Agnelli boccia giustizia sportiva, Abete, Petrucci e Beretta. Conte: Il dolore mi ha reso più forte

News, 25 dicembre 2012.

Per Andrea Agnelli urge riformare il calcio, dalla terzietà della giustizia sportiva a stadi, diritti tv, marchi, legge 91, squadre B. Agnelli su Calciopoli: Attendiamo la conclusione del terzo grado della giustizia ordinaria poi penseremo all'art.39; intanto l'iter per il risarcimento da 444 milioni di euro va avanti; bocciati Petrucci, Abete e Beretta. Conte sulla vicenda del calcioscommesse: Mi ha provocato molto dolore ma ora penso di essere più forte; sono vicino a Cannavaro, a Grava e al Napoli. Conte: Un allenatore deve eccellere sotto tutti i punti di vista, tecnico tattico, motivazionale, psicologico, gestionale, nei rapporti con la società e con i media. De Laurentiis ringrazia Conte per la sua solidarietà e chiede riforme in tema di giustizia sportiva. Giovinco: In una grandissima squadra le pressioni fanno parte del gioco e si superano con l'impegno e le vittorie.


Agnelli: Riforme da rifare, giustizia sportiva in testa ma subito - Andrea Agnelli ha rilasciato due interviste, rispettivamente a Repubblica e Gazzetta dello Sport, ma gli argomenti sono gli stessi. Per esempio quello su cui il numero uno bianconero batte da tempo, la necessità, anzi, l'urgenza di cambiare il calcio, soprattutto sul versante della giustizia sportiva. Anzitutto serve la separazione dei poteri: "Ora la giustizia sportiva - dice a Crosetti e Pontani - è in mano a una sola persona, sempre quella, il presidente federale che di fatto nomina tutti i giudici attraverso il consiglio federale. Accusa e giudizio sono in mano a un unico soggetto, il quale sceglie pure la commissione di garanzia. Questo è contrario ad ogni principio di indipendenza e terzietà della magistratura". E alla rosea rincara: "Ora abbiamo persone che passano in pochi minuti dal giudizio su un giocatore patrimonialmente importante come Bonucci a quello sull'ultimo dei dilettanti. Perché non dobbiamo avere dei professionisti che si occupano di queste cose? Oggi la giustizia sportiva è interamente controllata dal presidente federale, dove sono la terzietà e l'indipendenza? E non posso sentirmi dire, come fa Abete, che ci sono i principi Fifa e Uefa da rispettare. Abbiamo un problema, come lo risolviamo? Possibile che le istituzioni dicano sempre 'dovremmo fare, dovremmo fare' e non succede mai nulla? Occorrono figure che accedano a certi ruoli per concorso. Butto lì un'ipotesi: una sezione speciale dei tribunali che si occupa di vicende e di giustizia sportiva, finanziata se è necessario dallo stesso sistema sportivo. Così si arriverebbe al giusto processo, che in questo Paese manca in assoluto". E poi c'è il problema dell'omessa denuncia: "Tema delicato, accentuato dal fenomeno criminale di Scommessopoli - dice a Ruggiero Palombo - Molte cose non funzionano: il principio dell'omessa denuncia, strumento come minimo discutibile, che per giunta rappresenta un limite alle indagini dei p.m. per le ricadute che ci sono sulla giustizia sportiva. Un tesserato non parla perché sa che questo gli costerà la squalifica, è ovvio. E poi la responsabilità oggettiva: paghiamo per il comportamento di certi tifosi e questo è già sbagliato. Ma soprattutto paghiamo o rischiamo di farlo per il comportamento dei tesserati, addirittura per quelli che il presunto reato sportivo lo hanno commesso in un'altra società. E dai giocatori 'infedeli' come ci difendiamo? Pedinandoli? Non mi pare il caso". Perché Andrea ha le idee chiare su dove e come cambiare il calcio, proprio come ha cambiato la Juve: "Quando sono arrivato alla Juve due anni e mezzo fa - racconta sempre alla Gazzetta - ho trovato una società sostanzialmente apatica, che accettava i risultati che arrivavano e, stadio a parte, non pensava al rinnovamento. Già si diceva che sarebbe stato necessario 'cambiare il mondo', sì, ma prima dovevamo cambiare noi. E' da lì che siamo partiti e per ritenerci 'arrivati' abbiamo ancora da realizzare due cose: la cittadella Juve di Continassa, un'operazione di 340 milioni di euro tra investimenti diretti e indiretti; e l'allineamento del valore della maglia ai livelli dei competitor europei. Finito il percorso interno alla Juve, dobbiamo pensare alla crescita del calcio in Italia. E lì bisogna intervenire su tutto. Trovare in Lega una guida strategica e un piano, sapendo che ci vorranno tra i 5 e gli 8 anni per riportare il calcio italiano ai vertici di quello europeo. Il nostro stadio mi rende felice e orgoglioso, ma da solo non serve, ne occorrono almeno altri dieci. La sicurezza: a Londra, freddo cane, esco da Stamford Bridge con la giacca della società sulle spalle, qualche giorno dopo ero a Firenze e uscire con mia moglie a braccetto dallo stadio era semplicemente impensabile. I marchi: il Censis dice che il giro d'affari dei marchi contraffatti in Italia, non solo sport, è di 8 miliardi di euro, e non succede niente. Legge Melandri: le linee guida sono corrette, sarà la Spagna prima o poi a doversi allineare. Noi nel passaggio al diritti collettivi ci abbiamo rimesso 30-35 milioni di euro. Tutto o.k. ma i paletti sono troppi e troppo penalizzanti, e con le delibere della Lega che finiscono 15 a 5 con le grandi all'angolo ci rimettiamo sempre. Per non parlare dei diritti tv internazionali, dove il gap con gli inglesi è di uno a dieci. E la legge 91, che ancora tiene insieme l'iperprofessionismo e quello di base. I campionati: scenderemo tra due stagioni a 102 squadre professionistiche, beh, sono ancora troppe". E a Repubblica aggiunge un altro esempio di riforma: "le squadre B, con un loro campionato. Noi siamo favorevoli, sarebbe un ulteriore incentivo a valorizzare i vivai. Eviterebbe di dover mandare i giovani fuori dopo la Primavera, quando non sono ancora pronti per il salto in prima squadra".

