Discussioni sul totem Boniperti.

Boniperti Gli 80 anni di Giampiero Boniperti hanno fatto molto discutere i tifosi bianconeri, lacerati tra ciò che di enorme ha rappresentato per la storia della Juve pre–Triade e alcune sue prese di posizione post-Calciopoli.

Nell'intervista concessa a La Stampa, a un certo punto Beccantini dice "B come Boniperti, ma anche B come serie B". E Boniperti: "Una ferita che non si rimarginerà più"; aggiunge l'intervistatore: "C'è chi pensa al complotto" e la risposta è "Liberissimo. Io no, non ci ho mai creduto".
Purtroppo, proprio a causa di Farsopoli, le opinioni dei tifosi su questo vero e proprio totem della storia bianconera restano discordanti.

Sul forum 1897 "Drago di Cheb", nonostante tutto, è indulgente, preferendo manifestare deferenza per il mito:
Boniperti è persona estremamente intelligente, conosce il calcio come pochi, ergo sa che Del Piero e Zidane non hanno mai rubato nulla a Centofanti e Recoba. Conosce ciò che gira intorno al mondo del calcio come pochi, ergo le telefonate che ha fatto Moggi sa bene che le hanno fatte tutti.
Ma all'Assemblea degli azionisti ci ha messo la faccia, presumo, per obbedienza a ordini superiori. Non lo nego, mi è spiaciuto molto. Però una cosa va detta: degli anni bonipertiani ricordo solo gli anni del tramonto o quasi. Ricordo il suo ostinarsi a non voler competere con le armi di Berlusconi, ricordo il suo ostinarsi a non trattare calciatori che si avvalevano dei servigi di procuratori. Trattò solo per Baggio con Caliendo (ma considerate che era arrivato durante l'interregno di Montezemolo), e la volpe di Barengo riuscì anche a fregarlo.
Penso che se il calcio fosse rimasto il suo calcio, saremmo tutti felici, anti-juventini compresi.
Peccato veramente che abbia perso la sua ultima battaglia.
Assieme a lui perse tutto il calcio, ma il calcio non se n'è accorto.

Per "Alf24", invece, Boniperti ha anteposto se stesso alla Juve:
Io invece, Drago, degli anni presidenziali bonipertiani ho vissuto (e tifato "perdutamente") tutto, ma proprio tutto. Bellissimi, stupendi ricordi, e sono scolpiti nella mia memoria e nel mio cuore, tutti.
E sono miei, miei come poche altre carissime cose della mia vita.
Però, e tu lo sai, qua il punto in discussione è un altro: nessuno discute la grandezza, in quel contesto storico in cui ha giocato, del Boniperti giocatore. Nessuno discute la grandezza, IN QUEL CONTESTO STORICO IN CUI HA OPERATO E GESTITO, del Boniperti presidente (anche se, per correttezza intellettuale, non si possono considerare gli ultimi anni della sua presidenza, in particolare quelli successivi alla tragedia montezemoliana, alla stessa altezza dei primi).
Quel che si critica, a volte anche ferocemente, è l'espressione, la manifestazione di genuina - e, se me lo passi, di "pura" - Juventinità che il caro Giampiero qualche volta di troppo ha subordinato al suo orgoglio e alla sua vanità personale: quando fu estromesso per far posto alla Triade (che aveva come mission sportiva principale quella di recuperare il gap accumulato nei confronti del Milan), il nostro G.B. cosa fa? "scende in politica" e si candida alle europee con Forza Italia, proprio con il nemicissimo per eccellenza Berlusconi.
Ed è una, ma questa è perdonabilissima.
Da quel momento, poi, allo stadio, ma quante volte è stato visto? No, non mi venite a dire che non c'era perché non ce lo volevano, sapete PERFETTAMENTE che non è vero.
Vogliamo fare un impietoso paragone con una situazione recente che TUTTI conosciamo? Bettega! Quest'ultimo anno, quand'era stato già allontanato come un lebbroso dalla nuova Juventus di J. Elkann Cobolli & Blanc, quante volte è stato inquadrato, scovato dalle telecamere allo stadio?
Che dire, proprio lo stesso comportamento...
E sono due. Questa volta con qualche perplessità in più, ma siamo abbondantemente nei "limiti di tolleranza".
Ma poi, poi, arriva Calciopoli, poi ci sono state le varie sentenze, il mancato ricorso al TAR, la pagliacciata della conciliazione, e poi, quella maledetta fatidica assemblea, dove, PER PURO CASO, il Gran Cobolli ha estratto dal suo cilindro magico, contro la platea dei piccoli azionisti furibondi, il re-aparecido Boniperti. Per puro caso, sia chiaro, Boniperti si trovava là, in quell'occasione...
E lì, caro Drago, tu pensala come vuoi (ed io rispetterò, pur non condividendola affatto, la tua opinione), lì si è DISINTEGRATO uno dei miti più sfolgoranti della mia giovinezza.
O meglio, lì è riapparso meglio, a tutto tondo, il Giampiero Boniperti uomo.
Il mitico Presidente, l'incarnazione assoluta dello spirito Juventino, invece, non c'era più.

