Coerenza e pazienza, le armi del condottiero Andrea

Era il 27 ottobre 2006, quando la Camera di Conciliazione e Arbitrato del CONI diramò le sanzioni definitive nei confronti delle società coinvolte nel primo filone di indagini del processo sportivo denominato “Calciopoli”. Inutile ricordare nuovamente i “4 illeciti” dell’avvocato Zaccone, quasi a volersi raccomandare che la pena fosse congrua per l’espiazione di ogni male, nonché le circa 80 telefonate sulle 170mila intercettazioni ascoltate dagli uomini della Procura Federale in un paio di settimane estive (oh, ce n’erano un centinaio con Moggi al telefono, cazzo hanno preso proprio quelle…). Ed inutile ricordare il supplizio, sotto tutti i punti di vista, cui venne condannata, direttamente, la Juventus.
Iniziava, così, lo Juventus Smile Project, l’Operazione simpatia che portava anche benefici al mercato dell’auto in casa FIAT (improvvida dichiarazione, proprio alle porte della crisi economica e finanziaria più grande di tutti i tempi).
Resta il dato obiettivo che nei primi due anni post-calciopoli, fatto salvo per la voce autorevole di alcuni giornalisti, magistrati ed addetti ai lavori, giustizia pareva fatta. Qualche sito di controinformazione, tuttavia, aveva iniziato a storcere il naso e ad addentrarsi, con i pochi mezzi ancora a disposizione nel nostro paesello, nei meandri della (in)giustizia all’italiana, provando a sbugiardare le sentenze – sommarie – di quel processo. Soltanto grazie a costoro, infatti, lo spirito rosicante di fegati consumati da decenni a tinte bianconere poteva riemergere: possibile che nemmeno la serie B, tanto ingiusta quanto nociva per l’intero calcio italiano, fosse riuscita ad assopire quel sentimento? I sonni tranquilli dei giornalisti italiani erano turbati da un incubo. Non più Moggi, non più la Triade, non più gli arbitri… ma l’idea che qualcuno o qualcosa potesse tener viva Calciopoli, cogliendone i difetti.
Emersero voragini! Che poi la giustizia faccia il suo corso, ma certe nefandezze, se le compisse un ragazzino a scuola, perderebbe l’anno e la reputazione.
Tuttavia, i “sitarelli” faziosi potevano al limite far ribollire qualche fegato qua e là, ma di certo non potevano bucare lo schermo, battersi al pari dei giornalisti super-presenzialisti in TV, per cui soltanto con un nome altisonante tutto questo lavoro di controinformazione sarebbe potuto emergere. E puntualmente, grazie ai brillanti risultati sportivi (e mediatici) della Juve della NewTriade (Blanc, Secco e Cobolli Gigli), si dovette intervenire per salvare capra e cavoli.
Il nome era quello di Andrea Agnelli, vissuto all’ombra del cugino John Elkann, e nascosto da una famiglia tanto potente quanto “ingombrante”. Si stabilì immediatamente un feeling particolare tra il rampollo di casa Agnelli ed i tifosi juventini. Forse per l’età che lascia ben sperare, forse per la progettualità che porta con sé, forse per il nome stesso, ma sicuramente anche grazie a quella foto, insieme a Moggi e Giraudo, SUL CAMPO, e per le dichiarazioni che precedettero la sua nomina, e che stonavano negli anni smile dei paciosi settimi posti.
Già al termine dell’anno 2008, esattamente l’ultimo giorno in calendario, il 31 dicembre, Andrea Agnelli dichiarò: ”C’è stata una giustizia sportiva sommaria, perché dettata da tempi ristretti. In due settimane di discussione all’Olimpico non si è avuta nemmeno la possibilità di leggere tutti gli incartamenti, la compilazione dei calendari incombeva... Ma c’è anche la giustizia ordinaria, che ha tempi più lunghi, e solo alla conclusione di questi procedimenti si potrà capire cosa è stata davvero Calciopoli. Il mio invito è alla pazienza”. Un’affermazione quasi profetica. Senza aver ancora in testa l’iter tortuoso tra giustizia sportiva ed ordinaria, ricorsi, sentenze, senza nemmeno aver ascoltato le telefonate degli altri, senza incarichi in seno alla società, espresse una linea che rimase immutata fino ad oggi: attendere con pazienza l’iter della giustizia ordinaria, prima di compiere ulteriori passi.
Per tutti i tifosi, ma soprattutto per chi ha impiegato parte del suo tempo a sviscerare ogni aspetto della farsesca vicenda, non erano frasi facili da digerire. Troppo semplice, così, mentre per l’ennesima volta si doveva sopportare di leggere ogni possibile illazione sul conto della nostra Vecchia Signora.
