Assemblea azionisti Juve 2009: primo intervento

megafonoEgregio Presidente,
egregi Consiglieri,
gentili colleghi azionisti,

devo dirvi, in tutta franchezza, che quest’anno ho riflettuto a lungo sull’opportunità di intervenire in quest’Assemblea. Lo scorso anno, infatti, ero rimasto piuttosto deluso nel notare le sedie della prima fila che si svuotavano proprio mentre gli azionisti stavano ancora completando i loro interventi.
Eppure mi erano sembrati quasi tutti interventi costruttivi, basati su fatti  e non sul folklore, come invece ripetono spesso i menestrelli della carta stampata per compiacere i loro editori.
Vorrei invitare tutti i convenuti, quindi, a presenziare fino alla fine dei lavori assembleari, anche perchè, a quanto mi dicono, dovrebbe esserci un abbondante rinfresco e di solito questo argomento è più che sufficiente a incollare le persone alle sedie.

Prima di entrare nel “vivo” delle mie osservazioni vorrei dedicare qualche secondo per rivolgere un saluto ai due componenti del CdA che con l’Assemblea odierna esauriscono il loro mandato.
Un saluto, quindi, a Giampaolo Montali, consigliere uscente. Ormai lo possiamo dire,  è tifoso della Fiorentina. Non ho ben chiaro quale sia stato il suo reale contributo alla causa bianconera in questi tre anni. E sono certo che non è stato fatto molto per metterlo a suo agio. Di sicuro ha avuto il merito di farci sorgere il dubbio che da qualche mese ognuno di noi coltiva: siamo scoiattoli o tacchini? Scherzi a parte, mi sento di ringraziarlo perché è stato l’unico consigliere di amministrazione che ha manifestato in questi tre anni concreto interesse per le nostre argomentazioni. E forse anche per questo è stato esiliato.

Un saluto particolare va inoltre dedicato al Presidente uscente, Giovanni Cobolli Gigli.
Nel 2006, Presidente, Lei esordì dicendo che saremmo stati simpatici, vincenti e trasparenti. Dopo tre anni, io credo di poter affermare con certezza che non abbiamo raggiunto nessuno dei tre obiettivi.
Sicuramente non siamo simpatici, e su questo non credo ci sia bisogno di citare gli aggettivi che ci riservano in giro per il mondo, nonché il livore dei principali mezzi di informazione.
Al momento non siamo vincenti, e anche su questo non credo ci siano dubbi, a meno che non vogliamo considerare la famosa Coppa Zaccone.
E infine non siamo trasparenti. Almeno così la pensa la Procura di Torino, visto che continua a frugare nei nostri uffici e nei nostri bilanci, e non solo in quelli firmati da Franzo Grande Stevens, ma anche in quelli firmati, più recentemente, da Lei.

Nonostante ciò, io credo che il Suo bilancio personale sia assolutamente positivo e non mi riferisco all’aspetto remunerativo. Il Suo compito non è stato certamente facile, stretto tra le esigenze di un azionista di maggioranza che Le aveva imposto scelte inspiegabili ed atteggiamenti poco combattivi, e le ragioni di chi, come me, si sentiva tradito dall’accondiscendenza con la quale era stato accettato lo stupro ai nostri danni.
In tale contesto il rapporto con alcuni di noi è stato spesso aspro, ma devo darLe merito di aver risposto alle nostre “ramanzine” sempre con assertività e pazienza, doti non comuni al giorno d’oggi. 
E mi piace pensare che la Sua ultima intervista di qualche settimana fa al Guerin Sportivo, in cui parla apertamente di 29 scudetti e di “rimpianto per una gestione efficace, robusta e vincente”. riferendosi alla Juventus di Giraudo-Moggi-Bettega, sia in fondo un piccolo regalo d’addio, quasi un estremo tentativo per farci sapere che tutto sommato era d’accordo con noi.
Le formulo quindi i migliori auguri per il Suo futuro professionale e personale.

Passiamo quindi all’esame del Progetto di Bilancio.
Nella Lettera agli Azionisti, dove, per inciso, la parola “serie B” compare 2 volte nelle prime 10 righe, si sottolineano più volte concetti come “fair play finanziario”, “equilibrio economico”, “competitività sportiva”, e si arriva ad affermare che “la società ha proseguito la sua attività nelle sedi istituzionali in cui è maturata la decisione di operare una forte rivisitazione della governance del calcio italiano”.
Successivamente viene posto l’accento sul fatto che “la necessità di tutelare la correttezza della competizione sportiva è diventata quanto mai urgente, in un contesto che manca di un quadro normativo in grado di garantire il necessario equilibrio finanziario tra le società concorrenti”.

