Commento Sentenza Caf (14/07/2006): Juventus - Pagina 3

PUNIZIONI E MINACCE PER GLI ARBITRI

(86) «Altro elemento idoneo ad integrare la condotta indicata nel capo di incolpazione è da ravvisare nel comportamento tenuto dai due dirigenti della Juventus con riferimento al trattamento da riservare agli arbitri che si fossero manifestati ostili alla loro squadra. Tale comportamento si sviluppa indue modi distinti. Uno si concreta nel minacciare di far applicare sanzioni agli arbitri o nel richiederle direttamente al designatore (l’altro è il presunto condizionamento mediatico, che tratteremo più avanti). […] In proposito è da rilevare che per un arbitro l'essere costretto a saltare, per fini sanzionatori, una o più gare o essere destinato ad arbitrare una gara della categoria inferiore è circostanza non di poco conto; le conseguenze sono, infatti, nell'immediato, la perdita o la riduzione degli emolumenti che ammontano a cifre rilevanti, e, in prospettiva, il danno all'immagine idoneo a pregiudicare lo sviluppo della carriera. […] l'intenzione di punire non è legata al fatto che l'arbitro abbia diretto male, ma è invece conseguente, con riferimento a Tombolini, alla mancata osservanza da parte di costui dell'input datogli da Bergamo in relazione alla gara Lazio-Brescia.
Cosicché è lecito ritenere che la richiesta di «punire» Collina e Rosetti sia legata non ad errori da costoro commessi, ma piuttosto al fatto che essi non erano considerati dai dirigenti della Juventus come arbitri <amici>
».

Innanzitutto va subito precisato che Moggi non chiede assolutamente di punire Tombolini ma dice semplicemente di non sapere se includerlo nella griglia vista la sua infelice prestazione in Lazio-Brescia. Casomai è Bergamo a dire: «Tombolini volevo tenerlo fermo un turno perché ha sbagliato, sennò questi se non li punisci mai…». Oltretutto non vi è nulla di inconsueto nelle “punizioni” agli arbitri che hanno compiuto errori tecnici durante le partite (vengono tenuti fermi uno o più turni oppure vengono mandati a dirigere partite di seconda fascia). Piuttosto stupisce che una Corte di giustizia sportiva non conosca l’attuarsi di questa prassi consolidata. Moggi, nel prosieguo della telefonata si mostra d’accordo con Bergamo sulla linea di condotta da tenere: «ti dico… può darsi che io mi sbaglio, io pure c’ho della gente da tenè sotto, no? Se tu, per esempio, non punisci Collina e Rosetti, gli altri sono tutti autorizzati…». Moggi è in sintonia con l’amico (anche lui ha gente da “tenè sotto”) e lo consiglia sul comportamento da adottare. In ogni caso, anche qualora Moggi volesse punire gli arbitri in questione, dove si evincerebbe che lo richiede perché non “allineati”? Non può egli esprimere un giudizio puramente tecnico? È lo stesso Moggi, in alcuni colloqui con Giraudo, a manifestare preoccupazione per il protagonismo di certi arbitri ed il loro timore a fischiare a favore della Juventus, in ragione delle pressioni dell’opinione pubblica. Va ricordato inoltre che Rosetti, in quanto di Torino, non può arbitrare la Juventus. Certo è difficile per la Juventus considerare "amico" o "nemico" l'unico arbitro che per regolamento non la può dirigere.

(88) «È stata anche provata la sussistenza di minacce di interventi sanzionatori profferite dai dirigenti della Juventus direttamente nei confronti di un arbitro. La Commissione si riferisce all'episodio avvenuto dopo la partita Reggina-Juventus del 6 novembre 2004.[…] l'arbitro Paparesta non solo omise di fare cenno dell'episodio nel referto arbitrale, ma il giorno dopo telefonò a Moggi per avere un chiarimento. Questo comportamento, come del resto ha spiegato lo stesso Paparesta, nell'interrogatorio reso il 13 maggio 2006 al Nucleo operativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, dimostra uno stato di timore, almeno di questo arbitro, nei confronti della dirigenza della juventus, percepita come capace di pregiudicare la sua carriera. Non assume poi rilievo che in effetti una punizione grave non vi fu».

