Niente top-player... fortuna che c’è il top-coach!

ConteSpero possiate perdonare l’uso eccessivo di neologismi di origine anglosassone (di cui non abuserò) per identificare i migliori nella categoria giocatori e allenatori ma, dopo un’intera estate passata a fare la corte (Marotta) o a sognare (noi tifosi) l’attaccante in grado di dare qualità e spessore alla rosa Campione d’Italia, l’uso di tali termini bene si presta a contestualizzare il concetto in maniera chiara e senza giri di parole; mister Conte rappresenta: 1) senza ombra di dubbio il fulcro del progetto sportivo della Juventus (anche se abbiamo visto che questo ruolo di “accentratore” diventa un espediente per le sentenze dei tribunali di un’associazione chiamata a gestire il gioco del calcio in Italia), inteso proprio come pianificazione e realizzazione di un’idea di fare calcio precisa e chiaramente riconoscibile da tutti coloro che guardano una partita (e non nei termini astratti che tanti, troppi personaggi del pallone nostrano hanno propinato e continuano a propinarci tuttora); 2) il meglio che la vasta gamma di allenatori italiani possa offrire nel 2012 e una novità che a livello internazionale viene vista con curiosità, rispetto e ammirazione, qualcosa che, se non rappresenta il vertice, ci va, a mio parere, molto vicino.
Il primo punto potrebbe apparire banale anche a chi ha seguito la scorsa stagione in maniera molto distaccata e quasi disinteressata: il Mister ha ridato entusiasmo ad un ambiente avvilito da stagioni fallimentari, un’impostazione tattica eccellente, una condizione fisica ottima per larghi tratti della stagione... “detto, stradetto e poi?” potrebbe doverosamente obiettare qualcuno. E poi c’è da dire che Conte non si è fermato a lucidare la macchina costruita l’anno scorso, ma ha continuato a cercare miglioramenti laddove possibile.

Modulo di base: quel 3-5-2 visto inizialmente con un certo scetticismo sia dalla critica che dai tifosi, diventato poi un marchio di fabbrica nel finale di stagione ed oggi molto più simile ad un 3-3-4; Lichtsteiner e Asamoah in queste prime uscite giocano alti, molto alti, quasi sulla linea degli attaccanti, applicando un pressing altissimo e ripiegando fino in difesa, a differenza dello scorso anno, quasi esclusivamente sul rilancio del portiere. Senza contare che non si è ancora visto all’opera Mauricio Isla, vero fiore all’occhiello della campagna acquisti 2012, giocatore dotato (o almeno quello prima del brutto infortunio) di corsa, tempi d’inserimento e margini di miglioramento altissimi, oltre che di una tecnica di base superiore a quello svizzero, tutte caratteristiche che potrebbero far fare un ulteriore salto di qualità alla squadra anche in un sistema di gioco diverso (grazie anche al recupero di Pepe).

Lavoro sui singoli: uno dei grandissimi meriti di Conte è stato quello di aver ridato la giusta consapevolezza a giocatori come Buffon, Barzagli e Pirlo, apparsi al di sotto dei loro standard nelle annate precedenti, e di aver fatto sbocciare definitivamente elementi come Chiellini e Marchisio. Quest’estate, nonostante la situazione ambientale non proprio idilliaca a causa della farsa di Scommessopoli in cui è stato chiamato a difendersi, l’ex numero 8 bianconero sembra aver lavorato molto bene su altri elementi, a partire da quel Luca Marrone che le voci di mercato davano in partenza verso Udine nell’affare Isla-Asamoah e che invece è rimasto a Torino imparando a fare il centrale di difesa nel sistema a 3 con risultati più che discreti, venendo a costituire così una validissima alternativa a Bonucci come libero, ruolo che ricopre con la giusta concentrazione e interpretazione (gli risparmiamo il termine “personalità” tanto in voga ai tempi di Santon, anche un po’ per scaramanzia). Lo stesso Asamoah, venuto sotto l’ombra della Mole per essere una valida alternativa a centrocampo, si sta ritagliando un ruolo da protagonista come esterno sinistro, grazie all’intuizione del mister e alla capacità del ragazzo d’interpretare un ruolo in cui, peraltro, la Juve sembrava volersi rivolgere al mercato.

