudetti. E qui, almeno, un po’ di normalità: noi rivogliamo quelli che abbiamo vinto, loro quelli dove sono arrivati terzi. Un sentito grazie al loro uomo simbolo per la capacità di strapparci qualche sorriso anche nei momenti bui.
L’esposto della Juve per ottenere la revoca dello scudetto da cartoleria (o da segreteria, se a loro piace di più) è l’argomento nuovo di questa stagione, che fa da sfondo al derby d’Italia del 13 febbraio 2011, cinque anni e un giorno dopo. Hanno detto la loro due personaggi che più diversi tra loro non si può, Buffon e Nedved. Due che in un certo senso sono l’emblema di questo Juve-Inter in bilico tra la normalità di una volta e l’anormalità non banale di oggi. Il primo ha sparso sorrisi e buoni sentimenti da par suo, cercando (e ottenendo) come d’abitudine il consenso del campo avverso tra lodi sperticate alla “squadra più forte del mondo” (sic) e inviti a guardare avanti fieri e sorridenti. A Pavel, dal canto suo, di cercare gli applausi dei nemici non glien'è mai fregato granché, e sorrisi e cordialità non erano certo il suo pane. Per forza: per loro era un cascatore, quando andava bene, e uno che entrava sulle gambe di qualche portoghese a fine carriera, quando buttava male. Loro lo menavano per mezz’ora e lui li infilava da 20 metri, proprio mentre sembrava lì lì per essere sostituito. Non sorprende, allora, che apprezzi il “guardare indietro” del suo amico Andrea Agnelli, che dica di preferire farsi valere all’essere simpatico e che quando gli chiedono cosa gli piace dell’Inter non si faccia alcun problema a rispondere con un melodico “niente”.
Ha parlato anche il loro presidente (che non passi uno Juve-Inter senza le sue perle…), ma in questo caso preferisco soprassedere: di favolette non mi occupo più da qualche anno.
Sul piano strettamente tecnico, avremo di fronte un’Inter in piena remuntada, che ha recuperato in grande efficienza due pezzi da novanta come Julio Cesar e Sneijder e dispone di un potenziale offensivo ritornato di altissimo livello, dove anche i centrocampisti trovano facilmente la via della rete. Di contro, però, domenica le mancherà tre quarti della difesa titolare (Samuel, Lucio, Chivu). E’ una squadra che va in difficoltà se attaccata, ma bisognerà farlo con giudizio e non alla maniera garibaldina della Roma di domenica scorsa.
La Juve dovrà dimostrare se la vittoria di Cagliari è stata un brodino, un’aspirina o un antibiotico, e se il gennaio tremendo è stato solo una forte influenza o qualcosa di peggio. E’ auspicabile che Del Neri confermi lo schieramento di sabato scorso, quando ha abbandonato il suo dogmatico centrocampo a quattro per un 4-3-3 che più si confà alle caratteristiche dei nostri centrocampisti, Marchisio in primo luogo (sperando sia pienamente recuperato). Manterrei anche l’attacco con una punta centrale (Matri) e due ali di ruolo ai suoi lati (Krasic e il recuperato Pepe), tenendo Toni come prima carta di riserva. Anche la difesa, con Sorensen e Chiellini laterali e Bonucci e Barzagli centrali, è andata discretamente e merita di essere riproposta, costituendo ad oggi la soluzione meno peggio tra quelle possibili.

Come sempre alla fine conterà solo vincere, in un modo o nell’altro. Il non plus ultra, per me, sarebbe un 1-0 al 96' con goal in fuorigioco. Di poco, non robe “oneste” alla Maicon contro il Siena. Pochi centimetri, quanto basterebbe a loro per farli rosicare e rievocare il fantasma di Moggi e a me per ritornare indietro di qualche anno e pensare per pochi momenti che non è cambiato nulla, anche se invece è cambiato tutto. Insomma, l’illusione di uno Juve-Inter banalmente normale.

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