Il Circo Farsopoli e il 'Delle Alpi'

tifosiCiao caro mio vecchio amico Stadio “Delle Alpi”,
questa mattina ti ho pensato e mi è venuta una gran voglia di scriverti una lettera.
Ricordo ancora la prima volta che ci siamo conosciuti: era una domenica di ottobre del 1990. Quel giorno la nostra squadra strapazzò l’Inter, un 4-2 fantastico, grazie al trio Baggio, Schillaci e Casiraghi, grandi protagonisti della giornata. Era la Juve “champagne” di Maifredi, che diventò, purtroppo, uno “spumante andato a male”.
Si, la nostra amicizia iniziò alla grande, distruggendo gli “eterni perdenti”.
Non eri bello, assolutamente, sembravi un’immensa stazione spaziale immersa nella nebbia.
Avevo imparato ad amare anche la nebbia, divenuta un’amica inseparabile che mi circondava mentre ero seduto sulle tue poltroncine. Quelle stesse poltroncine che erano aumentate d’importanza con il trascorrere degli anni: da quelle delle curve, a quelle delle tribune laterali, fino a quelle “vip”, grazie a famose amicizie che venivano da Monticiano.
La nebbia, come ti dicevo, era una mia, nostra alleata. Avevo l’impressione che ci aiutasse anche a vincere, facendo spuntare i nostri campioni all’improvviso di fronte al portiere avversario, incolpevole di fronte alle pallonate che arrivavano da tutte le parti. L’unica cosa che gli restava da fare era chinarsi per raccogliere i palloni in fondo al sacco.
A volte ti trovavo luminoso sotto il sole e la cosa mi sembrava strana, ed aumentava in me il timore di perdere, senza la presenza della cara amica nebbia. Ma non era così: i nostri campioni perdevano raramente tra le tue potenti braccia.
Non eri bello, come ti dicevo, e non ti amava nemmeno l’Avvocato: “I giocatori sono troppo distanti”, diceva spesso e con ragione.
Le rare volte che mi recavo a San Siro, effettivamente, provavo una grande invidia per i tifosi delle squadre milanesi, che potevano quasi toccare i giocatori. Pazienza, mi ripetevo, l’importante è appendere scudetti e portare in sede coppe, di tutte le dimensioni.
Mi hai fatto gioire un milione di volte, caro Delle Alpi, a volte pazzamente, come quella volta in cui Del Piero disegnò l’arcobaleno che illuminò la scena: aveva appena realizzato il 3-2 alla Fiorentina, con un tiro al volo all’incrocio dei pali. Rischiai di cadere dalla gradinata, abbracciando gli sconosciuti che mi erano seduti a fianco.
Ricordo quando Capitan Vialli alzò la Coppa Uefa, mentre noi gli cantavamo, insieme a te: “Facci un saluto, Gianluca facci un saluto”. E lui ci salutò. E tu ringraziasti, facendo rimbombare al cielo i nostri cori.
Ricordo quando Padovano realizzò il secondo goal al Real Madrid, quello che ci portò, dritti dritti, a Roma a conquistare la Coppa dei Campioni. So per certo che sei morto di gelosia quella notte: avresti voluto essere presente, caro Delle Alpi, invece toccò ad un tuo collega assistere al trionfo bianconero, a quel 'collega stadio' di Roma ancora incavolato per non aver visto alzare la coppa nel 1984 ai suoi “gladiatori romani”, sconfitti dalle truppe inglesi del Liverpool.
Ricordo ancora quando Pippo Inzaghi segnò una tripletta al Bologna. Era il 1998 e vincemmo l’ennesimo scudetto, non ricordo quale, sicuramente uno dei 29!!! Quello fu lo scudetto delle polemiche, quello dello “sfondamento di Ronaldo” o del “blocco di Iuliano”: ai posteri l’ardua sentenza. Amici del settore arbitrale mi hanno sempre riferito che il buon arbitro Ceccarini confidava sempre che, dalla sua posizione in campo, gli era sembrato “sfondamento di Ronaldo”. Povero arbitro Ceccarini, ancora perseguitato dagli “eterni perdenti” per quella maledetta domenica!
Ricordo ancora tante altre giornate di calcio trascorse tra le tue braccia, mio caro amico Delle Alpi, ricche di gioie e di delusioni, anche se poche, a dir la verità: nello sport, però, si può anche perdere.
Sono passato di recente a visitarti, e non ti ho più trovato: mi hanno detto che te ne sei andato, lasciando il posto ad un nuovo collega più giovane, più piccolo e più funzionale. Così almeno qualcuno ti ha riferito. Quel qualcuno forse non sapeva che noi ti amavamo così: brutto e sempre immerso nella nebbia.
Certe persone, però, non ti hanno riferito la cosa più importante: oltre allo stadio nuovo verrà costruito, a pochi passi, un circo che si chiama Farsopoli.
In questo circo lavorano belve assetate di sangue juventino e pagliacci con vestiti multicolori, soprattutto neri e azzurri. All’interno si potranno trovare anche padiglioni ricchi di giochi, come il tiro al bersaglio. Le facce da colpire, con barattoli e proiettili di piombo, sono famose perché fanno parte della storia bianconera, autori di successi sul campo che ti hanno fatto impazzire di gioia, mio caro amico “Delle Alpi”.
Quel circo, come ti dicevo, si ergerà per sempre sul tuo vecchio suolo, per l’eternità. Sarà un circo che non potrà mai essere demolito e farà parte della storia contemporanea, perché ha spazzato via la dignità di 14 milioni di tifosi, e, probabilmente, ha spazzato via anche te, colpevole di essere stato l’attore principale delle pagine più belle della Storia Juventina.

Addio, mio caro amico Delle Alpi, ti amerò per sempre.