Agnelli: Calciopoli sei anni dopo - Sono passati sei anni e mezzo da Calciopoli e, anche se in realtà l'orologio del 'circolo della caccia' di sandulliana memoria è rimasto fermo al 2006, per Andrea la questione è tutt'altro che chiusa, a qulasivoglia livello. C'è in ballo il ricorso al Tar del Lazio con la Juventus che chiede danni alla Federcalcio per quasi 444 milioni, l'iter va avanti. E intanto si attende "il terzo grado di giudizio della giustizia ordinaria", dopo di che, spiega al duo Crosetti-Pontani - si potrà pensare anche di chiedere l'applicazione dell'art.39 del Codice di Giustizia Sportiva, quello concernente la revisione delle sentenze sportive definitive in caso di fatti nuovi; infatti "la legge stabilisce che quel jolly, sia pure importante, possa essere usato una volta sola. Dunque, bisogna farlo nei tempi giusti: appunto dopo l’ultimo grado di giudizio nei processi ordinari su Calciopoli"; perché Andrea conta gli scudetti e non le stelle federali: "Lo stemma della Juve è più importante delle stelle, quelle non sono un problema. Mi interessa di più che sulla maglia ci sia lo scudetto. La Juve ne ha vinto statisticamente uno ogni quattro anni dalla sua fondazione e uno ogni tre da quando è gestita dalla mia famiglia".
Per il momento su Calciopoli due sono le sue considerazioni, che esprime sulla rosea; la prima sul versante della giustizia ordinaria: "Mi sembra che di sentenza in sentenza paradossalmente Giraudo e Moggi siano rimasti i soli colpevoli. I mille che c'erano prima non ci sono più"; la seconda su quello della giustizia sportiva: "Io credo che la Federazione abbia avuto tutti gli strumenti per decidere sulla questione Inter. Decidendo di non decidere è andata incontro a questa situazione". Situazione che il cosiddetto tavolo della pace di Petrucci non ha spostato di un millimetro; e in proposito Andrea rivela: "Un momento di confronto comunque utile, anche se le persone intorno a quel tavolo si parlavano prima e hanno continuato a farlo dopo. Il documento che allora mi fu proposto era assai strano: voltare pagina con la consapevolezza che fu giustizia sommaria, questo c'era scritto. Una bizzarria". Che delusione per Petrucci, convinto di aver ristabilito un dialogo che non c'era! E Andrea a voltar pagina al momento non ci pensa proprio. Accadrà mai? "Dipenderà dall'evolversi di molte situazioni. Oggi le condizioni non ci sono. Se si creeranno, chissà. Ma la rivalità storica con l'Inter, sia chiaro, non verrà mai meno".
Boccia Abete: "La Nazionale che va in finale all'Europeo non vuol dire che il calcio sta bene e la Federazione funziona. Se gareggiamo per ottenere gli Europei e veniamo bocciati, quello è un fallimento. Se gli stadi continuano a non esserci, quello è un fallimento. E chi è deputato a questo cose? Moratti, Galliani, Agnelli, o chi governa il calcio? Chi non ha operato, le società o le istituzioni?" E nemmeno Beretta si salva, la Juventus, si sapeva, sta con Abodi: "Va riconosciuta la validità della candidatura di Abodi. Trasversale, perché è stato appoggiato da club grandi e piccoli insieme. Un patrimonio di consensi che non deve essere disperso. La Lega oggi fattura un miliardo, deve arrivare a due in cinque anni. Credo che la candidatura di Abodi resti valida, va portata avanti continuando il dialogo con i club che non lo hanno votato. Arrivati a questo punto io mi aspetterei da Beretta che fosse lui a fare un passo indietro. Restare lì, approfittando dello sfinimento delle parti, non rappresenta il bene della Lega".