Non si capisce francamente cosa stiate facendo per ottemperare a questa affermazione.
Le ultime tre edizioni del campionato italiano sono state vinte da una società che ogni anno spende quasi il doppio dei propri ricavi, che a livello consolidato manifesta un indebitamento di circa 400 milioni di euro e che si iscrive ai campionati in maniera discutibile, sistemando i bilanci con operazioni straordinarie di fusione, acquisizione, cessione e riacquisto di marchi e altre amenità del genere.
D’altronde, se in  un altro passo della lettera agli azionisti si legge che "la Juventus ha mantenuto un ruolo di primo piano, dopo aver sostenuto con convinzione la necessità di imprimere una svolta organizzativa e finanziaria, che mettesse il calcio italiano nelle condizioni di crescere", allora è il momento di tirare fuori gli attributi e abbandonare l’atteggiamento di vassallaggio nei confronti di quelle società che predicano bene, ma razzolano male.

Passando alla Relazione sulla Gestione, credo sia doverosa una premessa. In questi ultimi giorni sugli organi di stampa c’è stata la corsa a gratificare i risultati di bilancio degli ultimi tre anni della “nuova” Juventus, in particolare evidenziando l'utile netto dell'ultimo esercizio, che ammonta a circa +6 mln di Euro.
Analizzando con attenzione i documenti contabili, si evince però che in questi tre anni il bilancio della Juventus è stato oggetto di importanti operazioni di carattere straordinario, che hanno contribuito non poco a far fare bella figura al nuovo Amministratore Delegato. Il Dottor Blanc, da parte sua, ha avuto il merito di capire molto velocemente che, per fare bene, bastava toccare il meno possibile e sfruttare le risorse lasciate dalla precedente gestione.

Andiamo a vedere nel dettaglio queste operazioni, e quali effetti contabili ed economici hanno generato:

1) Nell’estate del 2006 lo smobilizzo del parco giocatori  aveva generato, su alcuni di essi (Vieira e Thuram), minusvalenze per 13,5 mln di Euro. Per evitare di portarle nell’esercizio 2006/2007, fu deciso, in sede di consuntivo 2005/2006, di svalutare i loro cartellini e di imputare così la perdita all’ultimo esercizio di Giraudo. In questo modo il nuovo esercizio contabilizzò solo le plusvalenze su tutti gli altri giocatori.

2) Nel 2006/2007, a causa dell’applicazione dei nuovi criteri contabili IAS, fu necessaria la rettifica di una posta di bilancio riferita alla vendita di una opzione sui diritti TV a Mediaset, il cui corrispettivo era stato incassato nel 2005/2006. Ancora una volta il bilancio di Giraudo fu alleggerito (peraltro in maniera assolutamente lecita) dell’effetto economico di 30 mln di Euro di ricavi, che furono dichiarati di competenza degli esercizi successivi, in particolare 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010. Nei 240 milioni di ricavi di quest’anno, ci sono dunque 10 milioni che si riferiscono a questa spalmatura e che ci permettono di chiudere in utile. E altri 10 ci saranno il prossimo anno.

3) Nel 2007 la Società Juventus deliberò un aumento di capitale di circa 105 mln di Euro, una ricapitalizzazione che Moggi e Giraudo avevano più volte invocato, senza successo, per avere la possibilità  di programmare investimenti di ampio respiro. I soldi furono versati da Ifil per il 60% e per il restante 40% dai piccoli azionisti. Denaro fresco, dunque, di cui la Triade non aveva mai usufruito, purtroppo, se non in minima quantità al momento della quotazione in Borsa, quando, accanto alle azioni cedute da IFI, fu deciso un piccolo aumento di capitale riservato al mercato. Da sottolineare, quindi, che in quel caso, ancorché pochi, erano soldi messi solo dagli azionisti di minoranza!

4) Nei tre anni oggetto di analisi, la nostra società ha venduto decine di calciatori frutto del lavoro di Moggi e del suo staff, beneficiando di circa 72 mln di Euro (!) di plusvalenze, di cui 15,7 mln relative all’esercizio che stiamo approvando. Chissà cosa ne pensa John Elkann che qualche mese fa, in un'intervista al Corriere della Sera, aveva accusato Giraudo e Moggi di tirare avanti grazie alle plusvalenze! A fronte di queste cessioni plusvalenti sono stati comprati i seguenti calciatori: Boumsong, Criscito (riscattando la comproprietà dal Genoa per 7,5 mln nel 2007 e cedendola allo stesso club successivamente per 5,5!), Andrade, Almiron, Tiago, Iaquinta, Sissoko, Amauri, Poulsen e qualche altro, per un totale investito di oltre 100 mln di Euro. Non sono compresi ovviamente i parametri zero (Grygera, Salihamidzic, Mellberg) e i fantastici prestiti di Alessio Secco, tra cui spicca Carneade Knezevic, per cui abbiamo speso 750 mila euro e che ha giocato solo tre partite, in quanto rotto prima ancora di arrivare a Torino.

