I due volti dell'addio di Pavel Nedved

nedvedUn giorno disumano di Huskylover

Non è solo il titolo di una stupenda canzone di Gianna Nannini, è la definizione azzeccata della giornata di ieri per molti juventini. Perché è stato il giorno dell’addio di Pavel ‘alla Juve’.

Sì, perché questo è il punto. Se si fosse detto subito che ieri Pavel aveva deciso di appendere le scarpe al chiodo, non ci sarebbe stato nulla da dire: una carriera stupenda, con il punto esclamativo del pallone d’oro e il fiore all’occhiello di aver seguito, senza batter ciglio, la Juve in B e nel calvario successivo, dando sempre il massimo.

Ma non è così: la società stessa nel comunicato ammetteva che Pavel chiudeva la carriera ‘in bianconero’. Cioè lasciava la Juve, ma forse non il calcio. Lo ammetteva anche Raiola, l’agente di Pavel, che aggiungeva furbescamente di avere molte offerte.

E la notizia era presente anche nella pagina che comperata dalla società sulla Gazzetta per salutare il ceko: Pavel Nedved giocava la sua ultima partita 'in maglia bianconera'.

Già questo modo di salutarlo, dalle pagine della Gazzetta, lascia sconcertati: la maggior parte dei tifosi juventini questo saluto non lo vedrà proprio, perché il fogliaccio rosa da tempo immemorabile è stato bandito da chi ama la Juve, e altrettanto avrebbe dovuto fare la società, viste le tonnellate di fango che quello pseudogiornale ha sparso sulla nostra storia passata e presente; ma, si sa, gli affari sono affari, e qui di cuore non c’è traccia...

Ma quello che più fa inorridire è come la questione è stata portata avanti, e non ancora conclusa, sul piano della comunicazione, e qui anche Raiola, ma lo conosciamo del resto, ci ha messo del suo: ridda di voci, ogni sito, ogni Tg, ogni forum aveva la sua versione, si tratta di soldi, ma no, si tratta di questioni tecnico-tattiche, ma no, si tratta di un futuro dirigenziale o meno, una confusione che la metà avrebbe stordito un Einstein. Poi si saprà, forse; se anche quella sarà la verità, perché di verità e controverità ce ne sono state troppe, in questi tre anni disgraziati (e non sappiamo purtroppo quando finirà): ma sarà comunque troppo tardi e sarà confermata l’esistenza, al posto della vecchia cara gloriosa Juventus, di una New Holland di dilettanti allo sbaraglio al posto della dirigenza, con una proprietà che vede la Juve solo come un fastidioso asset, infestato per lo più da quei rompiballe di tifosi che pretendono risultati.

Risultati??? Quali risultati? Non lo sanno che c’è il famoso progetto???? Chiedano a Buffon per informazioni più precise (d’altronde basta suonare il citofono e la porta si spalanca); peccato che a questo progetto comincino a non credere più i giocatori stessi, probabilmente lo stesso Nedved.

Che se ne va, come se ne andrà David Trezeguet, e forse anche qualcun altro, perché il Progetto, quale che esso sia, ormai pare convincere il solo Buffon.

Sicuramente non convince noi che amiamo la Juve

Noi che avremmo voluto per Pavel un commiato più caldo da parte della società, non certo da parte dei tifosi, che lo hanno salutato con cori e striscioni colmi di affetto, e dei compagni, che lo hanno sommerso di abbracci commossi..

E lui ci ha ricambiato con dichiarazioni riconoscenti per quello che dal calcio ha avuto, in termini di affetto. E le sue dichiarazioni sono risultate più illuminanti delle ipotesi di qualsiasi giornalaio: Pavel ha lasciato davvero intravvedere un addio al calcio giocato, per dedicarsi alla famiglia.

E questo, nonostante tutto, ci fa piacere e ci fa tirare un sospiro di sollievo, perché avremmo sofferto troppo a vedere la sua zazzera bionda scorrazzare per il campo con addosso un’altra maglia, magari a giocarci contro.

GRAZIE, PAVEL, DI TUTTO.

 

Ciao Pavel! di alex27juve

Caro Pavel,
Juventus-Lazio del 31 Maggio 2009 sarà ricordata come la tua ultima partita con la maglia bianconera.

Impossibile raccontare la commozione e la malinconia che hanno intriso il cuore di tifosi e compagni di squadra, difficile salutare un giocatore e un uomo che per otto anni ha scritto la storia della Juventus.
L’atmosfera allo stadio è quasi irreale, sembra che ciascuno dei presenti si domandi “Dobbiamo proprio salutarti? Ma perché non rimani?” e che tu risponda “Mi dispiace, ma devo andare”. Lo hai fatto nell’unico modo a te noto, non con le parole, ma con una prestazione sopra le righe: una strepitosa punizione dalla sinistra che ha lambito la traversa ed uno splendido assist alla Nedved, con palla recuperata, con la solita grinta, a centrocampo e subito messa lì per Iaquinta, proprio davanti al portiere.
Pavel, ma non puoi rimanere?