A ribadire da che parte stava ci pensò Andrea Agnelli stesso, nel mese di marzo dell’anno successivo: “All’epoca Ifil scelse di azzerare per poi ripartire. Non condivisi quella scelta (…). Poi, alla luce dell’esito dei processi sportivi, si vide che fu giustizia sommaria. Tant’è che ci furono persone coinvolte che non fecero nemmeno in tempo a leggere le carte ”.
Era iniziato, intanto, e proseguiva, a Napoli, il Processo ordinario su Calciopoli, con Moggi e Giraudo tra gli imputati. Proprio Giraudo, il 14 dicembre 2009, fu condannato dal GUP di Napoli, con rito abbreviato, a tre anni di reclusione per «frode sportiva e associazione a delinquere».
Soltanto pochi mesi dopo, Andrea Agnelli, uno dei più grandi estimatori di Giraudo, grazie al forte legame professionale tra l’ex AD juventino ed il padre, Umberto Agnelli, il 28 aprile 2010 veniva indicato come nuovo presidente della società, in sostituzione di Jean-Claude Blanc (entrò ufficialmente in carica durante il CdA del 19 maggio 2010). Invece di nascondersi, proseguì non soltanto nella ricostruzione di una squadra competitiva e di una gestione sportiva tra le migliori in Italia, ma soprattutto nell’abbattimento a colpi di scure di quello scandalo lontano già 4 anni.  
E' una parte della nostra identità che dovrà essere chiarita al più presto. In questi anni abbiamo abusato della pazienza dei nostri tifosi, ora dobbiamo ancora aspettare le decisioni della giustizia ordinaria. Certo, se si riuscisse ad accelerarla. In cuor mio tutti sanno cosa penso di Calciopoli, e cioè che è stato un procedimento ridicolo” (dicembre 2010).
Belle parole, certo, e quel ribadire che si deve attendere la conclusione dell’iter della giustizia ordinaria. Ma queste sono solo parole. Intanto veniamo scossi dalle intercettazioni altrui, che non dovevano esserci, come ripetuto a voce alta dal PM Narducci in un aula di Tribunale a Napoli: decine di telefonate colte casualmente da linee telefoniche nemmeno intercettate e prese di rimbalzo (pensate a quante chiamate, e di quale tenore, avremmo potuto ascoltare), ancora più scabrose di quelle di Moggi. Richieste di assistenti numero 1  e numero 2, appuntamenti con arbitri, ribaltoni vari… Finalmente qualcosa sembra muoversi, l’aria sembra cambiare. Persino la Procura Federale si esprime sulle novità emerse, dopo l’esposto di Andrea Agnelli sulla richiesta di parità di trattamento.
"Questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all'art. 1, comma 1, CGS, anche dell'oggetto protetto dalla norma di cui all'art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.C. Internazionale mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale. Oltre alla responsabilità dei singoli tesserati, ne conseguirebbe, sempre ove non operasse il maturato termine prescrizionale, anche la responsabilità diretta e presunta della società ai sensi dei previgenti artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS ”. Così si espresse il Procuratore Federale Palazzi nel luglio 2011. La prescrizione aveva salvato la società che aveva beneficiato del regalo più grande: lo scudetto dei record. Ditemi voi se non è un record vincere un titolo finendo a 15 punti dalla vetta! Tuttavia, la decisione su a chi assegnare/riassegnare un campionato doveva spettare alla Federazione. Ma il Consiglio Federale decise che avrebbe dovuto prima esprimersi sulla propria competenza nel merito della decisione. Alcune dichiarazioni che precedettero il responso, come quelle di un illustre futuro Presidente Federale, avrebbero dovuto aprire le menti, suonare come presagio, almeno per salvare il calcio negli anni a venire… invece il presente lo conosciamo tutti. Di conseguenza, non è nemmeno difficile immaginare quale fu il responso: in data 18 luglio 2011, il Consiglio Federale si dichiarò incompetente, non si sa chi avrebbe dovuto fare cosa, ecc… Non era una questione di poco conto: trovate chi se ne deve occupare, create una commissione, un organismo per dirimere le questioni derivate dalle decisioni della giustizia sportiva… E invece no. Incompetenti. Punto. Questione chiusa.
Andrea Agnelli ebbe la conferma che vincere contro i mulini a vento con le orecchie da mercante non sarebbe stato facile, ma proseguì, nemmeno un mese dopo, con un ulteriore passo, anzi due: il ricorso al Tnas e la richiesta di un risarcimento di 443 milioni di euro al Tar del Lazio ai danni della FIGC e contro la F.C. Internazionale.