E in questo elenco mancano gli acquisti di quest’anno, in quanto di competenza dell’esercizio in corso, dove c’è da segnalare ancora un massiccio ricorso alle riserve "moggiane": Marchionni e Zanetti, infatti, erano stati ingaggiati dall'ex Direttore Generale a parametro zero. Sono stati venduti (Zanetti inspiegabilmente!) e frutteranno 6 mln di Euro di plusvalenze sul prossimo esercizio. Da notare che, tranne Mellberg e Boumsong, la Juventus non riesce più a vendere i giocatori di recente acquisizione, che rimangono irrimediabilmente sul groppone anche a causa degli stipendi immorali che percepiscono. E’ da notare inoltre che, secondo Alessio Secco, Cristiano Zanetti vale meno di Mellberg.

In definitiva la Juventus di Blanc in questi tre anni, al di là della gestione caratteristica (ricavi da stadio, diritti TV e sponsor), ha beneficiato complessivamente di circa 115 mln di Euro di ricavi straordinari e di 105 mln di Euro di capitale fresco. Oltre ai ricavi rivenienti dalla liquidazione di parte del patrimonio immobiliare lasciato da Giraudo (Campi di Vinovo e aree commerciali esterne al nuovo stadio).
Nonostante ciò il risultato complessivo di questi tre anni è però  negativo per circa 16 mln di Euro (-0,9 mln 06/07, -20,8 07/08 e +6,6 08/09).

Queste semplici considerazioni mi fanno essere molto preoccupato per il futuro. In questi tre anni abbiamo presentato bilanci dignitosi grazie ad abbondanti risorse straordinarie che, in quanto tali, potrebbero non essere disponibili in futuro.
Come vedremo in seguito, l’atteso incremento dei ricavi relativo all’avviamento del nuovo stadio potrebbe non essere sufficiente a compensare la mancanza di queste risorse e di altre che poi analizzeremo.
Di questo passo il vero obiettivo della società non sarà più quello di vincere, bensì quello di qualificarsi per la Champions League, cosa che dal prossimo anno potrebbe diventare più difficile perché l’Italia rischia di perdere la quarta. Senza i soldi della Champions saremmo costretti a chiudere in perdita o, in alternativa, a ridimensionare stipendi e ambizioni.
Ma l’analisi dei ricavi preoccupa anche per un altro motivo: come potrete osservare consultando la tabella a pagina 21 del progetto di bilancio, alla voce “Ricavi da Sponsorizzazioni e pubblicità” sono esposti circa 46 milioni di euro, con un incremento di circa 5 milioni rispetto all’esercizio precedente. Sembrerebbe un buon risultato. In realtà la stessa cifra era stata incassata già nel 2002, per poi salire a 55 nel 2003, 55 nel 2004, 58 nel 2005 e 55 nel 2006. In pratica, per quanto riguarda i ricavi da sponsorizzazioni e pubblicità siamo tornati sette anni indietro. Analizzando queste cifre mi verrebbe da dire che anziché “Less is more” siamo di fronte a un “less is less”.

I ricavi complessivi saranno inoltre anche intaccati dall’applicazione della nuova legge sulla vendita centralizzata dei diritti televisivi. I primi calcoli, effettuati sulla base del minimo garantito dalla società che si sta occupando della vendita,  evidenziano una probabile riduzione rispetto alla stagione attuale di circa 10 milioni di euro.
I criteri di ripartizione collettiva dei diritti TV sono da ritenersi un vero esproprio.  Non sapremmo come diversamente definire il fatto che la Lega abbia stabilito che, comunque, nessuna potrà superare il 25% e che bisognerà  premiare, a prescindere, le società che hanno sede nelle città più popolose. Questa è un'assurdità, mentre la vera porcata riguarda il fatto che, per quantificare i meriti sportivi di Juve, Milan e Inter, le vittorie conquistate nei cinque campionati, a partire dal 2005-06, varranno di più rispetto a quelle di tutti i campionati precedenti.
La legge Melandri voleva assicurare una più equa distribuzione delle risorse e, infatti, il 40% dei diritti TV andrà diviso in parti uguali, ma contemporaneamente voleva anche premiare le società in base proprio al loro bacino di utenza e ai risultati sportivi finora conseguiti: stranamente, però, una volta arrivati in Lega, sono state prese strade che offendono la statistica e fatte alcune scelte arbitrarie che offendono e basta.
Non si capisce sulla base di cosa ciò sia potuto accadere: semmai verrebbe da pensare, a voler fare della dietrologia, che si tratti di decisioni assunte con il ragionamento bruto della forza, imposte cioè da un "partito", evidentemente quello uscito vincitore dallo scandalo dell'estate 2006.