I tifosi scandiscono il tuo nome per tutta la partita ed ecco il più classico degli episodi: giocatore avversario che entra duro sulle gambe, tu che vai a terra e ti rotoli dolorante, il pubblico che s’infuria e tu che ti rialzi dopo un po' zoppicante.
Dura pensare che non rivivremo più questi interminabili minuti, quando un brivido gelido percorre la schiena e un terribile pensiero attraversa la mente “Stavolta si è fatto male sul serio! E adesso come facciamo a sostituirlo?
E ritornano alla mente lontani ricordi di un 2 Marzo 2003 quando, durante uno Juve-Inter, subisti un terribile botta alla schiena da parte di Materazzi che ti procurò una contusione polmonare. Uscisti dal campo per pochi minuti, sembrava fosse necessaria una sostituzione, ed invece rientrasti portando la squadra alla vittoria e, al termine del match, ti recasti in ospedale per accertamenti, dove trascorresti tutta la notte
La furia ceka non conosce ostacoli in grado di contenerla!

Si alza un coro dalla curva Più rispetto per Pavel Nedved!, un monito a tutta la società, dirigenti e proprietà, ad avere più riguardo di chi è juventino fino al midollo; come si fa ad accettare di perdere un campione e ritrovare un ex giocatore, fuggito negli anni bui, a cui si offre, non solo un posto in squadra, ma perfino un ruolo dietro la scrivania? Pavel, per questa gente, la juventinità non ha alcun valore!

Ed ecco il momento della sostituzione, giù applausi e cori inneggianti al tuo nome; saluti i compagni, abbracciandoli, e ti avvii verso la panchina sommerso dall’affetto dei tifosi: è standing ovation. Ricambi commosso, applaudendo a braccia alzate, poi, una volta uscito dal campo, stringi con affetto i presenti, il saluto sembra non aver fine.
La malinconia pervade lo stadio: davvero non vedremo più la tua chioma bionda che si agita vorticosamente in campo, il tuo modo di correre quasi fossi afflitto da chissà quale dolore, quegli scatti rabbiosi e quella tua infinita voglia di vincere?

Arriva il fischio dell’arbitro, tutti abbandonano il campo, ma è solo per permettere che inizi la festa finale.
Dopo pochi minuti, riappaiono dal tunnel i compagni di tante avventure, indossano tutti la maglia numero 11 e si dispongono su due lati; lo speaker annuncia “Ed ora per l’ultima volta, con il numero 11 Pavel…” e tutti in coro “Nedved!”. Tu rientri in campo visibilmente commosso e, camminando tra le due ali, saluti nuovamente tutti: dai giovani arrivati nel duro anno di B agli “anziani”con cui hai condiviso otto anni di gioie, tante, e, qualche, dolore.

Partono sul maxi schermo le immagini della tua carriera bianconera, ma non c’è bisogno di guardarle, sono impresse, scolpite, nella mente di ognuno di noi; e come potrebbe essere altrimenti?
Se chiudo gli occhi mi sembra di rivivere tutte le emozioni che ci hai regalato: la trasferta di Piacenza, con la partita indirizzata verso lo 0-0… ma non per te: rubi palla a centrocampo, corri verso la porta avversaria e tiri un autentico missile che si insacca in rete…gol! Era il 2002 e quel gol, ci permise la più bella ed inaspettata delle rimonte che si concluse con lo scudetto del 5 Maggio.
Passa un anno, qualcuno scrive Scusa Zidane, ma l’amore è ceko! E tu ringrazi apponendo il tuo sigillo su una delle più belle partite della storia della Juve in Champions League: Juventus-Real Madrid 3-1, Trezeguet Del Piero Nedved; i simboli della Juve di allora come di oggi.
Riaffiorano nella mente anche i ricordi dolorosi, quel pianto ininterrotto per l’ammonizione che non ti permise di giocare la finale. Diavolo di un arbitro! Ma perché fu così fiscale! Eppure solo pochi minuti prima aveva risparmiato Roberto Carlos nella tua stessa situazione. Ah se solo ci fossi stato tu a Manchester!

Inizia l’ultimo giro di campo tra la folla: tutti applaudono, alcuni intonano il tuo nome, ma non tutti! Scusa Pavel, non è mancanza di rispetto, ma il groppo alla gola impedisce l’emissione di qualsiasi suono e a stento si riescono a trattenere le lacrime.
Tu appari sempre più commosso e, quando arrivi sotto la nord, porti la mano più volte sul cuore come a dirci che non ci dimenticherai.
Poi l’abbraccio con la famiglia, simbolo di quella semplicità che ti ha da sempre contraddistinto: niente locali modaioli, niente veline, ma una vita da atleta d’altri tempi che nel tempo libero ama correre nel verde del parco della Mandria, lontano dai luccichii della città. Forse è proprio per questo tuo essere così lontano dal calciatore-tronista di oggi che sei entrato nei nostri cuori.

Ed ecco che ti consegnano un piccolo ricordo: una maglia bianconera, autografata da tutti i compagni, recante il numero 327, quello delle tue presenze nella Juventus.
Oh Pavel quanti ricordi! Dalle stelle della Champions alle stalle della B e tu sempre presente: a centrocampo a contrastare il gioco avversario, sulla fascia per uno dei tuoi fantastici assist, in attacco a siglare uno dei tuoi mirabolanti gol. Già sento che ci mancherai!

E’ arrivato il momento, le ultime strette di mano, l’ultima intervista per ricordare con affetto la famiglia Agnelli; poi cessano i cori, gli applausi si affievoliscono, lo stadio inizia a sfollare e tu ti dirigi verso la tribuna finché la tua figura scompare inghiottita dal tunnel che porta negli spogliatoi.
E così caro Pavel non mi rimane che l’ultimo, struggente, saluto… Ciao!