Conte: Un'esperienza dolorosa che mi ha reso più forte - Sky Sport ha proposto ieri sera una bella e lunga intervista con Antonio Conte, nella quale il tecnico bianconero ha raccontato il suo 2012, bellissimo e anche amarissimo. Ma su tutto per Antonio prevale il lato bello, la gioia incontenibile dello scudetto: "L'immagine del 2012 è il triplice fischio finale a Trieste, che sancisce la vittoria dello scudetto e l’abbraccio collettivo con i calciatori, con i dirigenti a festeggiare qualcosa di straordinario che abbiamo fatto quest’anno. La Juve è tornata a vincere perché ha iniziato un progetto, parola spesso abusata, ma noi abbiamo progettato nella maniera giusta. In questo inizio di stagione è proseguito il lavoro iniziato l’anno scorso e penso che abbiamo messo delle ottime fondamenta. Abbiamo voglia di stupire. Ho la fortuna di avere calciatori speciali, che stanno facendo cose straordinarie. Avendo loro non ho paura di niente ed è giusto coltivare il sogno di ottenere il massimo da tutte le cose. Se saremo bravi ad arrivarci avremo fatto qualcosa di super straordinario". E poi c'è il rovescio della medaglia, la brutta esperienza del pretestuoso coinvolgimento nel calcioscommesse. Un'esperienza molto dolorosa che lo ha ferito profondamente: "In quella famosa conferenza c’è una persona che urla un qualcosa. Potevo essere io ma poteva essere chiunque altro. Se uno ci riflette, capisce tante cose da quell'intervista. Non potrà mai tornare come prima niente, perché poi alla fine per adesso alcune cose sono rimaste tali e quali. Mi auguro che in futuro alcune cose possano cambiare per tutelare di più le persone che fanno questo sport e che lo fanno in una determinata maniera. Mi riferisco alla vicenda che sta coinvolgendo i due ragazzi, Cannavaro e Grava. Io mi sento di dire a questi ragazzi che sono loro vicino, come sono vicino al Napoli stesso. Bisogna punire chi vende le partite, non chi si rifiuta di farlo. Ho lavorato molto su di me, ho cercato comunque di trovare qualcosa di costruttivo in un'esperienza negativa, spesso e volentieri le cose negative, se si è bravi e intelligenti, diventano formative: Ho lavorato molto su di me per cercare di diventare più forte e penso di essere più forte. Dietro quel pugno al vetro dello Skybox nella prima contro il Parma ne son seguiti altri nelle successive partite. Mi ha provocato molto dolore essere lontano in quei 90-95 minuti e non poter dare il mio contributo, avere quel rapporto, quel contatto con i miei calciatori, non poter far avvertire la mia presenza, abbracciarmeli, quello mi è mancato molto, sicuramente. Chi potrebbe raccontare, e non lo farà mai, è Fabio Paratici, che è quello che ha vissuto con me l'esperienza, per lui dura, perché ogni partita che finiva eravamo praticamente degli stracci; però comunque in quel box sono successe cose molto curiose, frutto della tensione, sempre dopo i goal questo". Ma l'idea di abbandonare tutto non lo ha mai sfiorato, anche quando la squalifica si profilava lunghissima: "Non ho mai pensato di lasciare, non perché non avessi il coraggio di dimettermi, ma perché ho avuto sempre un appoggio incondizionato da parte prima di tutto del presidente, della famiglia, di John Elkann, del Direttore e dei ragazzi. Questo mi ha dato tanta forza. In questa vicenda il presidente mi ha fatto sentire ancora più responsabile e partecipe in tante situazioni. Se fosse accaduto l’anno scorso sarebbe stato un disastro per me, sarebbe stato un disastro per la Juventus, in maniera coscienziosa mi sarei fatto da parte, perché l’anno scorso c’era tutto un lavoro da fare. Quest’anno c’era un anno e più di lavoro da fare e una squadra che conosceva il mio credo e i principi di gioco che professiamo. Questo ci ha permesso in questi mesi di far sembrare normale una cosa che non era normale, anzi, era molto anormale. Il fatto che quella squadra abbia dato quelle risposte nonostante la mia assenza in panchina, è stato per me motivo di grandissimo orgoglio, per come si sono responsabilizzati e per la maturità che hanno dimostrato".