Maturità ed efficacia: l’anno scorso la squadra appariva molto frenetica, con una grande carica agonistica, con la necessità di correre e tenere i ritmi alti per 70/80 minuti a partita. La Juve attuale, sebbene Carrera nel post-match di Udine abbia palesato una certa insoddisfazione nel vedere giocare la squadra sotto ritmo, sembra in grado di poter vincere quasi camminando. Specialmente al Friuli, si sono visti passaggi stretti e dialoghi di prima che, l’avessero fatto “gli allievi di Zeman”, si sarebbe gridato al miracolo sportivo e ad un nuovo modo d’interpretare il calcio; e che fanno capire come tutti i giocatori (anche quelli nuovi) percepiscono i voleri del tecnico in maniera quasi telepatica. E questo è un punto da non sottovalutare vista la quasi impossibilità di vedere, come l’anno scorso, undici invasati correre e raddoppiare le marcature per 90 minuti per 60 partite all’anno; un’arma in più, un segno di maturità ed equilibrio che potrebbe dare alla Juve di Conte ancora più consapevolezza di essere una grande squadra.
Sul secondo punto, che invece potrebbe sembrare un po’ forzato, ci ha pensato il convegno degli allenatori annuale di Nyon a scacciare ogni dubbio: tanti gli elogi per Conte, da Simeone a Spalletti, da Lucescu a Mourinho anche se i due, simili per fame, voglia di vincere e antipatia di vittoria, appaiono completamente agli antipodi per il modo di far giocare le squadre. Il portoghese, volente o nolente, rappresenta però uno degli allenatori più vincenti del calcio dei giorni nostri e dunque i suoi giudizi non possono che impreziosire e gratificare l’immenso lavoro svolto dal Mister, con l’aggiunta non trascurabile che, a proposito del “migliore allenatore d’Europa” disse: “Zeman?? E chi è?”. Una differenza di vedute abissale da parte di Mourinho, differenza che certa stampa pronta ad osannare tutto ciò che è anti-juventino si guarderà bene dal mettere in risalto e che strappa anche un sorriso sarcastico pensando alla reazione in certi ambienti romano-milanesi alle sue parole.

E in Italia? Beh, nella nostra vecchia Penisola a forma di stivale Conte, come detto da lui stesso nella conferenza stampa all’indomani della sentenza della Corte federale, si è preso titoli a nove colonne per sette mesi a causa delle dichiarazioni credibili a targhe alterne di Pippo (Carobbio). Diventa addirittura “il caso”, secondo la Gazzetta del 3 settembre, perché allo stadio Friuli ha avuto un box esclusivo da cui seguire l’incontro, box inizialmente destinato alla Rai. E io che pensavo invece che l’unico vero caso fosse una squalifica apparsa ai più tanto iniqua quanto assurda, per la serie “quando pensi che hanno toccato il fondo sono sempre pronti a farti ricredere”. D’altronde in Via Solferino erano “stregati da Zeman” (titolone del 4 settembre): perché dunque continuare a perdere tempo con chi il giorno prima appariva un privilegiato e aveva osare annichilire e smontare il sistema della nuova inquisizione sportiva? Costretto a prendersi pure le accuse di “plagio” da parte di Christian Maggio proprio a causa del 3-5-2, un must del credo tattico di Mazzarri. Ribadire che coloro che spiavano gli allenamenti degli avversari in Cina facevano parte dello staff azzurro, e non di quello bianconero, sembrerebbe stucchevole; ritengo invece che sarebbe più interessante far giocare (quasi per assurdo) qualche partita a Maggio nell’undici di Conte, proprio lui che gioca sull’esterno, tanto per fargli capire quanto il nostro Mister intenda ed applichi in concreto un calcio totalmente diverso. E, dulcis in fundo, anche Prandelli (che pure qualche considerazione seria l’aveva spesa sulla vicenda della squalifica) prima di Bulgaria-Italia ha tenuto a rimarcare come alcune scelte le avesse anticipate lui: mi perdoni il Ct azzurro se penso che anche nella sfida dell'altra sera abbia dimostrato di essere sì una brava persona, seria, onesta, sempre “politically correct”, ma il carisma e la mentalità aggressiva del nostro mister sono virtù che gli mancano e che non possono non essere presenti in un grandissimo allenatore; e soprattutto se preferisco, al suo sorriso e alla sua buona parola spesa quasi sempre per tutti, il broncio, lo sguardo fiero e quell'aria anche un po’ arrogante di chi (Conte) sa il fatto suo; in fondo i tempi del cobollismo, degli smiles e delle operazioni simpatia sono finiti, e vivaddio!!