Fair play finanziario: dubbi, rischi e una nostra proposta

bilancioAlmeno sulla carta il progetto dell'Uefa di fissare delle regole di fair play finanziario sembra poter decollare: è stato elaborato dall'apposita Commissione, è stato approvato ad agosto dall'European Club Association (che raggruppa le società più importanti) e qualche giorno fa anche dal Consiglio Strategico del Calcio Professionistico che rappresenta sia le società che i calciatori. Così l'Uefa di Platini ha comunicato che dal 2012-13 il fair play finanziario sarà operativo e comprenderà misure che limiteranno i passivi di bilancio, vincoleranno gli ingaggi e la campagna acquisti ad una percentuale del fatturato e vincoleranno opportunamente anche i debiti.

Nelle intenzioni dell'Uefa questo dovrebbe significare un calcio più sostenibile con spese meno megagalattiche e bilanci più corretti e trasparenti; un calcio dove non dovrebbe più succedere che a vincere siano quasi sempre squadre superindebitate, con i bilanci in forte passivo, di proprietà di cosiddetti mecenati.

Sulla carta sembrerebbe tutto a posto, con grande soddisfazione anche della nostra Associazione, che con la sezione Bilanciopoli si è battuta e continua a battersi contro il doping finanziario e i mancati controlli. Proprio per questo, però, proprio perché abbiamo messo a nudo i comportamenti non corretti in tema di bilancio (senza che nessuno abbia mai potuto smentirci) e riteniamo siano necessarie misure veramente innovative, ci sentiamo di avanzare dei dubbi, di far presente il rischio, latente, che quelle annunciate possano in qualche modo risultare inefficaci.

I dubbi vanno collegati al possibile effetto annuncio. Da che mondo è mondo si è sempre detto "fatta la legge, trovato l'inganno" e qui la legge viene annunciata addirittura con tre anni d'anticipo, mentre di furbi in giro se ne vedono parecchi. Facciamo l'esempio pratico del Real Madrid che ha annunciato per quest'anno un fatturato di oltre 400 milioni e, stando ai progetti galattici che girano, magari potrebbe superare i 600 nel 2012-13, quando l'Uefa vuole vincolare le spese ad una percentuale dei ricavi. L'intenzione sembrerebbe giusta, ma bisogna chiedersi se a quel punto il vincolo penalizzerebbe effettivamente il Real, o non piuttosto una società come la Juventus, che avrà un fatturato pari alla metà di quello madridista (ci sarà, sì, lo stadio nuovo, ma si ridurranno i ricavi da diritti TV).

Ragioniamo, poi, sull'Inter. I giornali hanno scritto che Moratti ha chiesto aiuto a Platini perché stufo di fare il mecenate a vita: intanto Paolillo (l'amministratore delegato dell'Inter) è stato messo a capo della Commissione Uefa che sta studiando le nuove misure; siamo sicuri che da qui al 2012 il bilancio dell'Inter sarà instradato lungo il percorso della sostenibilità? A parole il dott. Paolillo dice che il bilancio dell'Inter sarà in pareggio tra tre anni (proprio nel 2012) ma, a parte il fatto che son parecchi anni che fa questa previsione, se guardiamo gli ingaggi dei giocatori acquistati quest'anno, se pensiamo che Mourinho vuole Pandev a gennaio perchè Eto'o deve partecipare alla Coppa d'Africa, se si analizzano gli ultimi bilanci e come sono stati artificialmente sanati passivi per centinaia di milioni, viene fortemente da dubitarne. Anche l'Inter cioè, come il Real, potrebbe arrivare al 2012-13 in condizioni molto favorevoli (alto fatturato e rosa competitiva) ma con un bilancio difficilmente sostenibile .

Questi dubbi risultano poi amplificati se si considera la sofisticatezza della struttura societaria di quasi tutte le nostre squadre, grandi medie o piccole che siano, e delle opportunità che questa offre per nascondere magagne o per creare finte plusvalenze favorendo proprio il doping finanziario

La Roma è l'esempio lampante per le opportunità del primo tipo. La società si è indebitata per centinaia e centinaia di milioni, 300 sono ancora da restituire con urgenza, Unicredit non sa più a che Tribunale votarsi per il rientro e intanto i giornali scrivono che la Roma è senza debiti; un mistero buffo, ma facilmente districabile se si pensa che la società fa capo ad Italpetroli (la holding, quella che deve rientrare con Unicredit), ma in mezzo ci sta Roma 2000, poi c'è la A.S. Roma che controlla altre due società, una che possiede il marchio e l'altra che si occupa del patrimonio immobiliare. Quando redige i comunicati la Roma afferma di non avere debiti, ma si dimentica di segnalare quelli delle controllate e della sub-holding cui fa capo (verosimilmente se ne accorgono i possibili, ipotetici compratori) .