Per "I miei scudetti sono 29" pensare a Boniperti provoca una grande nostalgia per il calcio che fu:
Mi sembra che in questa intervista del Boniperti dell'assemblea dell'anno scorso sia rimasto poco e niente. Non ci sono tracce di attacchi alla Triade né tentativi di idolatrare la dirigenza attuale. Resta il suo rifiuto di accettare l'idea del complotto, ma bisognerebbe capire a chi si riferirebbe lui parlando di complotto. Se sia un caso o no difficile saperlo, ma siamo ben lontani da 12 mesi fa.
Leggo la frase "Non sono un santo. Se ho peccato, l'ho fatto esclusivamente per difendere la mia società" e ho un sobbalzo. Sono le stesse parole usate da Moggi. Penso a quando accusavano Boniperti di comprarsi gli arbitri, a quando gli dicevano che lui era l'arbitro in campo. Penso alle sparate di Viola che istigava gli animi dei romanisti, come Sensi ha fatto negli anni scorsi. Penso a quando dicevano che la Juve rubava perché nessuno voleva fare uno sgarbo alla FIAT. Penso che Moggi sia arrivato solo nel 1994, ma che già prima ci davano dei ladri. E Boniperti un po' Moggi si deve essere sentito tante volte. Poi leggo che Berlusconi gli rubò Donadoni a suon di miliardi e si capisce perché le cose sono andate all'epoca in un certo modo.
Poi leggo dell'Heysel. Qua Boniperti ribadisce che "I morti erano nostri. Ha capito? Nostri. Ancora oggi, in prossimità dell'anniversario, molti tifosi mi scrivono o mi telefonano: sempre con lei, presidente". E' una cosa che Boniperti ha sempre ribadito: abbiamo vinto per i nostri morti. Se avessimo perso ci avrebbero accusato di non averli nemmeno onorati. Penso a quanta me**a ci hanno gettato addosso anche sui morti dell'Heysel, come se fosse colpa nostra, come se una coppa mai festeggiata e mai considerata tale fosse una vergogna. Come se i morti non fossero i nostri. Anche lì ci hanno gettato veleno. Con in prima fila Cannavò. Hanno strumentalizzato l'Heysel per gettarci fango, hanno giocato sulla sensibilità comune per alimentare un sentimento anti-juventino. E che Boniperti ribadisca che quella coppa è nostra ma, soprattutto, di chi non c'è più, è un motivo di grande orgoglio.
Poi leggo del fatto dello stadio e penso ancora una volta che la triade aveva visto giusto e che dietro il fatto dello stadio c'è forse qualcuno o qualcosa che non gradisce questo progetto. Ma alla fine leggo della battuta su Knezevic: là non è stato tenero con la società. Un anno fa disse di dare il tempo a questi dirigenti di dimostrare. Forse dopo 12 mesi sta capendo che non c'è bisogno di ulteriori dimostrazioni. Una volta strappavamo giocatori al Milan, all'Inter, alla Roma, ora al Toro.
Chissà quando rivedrò la mia vera Juve.