Potrebbe succedere che nel 2011 l'Inter ricavi dall'applicazione della Legge Melandri le stesse risorse della Juventus, se non di più. Sarebbe del tutto inaccettabile e inconcepibile, ma potrebbe essere così, perché secondo le prime stime della Figc tra le due società c'era una differenza percentualmente inferiore ad un punto:  nel frattempo l'Inter, non solo statisticamente, ha vinto gli ultimi quattro campionati (anche arrivando terza!), ma potrebbe vincere anche quest’anno facendo, quindi, bottino pieno sulla fettina del 15% del totale dei ricavi televisivi riferiti al piazzamento degli ultimi 5 anni.

C'è, quindi, una questione fondamentale: la sciagurata scelta del 2005-06 come campionato pivot per assegnare il 15% dei ricavi finisce per intrecciarsi con la storia di calciopoli e coi i suoi sviluppi nei Tribunali ordinari. Il Dottor Blanc, in una intervista a Repubblica del 17 gennaio 2009, in merito ai due scudetti sottratti, ha dichiarato che “E' troppo presto per discutere di eventuali restituzioni, e che se ne riparlerà tra qualche anno alla fine del processo di Napoli". L'Amministratore Delegato parlava di scudetti da restituire, ma andrebbe fatta la stessa riflessione sui soldi dei diritti TV: eventualmente fossero restituiti gli scudetti, analogamente, quei soldi (che qualcuno ha collegato proprio a quegli scudetti) andrebbero stornati e restituiti al legittimo proprietario.
Di conseguenza la Juventus dovrebbe, nelle sedi opportune, formalizzare la stessa riserva che il Dottor Blanc esprimeva a Repubblica: le assegnazioni dei ricavi dei diritti TV per il 2011, e gli anni seguenti, dovrebbero essere accettate con riserva e considerate sub judice.

Nel caso le sentenze provenienti da Napoli fossero sufficienti ad avviare il processo di revisione ai sensi dell’art. 39 CGS (tra tre, quattro, o dieci anni, non importa) quell'assegnazione andrà ricalcolata.
A tale proposito sarebbe opportuno che i giornalisti presenti nella sala accanto prendessero nota che la giustizia sportiva non è nel nostro ordinamento costituzionale, vera “giustizia”. I giudici sportivi non sono “giudici” e le sentenze sportive non sono “sentenze”, bensì semplici provvedimenti amministrativi.
La Costituzione vieta “giudici speciali” e, in base a questa norma, i Tribunali sportivi non sono altro che organi di natura disciplinare dotati di una certa autonomia, ma subordinata a quella dello Stato. Il concetto deve essere chiaro, per evitare che si dica che la cosiddetta giustizia sportiva è svincolata dalla giustizia ordinaria, come se corresse su un binario parallelo. Per cui, in definitiva, quello che la giustizia penale dovesse escludere non può essere affermato dalle decisioni della cosiddetta giustizia sportiva.
Fa giurisprudenza in merito il caso Guardiola, condannato irrevocabilmente dalla giustizia sportiva nel 2001 per un caso di sospetto doping, e assolto dalla giustizia ordinaria nel 2007. Ebbene, il giorno 8 maggio di quest’anno, la Corte di Giustizia Federale ha dovuto accogliere il suo ricorso di revocazione, ex-art. 39 del CGS. Sono passati otto anni e questo dà una idea di cosa potrebbe succedere per Calciopoli.