Conte: Essere allenatore, una professione a 360° Nella sua intervista Antonio Conte ha anche spiegato il suo modo di intendere la professione di allenatore: "Un allenatore deve essere allenatore in tutto. Non puoi essere solo bravo da un punto di vista tecnico tattico, solo motivazionale, solo psicologico, solo gestionale, nei rapporti con la società e con i media. Devi eccellere in tutto e, quindi, devi studiare. Da quando faccio l’allenatore è un continuo studio. L’anno scorso sono arrivato alla Juve con la voglia di fare il 4-2-4. Il problema era che non c’erano i giocatori adatti a fare quel tipo di gioco. In più avevo in rosa giocatori imprescindibili come Vidal, Pirlo e Marchisio, che poteva fare la mezz'ala e, quindi, il nostro reparto più forte era il centrocampo. Nel percorso mi sono accorto di avere tre giocatori come Chiellini, Bonucci e Barzagli che in certe situazioni eccellevano. Da qui la trasformazione in 3-5-2 o 3-3-4. Non so se io avrei trovato posto in questo centrocampo con Marchisio, Pirlo e Vidal, ma sarei stato un osso duro, soprattutto per Marchisio, perché anch'io avevo i tempi di inserimento. Però mi sarebbe però piaciuto avermi come allenatore, questo sì". Un capitoletto particolare l'ha dedicato al rapporto con i media: "I media sono un’arma pericolosa, importante se riesci a usarla a tuo piacimento. A volte parliamo e non capiamo che facciamo dei danni. Magari potrei essere più simpatico, potrei essere più accomodante, mi potrei far più ben volere a livello mediatico e nei rapporti con i colleghi, però, mi sono accorto che quando cerco di fare questo perdo in cattiveria agonistica, voglia di vincere e nella fame. Per questo preferisco comunque vincere e, a volte, risulto antipatico. Mi dispiace, però, meglio così che essere simpatico, ben voluto o piacere alla gente. Mi auguro di arrivare ai livelli top dei numero uno. La soddisfazione maggiore. La più bella soddisfazione è essere entrato nel cuore della gente da calciatore. i tifosi allo stadio cantavano a volte il mio nome anche quando ancora ero altrove, in giro per l'Italia a farmi le ossa come allenatore. Ma, se con tutto questo non fossero arrivati i risultati, io adesso sarei a casa".
Qui il video dell'intervista di Conte a Sky (da Superfly, Tifosibianconeri.com).
Video Con.....te: parte prima
Video Con.....te: parte seconda