Il nostro percorso di giustizia inizia con un ricorso al Tnas per esaurire il percorso dei ricorsi interni. Poi ricorreremo ad ogni grado di giustizia sportiva. La Figc aveva enormi poteri per intervenire, ora esauriremo tutti i gradi di giustizia italiana. Radicheremo un esposto al procuratore regionale del Lazio della Corte dei Conti. Abbiamo immaginato un esposto alla prefettura del ministro dell’Interno e abbiamo poi una grande aspettativa per ciò che riguarda l’Uefa. (…) Dopo la giustizia sportiva, non avremo alcun problema a chiedere giustizia anche a quella togata: il Tar, il Consiglio di Stato e le procure competenti. (…) Escluso anche un ricorso all’Alta Corte del Coni, andiamo al Tnas perché chiediamo un risarcimento economico. Lasciamo a loro il calcolo dei danni subiti che, al momento, non è quantificabile. Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento danni, ci sono due strade in via di accertamento: o nel 2006 la decisione di sanzionare la Juve fu negligente oppure l’orizzonte temporale potrebbe spostarsi al 2011. O il danno è stato creato nel 2006 o nel 2011 quando si è deciso di non decidere di fronte alle prove ”.
Queste le dure parole di Andrea Agnelli, che preannunciava una raffica di ricorsi e di richieste.
Il percorso, però, si fece ancor più tortuoso dall’8 novembre 2011, quando, nel giro di una settimana, Luciano Moggi venne condannato, in primo grado, a 5 anni e 4 mesi per associazione a delinquere, nonostante tutto ciò che era emerso (ma in quel momento era forse troppo tardi per poter sperare in una sorpresa), ed anche il Tnas si dichiarò incompetente in merito all’istanza presentata dalla Juve. Vero anche che la sentenza di Napoli escludeva la società Juventus da una responsabilità nell’associazione a delinquere e nel reato di frode sportiva.
Come anticipato, dal momento che i fatti non vengono alterati da una sentenza, Andrea Agnelli, in barba ai suoi detrattori e a tutti i piccoli tifosi che speravano che in quel clima si potesse fare di meglio, proseguì con la richiesta al TAR del Lazio di un risarcimento danni di circa 443 milioni di euro derivanti, secondo la tesi bianconera, dalla disparità di trattamento sui fatti di Calciopoli. Il ricorso al TAR suscitò reazioni dure da parte del presidente della FIGC Giancarlo Abete e, soprattutto, del presidente del CONI Gianni Petrucci, alle quali il presidente juventino Andrea Agnelli rispose con la proposta di convocare un tavolo di discussione per risolvere la questione. Petrucci convocò il cosiddetto "tavolo della pace" per il 14 dicembre 2011.
Proviamo ad immaginare quanti presidenti, dopo un Armageddon come Calciopoli, dopo una serie di rifiuti e di benserviti, per cinque lunghi anni, avrebbero avuto la forza di chiedere una soluzione tale, senza inveire con epiteti oltraggiosi nei riguardi di difetti fisici di colleghi o frasi inneggianti all’odio razziale.
L'incontro si risolse, tuttavia, con un nulla di fatto: le parti erano troppo distanti, la pace non si può fare con chi non vuole prendersi alcuna responsabilità in merito a fatti oggettivi. Tuttavia Agnelli ebbe modo di dire che in quel tavolo “ognuno è rimasto sulle proprie posizioni, ma il documento finale che era stato preparato riconosce - anche se non è stato sottoscritto da tutti - che ci fu giustizia sommaria. La vostra intervista conferma quanto emerso negli ultimi anni e rafforza la necessità di avere un quadro completo, capire cosa accadde ed entrare nel merito. L'inquirente racconta di telefonate che non c'erano, di altre tolte e di un diverbio: elementi che devono essere valutati da un giudice, non è plausibile che in un piccolo sistema di venti squadre ci sia tanta disparità di trattamento ” (24 dicembre 2011).
Non passarono neppure due mesi (vedete come i tempi sembrano molto più corti, quando si analizzano i fatti a distanza di tempo e non nell’immediato?) che già il presidente della Juventus F.C. decise di proseguire l’iter giudiziario, limitatamente alla parità di trattamento, presentando, nel febbraio 2012, ricorso alla Corte d'Appello di Roma (tecnicamente competente per le impugnazioni di nullità dei lodi) contro la decisione del Tnas (Tribunale nazionale di arbitrato sportivo), che si era dichiarato incompetente in merito all'istanza di revoca dell'assegnazione dello scudetto del 2006. Si resta in attesa di conoscere l’esito. Verosimilmente, come per il Tar, si temporeggia, in attesa di capire come comportarsi in maniera adeguata e ben ponderata.
Passavano, intanto, i mesi. E mentre si attendono le risposte da Tar e Corte d’Appello, nonché il pronunciamento della Cassazione, come da sempre Agnelli ha dichiarato, le sentenze in Appello per Giraudo (5 dicembre 2012) e Moggi (17 dicembre 2013) riducono la pena per i due dirigenti a meno della metà rispetto a quella del primo grado, cancellando anche il ruolo di “promotore” dell’associazione per Giraudo.