Tra l’altro, in merito al Processo di Napoli, a pag 18 del Progetto di Bilancio è spiegato che la Juventus, a seguito dell’accoglimento delle eccezioni procedurali,  sarebbe stata estromessa dal processo in data 24 marzo 2009. Nel capitolo riguardante i “Fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio” non è però menzionato il provvedimento del 9 Luglio 2009, con cui la Corte di Cassazione ha riammesso le parti civili, precedentemente escluse. La riammissione delle parti civili comporta la reviviscenza della chiamata in giudizio dei responsabili civili, tra cui la nostra società, che al momento rimane esposta, quindi, al rischio di dover pagare grosse somme a titolo di risarcimento. Purtroppo, stavolta, non servirà patteggiare, viste le cifre in gioco, che renderanno probabilmente necessario l’accantonamento di un Fondo Rischi. Molto più semplice ed economico accodarsi alle ragioni di Luciano Moggi e Antonio Giraudo e, finalmente, difenderli e difendervi come sarebbe stato opportuno fare fin dal 2006.
A tale proposito spero che non venga rispolverato quanto affermato da Zaccone proprio qui in Assemblea, quando parlò di quattro illeciti e di carte da serie C. In altra sede, infatti, gli avvocati Montanaro, Briamonte e Gandini, a marzo del 2007, nell’ambito del Lodo Brescia-FIGC, hanno sostenuto l’insussistenza di qualunque colpa della Juventus “in quanto – cito testualmente - i comportamenti di Luciano Moggi hanno dato luogo all’incriminazione di quattro sole partite, nessuna delle quali riguardava il Brescia Calcio e in nessuna delle quali è stato rinvenuto un illecito sportivo”.
Tra l’altro, in sede sportiva,  la Juventus è stata condannata per un illecito associativo non previsto dal codice di giustizia sportiva. E questo già basterebbe per dire che fu una scelta disgraziata quella di non ricorrere al Tar. Ma se il giudice penale a Napoli dovesse sentenziare che non sussiste neppure nei fatti quell'illecito associativo  (previsto e punito invece dal codice penale), la società dovrà far valere i suoi diritti e chiedere, immediatamente, la revisione delle sanzioni, almeno per quanto riguarda gli aspetti reversibili.

Ancora per quanto riguarda le aule dei Tribunali non può non suscitare perplessità quanto sta accadendo a Torino, nel procedimento contro gli ex dirigenti per l’ipotesi di falso in bilancio, infedeltà patrimoniale e truffa ai danni della FIGC. La società, che era stata coinvolta, ha patteggiato per circa 70.000 euro a causa della mancanza del modello organizzativo, e già questa è una cosa fuori dal mondo. Ma quello che lascia basiti è il fatto che l’accusa di infedeltà patrimoniale, sul capo dei tre ex amministratori, pare sia scaturita, addirittura, da una denuncia contro ignoti eseguita dagli attuali amministratori. In merito a questa vicenda chiedo al Presidente di raccontarci come si è arrivati al patteggiamento e se corrisponde al vero ciò che si dice in giro, e cioè che la denuncia contro ignoti sia stata sollecitata dalla stessa Procura per aprire un altro fronte di accusa contro i vecchi amministratori.

Terminata questa lunga parentesi giudiziaria, fastidiosa ma doverosa, torniamo al Progetto di Bilancio. Dopo aver analizzato i ricavi, diamo un’occhiata ai costi.
A pagina 23 del progetto di bilancio, tra i costi operativi, sono esposti quelli sostenuti per il personale, tesserato e non. Complessivamente parliamo di quasi 138 milioni di euro contro i 121 dell’esercizio precedente, con un incremento di circa il 14%!
Questa cifra, confrontata con la qualità media della rosa appare davvero spropositata.
Se guardiamo indietro la stessa posta, nel 2006, ammontava a 132 milioni, e nel 2005 a 127 milioni, quando però avevamo un parco giocatori e allenatori di ben altro livello.
Inutile girarci intorno. Paghiamo troppo gente mediocre. Lo stipendio di Poulsen e la durata del suo contratto sono la cartina di tornasole di quanto affermo. Ancora più aberrante è la circostanza che i premi variabili sono aumentati del 1000% in una annata dove non abbiamo vinto nulla!

Un capitolo a parte merita la questione allenatori. Premesso che la stabilità  della guida tecnica era uno dei punti chiave del piano di sviluppo a medio-termine del marzo 2007, in tre anni si sono seduti sulla panchina della Juventus ben 4 allenatori (Deschamps, Corradini, Ranieri e Ferrara), di cui ben 2 esonerati prima della fine naturale del contratto. In particolare, non posso far a meno di sottolineare la superficialità con cui è stato redatto il contratto di Ranieri, visto che siamo riusciti dapprima a farci portare in Tribunale e poi a pagargli una buonuscita di 3,7 milioni di euro. Da che mondo è mondo gli allenatori si continuano a pagare regolarmente e se trovano un altra squadra si rescinde il contratto in pieno accordo. Noi abbiamo, invece, messo una fantasiosa clausola che ci ha costretto a pagare, al momento del licenziamento, tutto l’ingaggio residuo fino alla naturale scadenza del contratto. Sull’affare Ranieri lascio a questa platea qualsiasi considerazione in merito. Ma sono sicuro che anche il mio salumiere avrebbe fatto le cose meglio dell’avvocato che ha redatto questo contratto.