Impietoso il giudizio del "Dr. Zoidberg", suffragato da una spietata analisi sociologica:
Boniperti conosce benissimo il calcio e, molto probabilmente, sa meglio di noi cosa è stata Calciopoli. Lui ha vissuto gli anni della Triade come un affronto personale, come una metaforica pedata nel sedere al suo calcio d'antan, fatto di strette di mano, di paternalismi, bevute di vino e certe cortesie tutte piemontesi (bravi e amici però se osi criticarmi ti distruggo).
Purtroppo la Marisa era rimasta indietro, attardata rispetto ad un pallone che rotolava assai più velocemente di quanto egli stesso potesse prevedere. Il suo calcio, il suo modo di vederlo e condurlo era finito già a metà degli anni '80. Era un calcio senza sponsor, con le magliette di lana che duravano 5 stagioni, i mustacchi e i capelli arruffati, dove contava di più fare i nobili in Italia che mettere il naso fuori confine per saggiarsi di fronte ad avversari d'altro tipo.
Quella Juve, padrona nello Stivale, stava - detto così, in semplicità - sulle palle a tutti. A tutti tranne che all'estero, i cui confini costituivano una sorta di colonna d'Ercole oltre la quale ci si affacciava timorosi e barricaderi, mossi più da spirito irredentista che da volontà di conquista (vedere la finale di ritorno a Bilbao). Come a proteggere un non ben definito onore italico-sabaudo in opposizione alle oscure minacce del barbaro di turno.
Insomma, tonnellate di puzza sotto al naso e finte pacche sulle spalle da elargire a chi non poteva (e non avrebbe mai potuto) essere nobile come la Juventus Football Club: le squadrette erano squadrette e si sfruttavano come vivai per poi sottopagare poveri presidenti per lasciar partire un Paolo Rossi o uno Scirea. Le milanesi erano rivali da tenere lontane e magari da sbeffeggiare sui giornali di casa con qualche vignetta alla Carlin (quelle degli anni che furono, con quegli omini alla Paternostro coi capelli laccati all'indietro e il nasone alla Coppi), le romane erano accozzaglie di burinaglia con velleità di mettere una palma in giardino e farsi vedere anche loro ricchi "come quelli del nord" (Boniperti trattava Viola come un inferiore, di intelletto, di maniere e di lignaggio e questo faceva imbestialire il presidente giallorosso e, a codazzo, l'Urbe al completo).
Si può ben capire come l'avvento della Triade sia stato vissuto da Boniperti come una negatio del suo modo di lavorare e, soprattutto, di essere. Da lì iniziarono le critiche ai nuovi dirigenti. Il barenghese voleva ancora mettere becco in certe scelte tecniche e, per tutta risposta, i giraudiani lo misero alle porte, negandogli persino l'accredito gratuito allo stadio. Mossa inelegante, certo, ma si sa quanto può essere invadente una suocera quando vuole decidere lei la cucina, il salotto e il colore dei muri della casa della figlia appena maritata.
Il processo sul doping fu voluto, o favorito, dalla vecchia dirigenza bonipertiana? Non lo sappiamo. Ma sappiamo di certe amicizie torinesi, di certi atteggiamenti, di certi rapporti a doppio-triplo-quadruplo filo (Zeman-Vycpalek-Boniperti-Grande Stevens-Guido Rossi-ecc...).
E sappiamo che i piemontesi tosti sono famosi per quelli che qui chiamano "scherzi da prete". E di sicuro la storia ci ha detto che mai nessuno ha mosso un dito in difesa della Triade che si sedette di fronte a Guariniello (guarda caso tifoso juventino).
Calciopoli è stata (anche) la rivincita della upper class sabauda, quella con le teste di cervo alle pareti e con le foto di caccia in salotto (parquet nodoso e tende di velluto verde). Per loro era stato troppo assistere al rimestaggio giraudiano. Se c'era da comandare dovevano farlo loro, mica un parvenu della Torino dei caseggiati e dei casermoni.
Peccato che abbiano vinto loro (pensiamo a Cobolli Gigli e alla sua tragicomica riproposizione del gentleman in riva al Po classe 1920), peccato che appresso alla loro schiena si siano attaccate zecche di ogni tipo (i nomi li conosciamo). E peccato che il loro calcio, rispetto a quello dei predecessori, "all'incontrario va".

"Crazeology" mette la sua ciliegina:
Dr. Zoidberg si è dimenticato di dire, che nel tribunale di Torino, Grande Stevens è una potenza (lui e il suo studio legale).
"Ma che bel castello maccondironguariniello, ma che bel castello maccondirondirondà..."
Jimi Hendrix


"Trillo" sigilla la discussione con la sua arguta morale della favola:
E' straordinario come, a distanza di un anno da quella parole vergognose - ripeto: vergognose - di Boniperti all'assemblea degli azionisti, ci sia già una parte di tifosi (e ovviamente mi riferisco ai rancorosi, perché va da sè che quelli di serie A certi problemi manco se li pongano) disposta ad assumere il classico atteggiamento da Lord inglese. Altro che Sabaudo.
La storiella narra di un Lord inglese - appunto - il quale sta accompagnando un ospite importante in giro per il proprio castello, illustrandogli le centinaia di saloni e stanze.
"Questa è la sala da pranzo della servitù, questo è il salone da ballo, questi i sono i bagni con sauna per le Signore, ecc.".
Improvvisamente apre la porta della camera da letto, e si trova davanti la moglie beatamente impegnata a farsi fracassare di pinolate da uno stalliere molto intraprendente; lui, il Lord, senza scomporsi minimamente, osserva per un istante la scena, dopodiché si volta impassibile verso il suo importantissimo ospite e gli fa: "Questa è la mia camera matrimoniale; quella nuda sul letto è mia moglie; quello sopra di lei impegnato a scoparla, naturalmente, sono io".
Ecco: Boniperti, a distanza di un solo anno, sta già trovando un numero insospettabile di mariti, e quel che è peggio è che sembrano molto più convinti di quel Lord inglese, sulla reale natura di quella moglie un po' troppo "allegra".