Il fatto che Paparesta non abbia avuto una punizione grave assume invece un rilievo ben preciso: Moggi non ha potere di decidere i “castighi” agli arbitri e questa vicenda ne è la dimostrazione. Quanto al timore reverenziale di Paparesta ci si chiede perché durante Reggina-Juventus non abbia avuto alcun problema a negare un rigore evidentissimo alla Juventus. Infine non c’è prova che Moggi abbia pronunciato le minacce di fronte all’arbitro dal momento che nelle intercettazioni il dg ne parla solo con il giornalista Tony Damascelli e con Giraudo.

(89) «Tale opera di prevaricazione si è manifestata pure attraverso un uso distorto dei mezzi di comunicazione di massa, mercé la compiacenza di ben individuati soggetti, resisi disponibili nei confronti delle sollecitazioni loro rivolte dai dirigenti della Juventus, di minimizzare gli errori degli arbitri dai quali aveva tratto giovamento questa squadra o addirittura di non parlarne, e di valorizzare invece gli errori che avevano favorito la squadra avversaria o in genere le squadre concorrenti».
Un presunto controllo dei media (Berlusconi con tre televisioni cosa controlla?) non ha nessuna rilevanza in un processo sportivo.

(89) «Gli atti posti in essere da Moggi e Giraudo, unitariamente considerati, integrano la condotta addebitata nel capo di incolpazione quale violazione dell'art. 6, c. 1, C.G.S., norma, questa, che configura un illecito a consumazione anticipata […]. È stato provato che le condotte accertate erano soggettivamente e oggettivamente dirette a interferire sulla terzietà della funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto alle altre squadre e quindi, in definitiva, ad assicurarsi un vantaggio in classifica; e che, inoltre, avevano una capacità causale adeguata per il conseguimento del risultato sperato. I fatti sopra evidenziati, infatti, erano idonei a determinare una situazione di disparità tra la Juventus e le altre squadre, poiché, pur essendo provato che anche alcuna di queste ha posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di qualche gara, dal materiale sottoposto all'esame della Commissione risulta che solo la Juventus, nel corso del campionato 2004/2005, ha esercitato quella influenza costante e generalizzata sul settore arbitrale, idonea a minarne la terzietà nei modi di cui si è già detto».

Si torna di nuovo al punto fondamentale della sentenza: il famigerato “vantaggio in classifica” ovvero ciò che permette di parlare di illecito sportivo. Purtroppo però, anche in questo caso, non si riesce a comprendere di cosa si tratti. La Corte avrebbe dovuto spiegare come i comportamenti definiti «alterazione della terzietà degli arbitri» hanno determinato in concreto un vantaggio in classifica, posto che non c’è stata influenza diretta su nessun risultato (cosa che invece hanno direttamente fatto altri, la cui posizione sanzionatoria è risultata molto meno grave). Pare di essere di fronte ad un atto di fede: visto che la Juventus aveva relazioni privilegiate con i designatori, questo “deve” necessariamente aver comportato un vantaggio in classifica.
Sì, ma esattamente, quale vantaggio? È l’incongruenza principale dell’intero provvedimento: se la classifica è la risultante aritmetica di una somma di punti ma non si è in grado di stabilire in quali partite la Juventus ne ha ottenuti illecitamente, come si può affermare che “l’alterazione della terzietà” determina un effettivo vantaggio in classifica senza implicare un’alterazione dei punti stessi? A questo proposito sarebbe interessante sapere se i Rolex di Sensi abbiano o meno determinato un effettivo vantaggio in classifica. Non sono anch’essi un lampante tentativo di minare la terzietà arbitrale?