La stessa superficialità  è stata applicata al contratto del calciatore Andrade, per il quale abbiamo speso in tre anni tra cartellino, ingaggio e buonuscita, oltre 20 milioni di euro. Senza praticamente mai vederlo in campo. Anche in questo caso il mio salumiere avrebbe messo una clausola per rispedire indietro la merce qualora fosse risultata avariata. Il nostro avvocato invece l’ha ritenuta superflua.

Sempre relativamente ai costi sostenuti, a pagina 76 si può notare che abbiamo speso circa 2 milioni di euro in più per le sole spese di trasporto, soggiorno e ristorazione in relazione alle trasferte per la disputa delle gare di Champions League.  Atteso che complessivamente abbiamo fatto 5 trasferte, risulta che ognuna di esse ci è costata 400 mila euro, che francamente mi sembra una cifra davvero ragguardevole. A tale proposito ricordo bene che i giornali, in quel periodo, parlarono addirittura di cambiamento di aeromobili per imbarcare le truppe al seguito della squadra. Date le cifre in ballo mi viene da pensare che, oltre alla squadra e allo staff tecnico, siano stati imbarcati anche diversi “ospiti”, il tutto a carico delle casse sociali e, in definitiva, di noi azionisti.

Passiamo al capitolo stadio.
Innanzitutto ho notato che nella Lettera agli Azionisti avete accennato all’esigenza di inserire “nello staff della società un ingegnere che ha portato alla Juventus l’esperienza professionale delle recenti Olimpiadi Invernali.”
Giustamente, per fare uno stadio, vi affidate a un ingegnere. Non si capisce però  il motivo per cui, per fare una squadra di calcio, non assumete un esperto di calcio.
Lo stadio dovrebbe costare, chiavi in mano, circa 105 milioni di Euro, compresi 8 milioni di eventuali extra non compresi al momento della progettazione.
A fronte di questo impegno avete raccolto risorse per 75 milioni dalla vendita dei naming rights alla Sportfive, per 50 milioni dal Credito Sportivo e, infine, per altri 20 milioni dalla cessione delle aree commerciali. Totale 145 milioni di euro.
Ora, se lo stadio costerà 105 milioni, perché avete raccolto risorse per 145?
Alla luce di questo, era proprio necessario svendere le aree commerciali adiacenti, ennesima dote della gestione Giraudo, senza ipotizzare di gestirle direttamente, per cercare di diversificare le fonti di ricavo ed evitare che una non qualificazione in Champions League si trasformi in un dramma?
Perché  la fideiussione relativa alla copertura del credito nei confronti della Società Sportfive non è stata rilasciata da un Istituto di Credito e non copre l’intero corrispettivo contrattuale?
In una recente intervista rilasciata a Tuttosport il Dott. Bergero ha dichiarato testualmente: “Abbiamo stimato che con il nuovo impianto i ricavi da stadio saranno raddoppiati, da 20 a 40 milioni”.
Se è  vero che nei prossimi anni, ottimisticamente, raddoppieremo i ricavi da stadio, è pur vero che la metà di questo incremento è  assorbito dai minori introiti da diritti TV.
Non dimentichiamo, inoltre, che, per i primi 12 anni di esercizio dello stadio, ci sarà  da rimborsare, in conto capitale e interessi, il mutuo da 50 milioni di euro acceso con il Credito Sportivo per la costruzione dello stadio stesso. Un impegno che, ai tassi attuali, e in considerazione delle opportune operazioni di copertura del rischio di tasso già effettuate da Bergero, ci costerà circa 5 milioni all’anno.

In definitiva possiamo dire che circa il 75% dell’atteso incremento dei ricavi da stadio servirà a compensare minori ricavi da altre fonti e maggiori costi in conto capitale e interessi.

Ancora una volta vorrei sottolineare la sostanziale differenza tra il progetto del Dottor Giraudo e quello del Dottor Blanc. Il primo voleva diluire la dipendenza dei ricavi dai risultati sportivi e puntava ad aumentare e stabilizzare i flussi attraverso investimenti duraturi, anche in settori non caratteristici, come l’immobiliare e il commerciale. Il Dottor Blanc, invece, sta puntando tutto sulla sostenibilità del modello esclusivamente sportivo, in cui i fatturati sono comunque molto esposti alla volatilità dei risultati sul campo.
Su questo argomento, le difficoltà che stiamo incontrando per il perfezionamento della vendita della Campi di Vinovo spa, e di tutto il progetto Mondo Juve, potrebbero essere l’ultimo treno utile per modificare certe scelte strategiche e sviluppare in proprio l’iniziativa.