De Laurentiis: Grazie Conte - Le belle parole di Antonio Conte, che si è detto vicino a Grava e Cannavaro per le disavventure legate a Scommessopoli, non sono sfuggite a De Laurentiis che su Sky ha parlato della vicenda delle penalizzazioni da calcioscommesse: "Questa storia della giustizia sportiva è di un'iniquità incredibile. Sembra utilizzabile appositamente per metterci il guinzaglio. Del resto, io l'ho sempre detto che nel 1996 siamo diventati delle Società per Azioni, ma questo qualcuno lo ha dimenticato. Se lo dovrebbe ricordare e dovrebbe correre ai ripari; a livello ovviamente mondiale e a livello europeo. Se uno continua a fare lo gnorri, evidentemente viene il dubbio che qualcosa non debba funzionare perché ne debbano funzionare altre". E poi il ringraziamento a Conte: "Antonio Conte vive in maniera totalizzante la propria esperienza, è un uomo vero che indossa al meglio i colori del proprio club. Ringrazio il tecnico per la sua vicinanza". Peccato che Conte altrettanta solidarietà ai tempi del suo coinvolgimento non l'abbia avuta. In tanti, in troppi, praticamente tutti, hanno girato la testa dall'altra parte, erano cose da Juve. Conte li aveva ammoniti, sarebbe potuto toccare a loro. Ora il problema è in casa Napoli e Antonio, che questa brutta vicenda l'ha attraversata tutta e ne conosce le spine, non sa negare la sua vicinanza a chi condivide le incongruenze di questo mondo che non ha saputo tenere il passo coi tempi.

Giovinco: Le pressioni fanno parte del gioco - E' tornato alla Juve, gode della stima di Conte, che anche nella sua lunga intervista ha avuto per lui belle parole ('ha qualità, determina, è bravo nell'uno contro uno, e ha grandi margini di miglioramento, già sta facendo bene ma può fare ancora meglio') e vorrebbe rimanerci, come racconta in un'intervista al 'Corriere dello Sport': "Quando le strade si separano, è normale dare tutto per la nuova squadra: l'ho fatto per il Parma e ne sono felice, adesso sono tornato bianconero e spero di rimanerci a lungo. Rinnovo? Nessuna fretta, però la Juve è il massimo e il mio desiderio è fermarmi qui. D'altra parte (ride) a gennaio compirò ventisei anni: dove volete che vada, ormai?". Ha subìto anche critiche, forse ingenerose, certamente un po' frettolose, ma ormai ha sufficiente maturità per non farsene scalfire: "Quando fai parte di in una grandissima squadra, le pressioni aumentano. Anche le critiche fanno parte del gioco. Come si superano? Con l'impegno e le vittorie: esistono poche altre strade. Conte? Mi ha dato fiducia ed è stato importante: l'allenatore è sempre pronto a sostenerci, non solo me, ma qualsiasi giocatore. Gli 8 gol segnati? Un buon gruzzolo, però non sono contento: considerate le occasioni, potevo farne di più". E' fiducioso sull'andamento e sul prosieguo della stagione bianconera, ma predica calma e prudenza: "Al di là del distacco, non sono stupito: all'interno del gruppo, misurando ogni giorno la nostra forza, sapevamo di poter realizzare qualcosa di importante. Stiamo calmi, però: la stagione non è finita e confermarsi è sempre difficile, riuscirci è l'obiettivo mio e di tutta la squadra. Siamo fiduciosi, consapevoli dei nostri mezzi, ma il bilancio, pur positivo, è parziale: credo che il campionato, malgrado le distanze, resti aperto e che tutte le inseguitrici conservino delle chance. In ogni caso, dobbiamo badare solo a noi stessi, preoccuparci di vincere tutte le partite e rinviare i conti alla fine".


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