Può sembrare materia troppo tecnica, ma ci sono dei risvolti pratici che fanno capire cosa potrebbe succedere da qui al 2012. Consideriamo di nuovo l'Inter che, come la Roma, ha fatto finta nel 2005 di vendere il marchio per 150 milioni ad una controllata (Inter Brand): sono ormai passati quattro anni e Inter Brand potrebbe far periziare il marchio, che magari nel frattempo, potrebbe giurarlo un perito, di milioni ne vale 250; si potrebbe allora fondere Inter Brand con l'Internazionale e questa si ritroverebbe con tante nuove plusvalenze patrimoniali utili, ma solo sulla carta, a sanare nuovi buchi di bilancio, fatti magari per comprare Messi e Ribery prima che le nuove regole diventino operative. Si tratterebbe dell'altro tipo di opportunità offerto dalla configurazione societaria che si sono data tante squadre del nostro campionato; ci sarebbe la controindicazione dell'aumento dei debiti, ma di quella i giornali sportivi parlano poco, fino a quando le banche non chiedono di rientrare.

Se insistiamo sull'Inter, se parliamo della Roma è perché esemplificano le tipologie di società che, grazie anche ai bilanci in qualche modo drogati e ai mancati controlli, da anni la fanno da padrone nel campionato o fanno parte in maniera inverosimile delle squadre di prima fascia; questo, unito ai dubbi di cui dicevamo prima, fa sorgere il timore che anche in Europa, da qui al 2012, si vada strutturando una prima fascia ristretta di società che includa non solo quelle più capaci o virtuose, ma anche qualcuna delle più furbe. Il rischio, latente ma neppure troppo, è inoltre che questa élite viaggi su livelli troppo distanti dalla media, rendendo impossibile l'accesso ad altre società, anche dopo la messa in atto della nuova normativa. L'obiettivo primario del fair play finanziario a quel punto sarebbe vanificato.

Per scongiurare questo rischio serve, a nostro avviso, una specie di strategia d'ingresso al fair play finanziario: servirebbero, cioè, dei paletti che, da qui al 2012, obblighino a rientrare gradualmente nei parametri fissati dalla nuova normativa. Questi paletti dovrebbero riguardare i debiti e le riserve patrimoniali, come già prescriverebbero le normative in vigore, se veramente venissero fatte applicare; visto che tutte le parti in causa hanno accettato che ci siano dei precisi vincoli sui bilanci a partire dal 2012-13, perché non dovrebbero accettare che ci siano anche dei vincoli intermedi e graduali da rispettare a partire già dal prossimo anno?

Ecco allora la proposta che avanza la nostra Associazione: definire in maniera appropriata l'indicatore dei debiti e quello delle riserve patrimoniali e, in funzione degli obblighi che scatteranno dal 2012-13, imporre già dal prossimo anno un rientro graduale dei due indicatori verso la soglia che in futuro dovrà inderogabilmente essere rispettata. Si dovrà definire l'indicatore dei debiti escludendo, per esempio, eventuali mutui per la costruzione di nuovi impianti e comprendendo, invece, i debiti della holding di riferimento quando questa controlla solo la società di calcio; non sarà più sufficiente per l’Uefa tenere sotto controllo il bilancio consolidato della società sportiva. Quanto alle riserve patrimoniali la normativa già in vigore escluderebbe dalle competizioni le società con patrimonio netto negativo; si tratterà solo di demandare i controlli esclusivamente al Panel dell'Uefa, sicuramente in grado di valutare il rischio d'impresa e i fondi necessari a fini di cautela.

Senza addentrarsi in altri tecnicismi, è fondamentale che il nuovo contesto normativo fin da subito premi il merito e penalizzi le furbate. Il fair play finanziario potrebbe effettivamente segnare una svolta, ma solo a condizione che la competizione in questi anni, in termini di bilanci trasparenti, sia leale; siamo convinti che questa possa essere l'idea anche del presidente Platini, da sempre stimato per l'intelligenza dei suoi comportamenti dentro e fuori dai campi di calcio.