Per quanto attiene il settore giovanile e il settore scouting, a pagina 35 è  illustrata la struttura del Settore Osservatori e viene riportato il consuntivo dell’attività svolta. A parte la banale considerazione che in tre anni il settore non ha ancora prodotto nulla che sia degno di nota, restano forti dubbi sulla qualità dello staff e in particolare del suo responsabile Castagnini.
Per chi non lo sapesse Renzo Castagnini è uno dei miracolati di Calciopoli.
I tifosi del Piacenza, per liberarsene, avevano organizzato addirittura una petizione in cui testualmente chiedevano “il suo allontamento da Piacenza per mancanza di rispetto verso i tifosi, i giocatori e gli allenatori”.
Ma la storia di Renzo Castagnini è molto più interessante di una semplice petizione.
Il suo nome, infatti, compare negli atti di Calciopoli e risulta essere ottimo amico del ex-vice presidente della FIGC, Innocenzo Mazzini, a cui si rivolse per ottenere una raccomandazione dal nostro ex Direttore Generale, Luciano Moggi.
Ma non solo. Il Castagnini è anche fraterno amico di Franco Baldini, l’ex Direttore Generale della Roma che frequentava spesso il Maggiore dei CC Auricchio, responsabile dell’indagine su Calciopoli.
In ogni caso Renzo Castagnini non fu mai segnalato da Moggi all’Arezzo, in quanto, pur avendo rassicurato Mazzini, l’ex Direttore Generale probabilmente non lo ritenne adatto all’incarico.
Il risultato del settore osservatori è sotto gli occhi di tutti. A meno che non vogliamo dare tutta la colpa ad Alessio Secco, il quale, visto l’andazzo, farebbe bene a svegliarsi e a trovare un metodo diverso dalle telefonate per comunicare con l’ex Direttore Generale e cercare di salvare il salvabile.

Altre note dolenti arrivano dai settori Merchandising e Comunicazione.
In merito al Merchandising non ho trovato alcun accenno, in tutto il progetto di bilancio, a quelli che sono stati i proventi e, in generale, al resoconto dell’attività. Comprendo il fatto che la commercializzazione dei gadget viene svolta da una società esterna, ma la presenza di ben tre nostri rappresentanti nel CdA di Juventus Merchandising srl, mi ha illuso di riuscire a trovare informazioni più dettagliate.
In particolare mi sarebbe piaciuto che mi venisse spiegato il “chi fa cosa” in questo delicatissimo settore. Chi decide gli acquisti? Chi decide la commercializzazione? Chi si occupa di verificare che il materiale sia conforme al marchio e ai colori sociali? Quali sono i compiti del Marketing e quali sono quelli di Juventus Merchandising?  Su questi punti sono gradite risposte esaurienti.

Così  come risposte esaurienti vorremmo dal settore Comunicazione, dove la situazione appare allo sbando più completo.
Non so se è  un caso ma ogni qualvolta accendo la tv, o sfoglio un giornale, trovo puntualmente nostri tesserati che tornano da crociere, o si spalmano creme sul viso, o si bevono la tale acqua, o guidano trattori, o mangiano le tali merendine. Inoltre vanno dalla De Filippi, o da Chiambretti, praticamente una volta al mese, in un vortice di sovraesposizione mediatica che sicuramente non favorisce la concentrazione.
Il vecchio Direttore Generale affermava che i risultati di una squadra di calcio  erano inversamente proporzionali alle apparizioni televisive dei suoi tesserati, ai quali ricordava tutti i giorni che la priorità era vincere, non mangiare budini e fare interviste.