Agnelli, intanto, compariva ad eventi internazionali e sulla stampa estera, in occasione di appuntamenti in tema di management sportivo e finanza. In almeno tre diverse occasioni, con una cadenza non esattamente casuale (ogni 6 mesi esatti, ottobre 2012, aprile 2013, ottobre 2013), il figlio di Umberto ed Allegra ha ribadito che i fatti relativi al 2006 in cui è stata coinvolta la Juventus non sono ascrivibili a reati di frode sportiva, semmai a comportamenti antisportivi, di cui si macchiarono molti altri personaggi del mondo del calcio, sebbene tutto emerse solo a posteriori.
Di recente, a parte le precisazioni “twittate” ai rivali dell’Atletico Madrid, per i quali gli scudetti sarebbero solo 30 (“E' una lunga storia, ma noi contiamo 32 titoli”) ed i rimpianti estivi per quello che sarebbe potuto essere il calcio italiano senza Calciopoli, in cui Juventus e Milan avrebbero potuto continuare a competere con i top club europei, attraverso un modello di management sportivo che oggi, in Italia, forse possono vantare la Juve e un paio di altre società, sono da sottolineare un paio di passaggi importanti.
A cavallo tra il 2013 ed il 2014, infatti, Andrea Agnelli ha regalato un’intervista a Tuttosport, in cui ha parlato di calcioscommesse, violenza negli stadi, riforme della giustizia sportiva, ma in cui, soprattutto, ha ribadito che “bisogna aspettare l’ultimo grado di giudizio per trarre delle conclusioni complete. (…) A conclusione dell’iter svilupperemo le nostre valutazioni su che tipo di richieste presentare in base all’articolo 39 per la revisione dei processi sportivi. Però va sottolineato che questa possibilità è utilizzabile una volta soltanto: sfruttarla senza essere in possesso di tutta la documentazione significa privarsi di strumenti che potrebbero rivelarsi determinanti in quel procedimento”. Capito? Anche perché, a domanda se la richiesta di risarcimenti fosse ancora in piedi, ha risposto: “E’ tutto assolutamente in corso. Mi consenta: da una parte abbiamo una giustizia sportiva troppo celere, dall’altra una giustizia ordinaria troppo lenta ”.
Il secondo intervento, che sancisce 6 anni di coerenza da parte di Andrea Agnelli, è datato 2 giugno 2014, in occasione dell’incontro con gli Juventus Member: “Prima di chiedere la revisione del processo sportivo su Calciopoli, aspettiamo che vengano esauriti tutti i percorsi della giustizia ordinaria. La normativa prevede che la revisione possa essere chiesta una sola volta, perciò è opportuno aspettare, per avere più elementi, che la giustizia ordinaria esaurisca il suo corso ”. Credo che non ci siano ulteriori dubbi.
Perché ripercorrere all’infinito questa storia? Perché farci del male da soli (secondo alcuni)? Non sarebbe più semplice aspettare l’ineluttabile? O non parlarne che tanto ormai… No! Calciopoli non è finita e non finirà nemmeno con una sentenza sorprendente da parte della Corte di Cassazione. Il terzo grado di uno dei processi più mediatici (ed illogici) della storia d’Italia è fissato, sia per Giraudo, sia per Moggi, il 22 gennaio 2015. Siamo certi che sono pronte le relative risposte da casa Juve, sia in caso di annullamento del processo, sia in caso di conferma delle sentenze. I contenuti emersi, infatti, al di là di una interpretazione giuridica, non sono tali da garantire l’esclusività dei rapporti tra i dirigenti juventini ed i designatori, o le altre cariche federali coinvolte, né tantomeno il coinvolgimento della Juventus, o almeno non tale da ricevere il trattamento riservatole nel 2006. Si dovranno attendere le motivazioni, perché formalmente è giusto muoversi a bocce ferme, con tutte le carte a disposizione, ma siamo certi che, indipendentemente dal processo penale, a livello sportivo la strategia sia già chiara.
Qualsiasi sarà l’esito, con pazienza e coerenza, due virtù in via d’estinzione in Italia, daremo fiducia ad Andrea Agnelli, per quello che ha fatto e, siamo certi, per quello che farà. L’importante è che la Juventus venga sempre prima di ogni altro affare, unica strada perseguibile per tornare prestigiosi in Italia e, di pari passo (perché le due cose non sono indipendenti), grandi in Europa.
Ce lo auguriamo, e noi tifosi faremo del nostro, purché anche per la società la conquista di quei due scudetti sia un valore fondamentale, da trasmettere e condividere non solo con la dirigenza, ma a tutti gli attori del progetto, fino al campo.

Chi caca sotto la neve, pure se fa la buca e poi la ricopre, quanno ‘a neve se scioje, ‘ammerda viè sempre fori” (T. Milian)