Le radici di Calciopoli

TavaroliAlla scoperta delle radici di Calciopoli, come le ha definite l'avvocato Gallinelli: questa è l'avventura che si vive seguendo il processo Telecom. Non è un'avventura che troveremo, con titoli a caratteri cubitali, in prima pagina, o comunque con il dovuto risalto, sui giornali sportivi, capeggiati dalla solita Gazzetta, la più letta sul bancone dei gelati, com'era invece successo ripetutamente per la Juve e Moggi; e, per non andar tanto lontano, recentemente per Conte: "Conte, guai grossi" -'Carobbio a verbale: A Siena ci disse: accordo col Novara' - Rivelate a Palazzi due combines'. In questo caso c'era da attendersi di trovare, in bella evidenza: "Inter guai grossi" - 'Cipriani, dopo Tavaroli, testimonia sotto giuramento: Moratti disse: Spiate Moggi e De Santis. E' avvenuto nell'ambito dell'attività svolta per conto dell'Inter'. Sì, è vero, l'Inter a livello sportivo è al sicura a prescindere, per definizione e incompetenza, al riparo com'è dello scudo della prescrizione, e gli organi disciplinari del circolino della caccia si sono appena garantiti altri quattro anni di intangibilità, giusto premio per aver amministrato la giustizia nel solco degli intendimenti di chi ne gestisce le nomine. Ma al'orizzonte le richieste di danni sono ingenti e ipoteticamente in continuo aumento sul piano numerico, qualora tutti gli spiati decidessero di pretendere il dovuto risarcimento per la violazione della loro privacy (solo in questi giorni Massimo Brambati, ex collaboratore Gea, ora opinionista, ha scoperto di essere stato spiato).

I fatti dicono che tra il 2002 e il 2003 l'Inter ha ordinato indagini illegali su Moggi, Giraudo, De Santis, la Gea e Foti, con l'input di spiare le loro vite: il tutto in virtù dell'appoggio, altrettanto illegale, della Telecom di Marco Tronchetti Provera, azionista e membro del CdA dell'Inter (chissà perché ci torna in mente anche quel Guido Rossi che assegnò lo scudetto all'Inter, quando si dice gli uomini giusti al posto giusto).
E' quanto emerso da una testimonianza giurata in tribunale, non da chiacchiere di opinionisti in un talk-show; già si era saputo da Tavaroli, ed ora lo ha ribadito Emanuele Cipriani, ex investigatore privato che quelle indagini si trovò a coordinare, ora imputato a Milano proprio nel processo in Assise sul caso Telecom: Cipriani ha infatti spiegato in aula, sotto giuramento, che Tavaroli e i suoi committenti, cioè i dirigenti dell'Inter, "pretendevano aggiornamenti settimanali, durante i quali venivano incrociati i dati in mio possesso con i dati telefonici che penso venissero direttamente da Telecom".

A quest'udienza ha assistito, in veste di spettatore, anche Luciano Moggi che, pur dicendosi non sorpreso ("Dico la verità: non c'è affatto da meravigliarsi. Purtroppo qualcuno non mi aveva ascoltato in passato, ma ora, finalmente, si sa come è nata tutta questa vicenda. Tutta questa situazione o macchinazione l'ha fatta e originata l'Inter insieme a Telecom, l'hanno dichiarato i diretti interessati che hanno dato vita a tutte le intercettazioni. Ora non ci manca più niente. Tutto è emerso realmente. Da ieri nessuno può negare: si sa come stanno le cose davvero le cose grazie alle affermazioni di Cipriani e dello stesso Tavaroli", "Diciamo che ora mi sono venuti in aiuto direttamente i colpevoli...), ha rivissuto attimi di sbigottimento: “È pazzesco, spiavano me e la mia famiglia. Ci controllavano i telefoni, pedinavano persone. Calciopoli è nata a Milano, ispirata dall’Inter. Tenevano tutti sotto controllo”.

E che le radici di Calciopoli siano ben piantate in questa vicenda lo conferma anche un giornalista acuto e onesto (non di fede bianconera, peraltro) come Oliviero Beha: "Se non si collega la sentenza-Vieri, questa intervista a Tavaroli e l’intiero paesaggio in cui si è sviluppato Calciopoli, vuol dire che si è in malafede. Invito dunque i lettori a verificare quanti (oltre al sottoscritto negli anni…) tra i media e i “mediani” dei media riporteranno le dichiarazioni di Tavaroli ma creando il nesso logico con lo scandalo che ha decapitato Moggi. E a proposito, del suicidio di Bove come mai nessuno parla più? Cliccate sul cognome… e soprattutto collegate, collegate, forse qualcosa si capirà".

Moggi e gli altri (Vieri, De Santis, Bergamo ecc.) intenteranno cause milionarie (Vieri ha già avuto riconosciuto un milione, ma andrà avanti): certo, Giustizia vorrebbe che il circolo della caccia non si chiudesse a riccio in difesa di azioni indifendibili, che vanno a violare non solo i regolamenti, ma anche l'etica, quell'etica che non deve (ma qui siamo ancora al dovrebbe) essere frenata da nulla, né da prescrizioni e improcedibilità, né da incompetenze. Ma perché ciò accada occorre spazzar via l'ancien régime che governa, anzi spadroneggia su, il calcio italiano; un mondo che non vuol morire, e che ripropone continuamente le vecchie cariatidi, nascondendosi dietro l'alibi che per certe incombenze serve tanta esperienza. Peccato che le esperienze maturate sinora abbiano dato questi risultati, offrendo continue scappatoie a chi ha trasgredito le regole e ucciso l'etica, usando il manganello a senso unico. E allora invece di parlare di riforme, che non fanno altro che gattopardescamente fingere di cambiare purché nulla cambi, serve il coraggio di una rivoluzione, intesa come rinnovamento totale di persone e di valori guida.

Comunque, una cosa ci consola, anche se molto molto parzialmente: anche se i danni che subiranno i colpevoli risulteranno assai limitati in proporzione alle colpe commesse (quasi un buffetto), i fatti vengono a dimostrare che chi come noi sosteneva da anni queste tesi non era un visionario o un diffamatore, ma qualcuno che, in virtù di analisi senza paraocchi, era andato al di là delle maschere che gli venivano messe davanti e aveva compreso di che lacrime grondasse e di che sangue l'operato della masnada degli onesti. E questa consapevolezza non fa che darci vieppiù la forza di continuare a batterci per riavere il maltolto, nient'altro che Giustizia.

 

twitter: @carmenvanetti1