Peggio ancora la situazione sul fronte Mass-Media. Tralasciando il disappunto per i soporiferi palinsesti di Juve Channel e Hurrà Juventus, e lo sconcerto per i continui proclami di vittoria diramati a mezzo stampa, vorrei sottolineare la necessità di reagire nelle sedi opportune alle calunnie sistematiche che offendono il nostro marchio, la nostra tradizione e la nostra storia. Invece di spendere soldi per brocchi, costituiamo un osservatorio permanente per la tutela dell’immagine dalla nostra società. E si facciano partire, quando servono, le querele. Come faceva lo stesso Boniperti. Invece, noi facciamo finta di nulla, anche quando le offese vanno oltre ogni limite, come la scorsa settimana durante Juventus-Fiorentina, quando molti tifosi della Fiorentina indossavano indisturbati maglie rosse con la scritta –39 riferite alla tragedia dell’Heysel, oppure come nel caso dell’ape di Cannavaro, quando abbiamo lasciato che i soliti pennivendoli ci accusassero senza mezzi termini di essere tutti, indistintamente dopati.
Per non parlare poi dei grotteschi episodi di raccomandate smistate male, di fax spenti. Episodi banali che denotano, però, scarsa concentrazione e un approccio non adeguato per una società del blasone della Juventus.

L’ultimo commento relativo al bilancio è riferito ad una strana posta avvistata tra i crediti commerciali a pagina 68 del progetto di bilancio. Mi riferisco ai 500mila euro che dobbiamo incassare dalla Fondazione Peace Dream, una organizzazione di carattere umanitario che si occupa, a quanto ho capito, di aiutare le persone bisognose, e noi, per quanto col fegato a pezzi, mi sembra che al momento non ne abbiamo bisogno.

Termino facendo alcune considerazioni sulle liste dei candidati alla carica di consigliere di amministrazione. Per quanto riguarda quella presentata da Exor, ritengo che non sussistano i requisiti di indipendenza in capo ai candidati Montanaro e Venesio.
Nella Relazione Annuale sulla Corporate Governance infatti, al paragrafo 5.4 comma f) si legge che gli amministratori indipendenti devono “non avere, né avere avuto nell’esercizio precedente, sia direttamente che indirettamente (ad esempio attraverso società controllate o delle quali sia esponente di rilievo, ovvero in qualità di partner di uno studio professionale o di una società di consulenza), una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale con la Società, una sua controllata o con alcuno dei relativi esponenti di rilievo”.
Il candidato consigliere Montanaro, infatti, risulta aver fatto parte del plotone di legali che si è occupato di difendere la Juventus in merito ai procedimenti giudiziari e sportivi, alcuni dei quali ancora in corso.
Il candidato consigliere Venesio, invece, risulta essere esponente di rilievo di un Istituto di credito con il quale la Juventus ha importanti relazioni commerciali.

Detto questo, accolgo con soddisfazione la presentazione della seconda lista, quella riferita agli azionisti di minoranza e prevista dall’articolo 13 dello Statuto Sociale.
Credo che possa e debba essere un primo passo verso il coinvolgimento più concreto della base sociale nella vita della società.
Probabilmente già in questa Assemblea i tempi sarebbero stati maturi per presentare una lista dei piccoli azionisti e, tutto sommato, la candidatura dell’esponente Lafico poteva essere ricompresa  nella lista Exor, come accadde qualche anno fa, subito dopo la quotazione.

E’ per questo motivo che comunico a tutti i piccoli azionisti che sono presenti in sala, e a tutti quelli che potranno leggere successivamente il verbale, che nelle prossime settimane insieme al Dottor Vittorio Salvadori, e ad altri piccoli azionisti, costituiremo un comitato con l’obiettivo di sindacare almeno il 2,5% del capitale sociale e presentare, nel 2012, una lista per ottenere l’elezione di un consigliere in seno al CdA.

Tutti coloro che sono interessati a ricevere informazioni sul comitato che stiamo  costituendo e sul programma che intendiamo perseguire possono scrivere all’indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Io credo che questa Assemblea possa servire a inaugurare un “new deal” per la nostra società. Gli errori che sono stati fatti recentemente sono, in gran parte, irreversibili. Qualcosa, però, si può ancora recuperare ed è in tale direzione che adesso bisogna lavorare tutti insieme.

In merito agli aspetti sportivi, giuridici e finanziari le nostre critiche si sono dimostrate più che fondate. Ma non siamo certamente contenti di questo.
Continuare ad aspettare un'Assemblea per mettervi alla gogna non lo riteniamo un atteggiamento costruttivo per il futuro della nostra società. 
Riteniamo, invece, più utile tentare di far nascere un nuovo corso, un nuova era, in cui il dialogo tra i piccoli azionisti e il management possa essere costante e soprattutto avere la stessa dignità di quello con l’azionista di maggioranza.
Mescoliamo insieme il vostro lavoro e la nostra passione.

Ci dimostri, Dottor Blanc, di aver recepito il nostro messaggio.

Obiettivo comune: riprenderci sul campo e fuori dal campo, quello che ci appartiene.

Salvatore Cozzolino