UN’ ENORME CONTRADDIZIONE E IL REATO ASSORBITO

(100) «La Procura fa particolare riferimento ad un colloquio telefonico del 3 dicembre 2004, alle ore 11.53 (prog.8771), dal quale si evince che Moggi conosceva, prima della comunicazione ufficiale il nome degli assistenti. Inoltre la Procura federale osserva che la sera del 2 dicembre 2004 Moggi aveva incontrato a cena Bergamo, Pairetto e Giraudo (la famosa cena di Natale, nda), e poiché collega a questo incontro la sopra ricordata telefonata del 3 dicembre 2004 (prog. 8771), lascia intendere, se pure non esplicitamente, che la conoscenza dei nomi degli assistenti da parte del Moggi, anteriormente alla loro designazione ufficiale, dipendeva da un precedente accordo. La commissione ritiene che la condotta ascritta al Moggi vada qualificata come contraria ai principi di correttezza e lealtà sportiva, come del resto altre volte ha prospettato la Procura in questo stesso procedimento (v. partita Juventus - Udinese del 13 febbraio 2005, in questo stesso capo di incolpazione e partita Milan – Chievo del 20 aprile 2005, nel capo di incolpazione relativo a Galliani, Meani e Mazzei); poiché l'interferenza nelle designazione è una delle plurime condotte attraverso le quali Moggi ha realizzato l'illecito descritto nel primo capo di incolpazione, la commissione, riconosciuta la sussistenza della violazione dell'art. 1, c. 1, C.G.S., ne dichiara l'assorbimento nell'illecito del quale Moggi è stato già ritenuto responsabile».

Un’altra gigantesca contraddizione, anzi due. In precedenza si è parlato di sorteggi regolari e non pilotati. Come si può allora dire adesso che Moggi, conoscendo in anticipo i nomi degli arbitri, li taroccava? Inoltre, come può la Caf non aver notato che la telefonata in questione è delle 11.53, ovvero di quasi un’ora successiva ai sorteggi stessi? Moggi conosceva i nomi semplicemente perché aveva telefonato in Federcalcio. E poi cosa significa che l’illecito è “assorbito” dentro a un altro? Ma più condotte antisportive non facevano un illecito? Due illeciti sommati cosa comportano?

LE AMMONIZIONI NON SONO MIRATE

(101) «Reputa questa Commissione che dal materiale probatorio acquisito agli atti del giudizio non emerga, con sufficiente grado di certezza la responsabilità del Moggi e Del De Santis in ordine al compimento di atti integranti l’illecito sportivo loro contestato dalla Procura.[…] effettivamente De Santis (ha) nel corso della gara ammonito due calciatori del Bologna diffidati, anche tenendo conto del fatto che, in base a quanto risulta dal rapporto dell’osservatore Aia per detta gara, il direttore della stessa ha fatto corretto uso dei propri poteri sanzionatori, irrogando ammonizioni dovute».

Quello appena letto è il giudizio della Caf riguardo alle tanto discusse “ammonizioni scientifiche”. Ebbene, non esistono. Le ammonizioni di Nastase e Petruzzi erano corrette a norma di regolamento (“dovute”), e comunque non ci sono prove che Moggi le abbia mai richieste. Per una volta la sentenza ha fatto meglio dei giornali.

CONCLUSIONE

In sintesi, la Juventus viene incriminata per il cosiddetto “illecito strutturato” (che nemmeno la sentenza è riuscito a definire) e per tre partite.
La prima non è stata nemmeno giocata dalla Juve (Fiorentina-Bologna) ma non c’è illecito perché non esistono le ammonizioni mirate. La seconda (Juventus-Lazio) è assorbita nella terza (Juventus-Udinese) per la quale si constata il condizionamento delle designazioni degli assistenti il cui reato è riassumibile così: “dammi A e B”, “No, C e D”, risultato “A e C”. Da questo episodio, dal tono di voce di Moggi e dall'orario notturno delle telefonate si arriva a retrocessione in serie B con meno 30 punti, a 5 anni di inibizione, alla revoca di due scudetti e a 80.000 € di multa, perché i designatori, che peraltro non truccavano i sorteggi, hanno ricevuto "regali di entità indefinibile", un telefonino, e il concessionario ha fatto lo sconto del 23% su una Fiat per un loro amico. D'altronde, la prova regina è lo scudetto: (89) «le condotte stesse, tutte dirette al medesimo fine, hanno effettivamente determinato una situazione di vantaggio della Juventus rispetto alle altre squadre, che ha poi portato la stessa alla vittoria nel campionato».