Calciopoli: gli assolti ringraziano Nicola Penta. Nedved: Torna il nostro fuoriclasse.

News, 8 dicembre 2012.


Dondarini: Ringrazio Nicola Penta, perché quelle telefonate, 'piaccia o non piaccia', c'erano. Pieri: Ringrazio Penta che ha trovato le mie telefonate con i designatori. Gabriele: Stavolta non hanno messo la mia foto sul giornale. Baglioni: Che colpa inescusabile quelle intercettazioni che non sono state portate! Moggi: Sin dal primo interrogatorio ho capito che bisognava entrare nell'anima di quelle telefonate. Lanese: Calciopoli è stata tutta un'esagerazione a base solo di chiacchiere. Nedved: Torna il nostro fuoriclasse. Abete dà il bentornato a Conte.

Dondarini: Sono finito in Calciopoli per sbaglio, per colpa delle telefonate 'che non c'erano' - "Come sono in finito in questa vicenda?" Lo ha spiegato ieri Paolo Dondarini, l'ex arbitro assolto nel processo d'appello con rito abbreviato conclusosi mercoledì a Napoli, a Novanta Minuti su Rai Sport 1. "Per sbaglio - è stata la spiegazione di Dondarini - nel senso che, purtroppo, la mia vicenda è costellata da una serie di errori evidenti e clamorosi, di falsi storici che sono stati posti alla base della mia incriminazione prima, della mia condanna in primo grado poi da cui poi sono uscito per fortuna grazie all'opera di grandissima qualità dei miei avvocati (avv. Ugolini e avv. Bordoni) e di quel professionista straordinario che è Nicola Penta che forse troppe volte è stato visto in maniera superficiale come mero ascoltatore di telefonate che non erano state evidenziate, ma che è stato molto più di questo. E' successo che questi errori che erano stati posti alla base della mia colpevolezza, senza che fossero evidenziate le telefonate a mia discolpa, come quello con il designatore Bergamo dopo Juventus-Lazio. Io sono stato condannato per questa partita e il gup De Gregorio, che ha emesso la sentenza di condanna ha valutato che la mia condotta fosse riconducibile ad un calcio di rigore non concesso alla Lazio, come si poteva evincere dal sito www.lazio.it e per non aver punito con un calcio di punizione un fallo di Ibrahimovic commesso a centrocampo; per cui di fronte al nulla che c'era contro di me sentire una telefonata come la mia con Bergamo, caratterizzata da un tono naturale, non certo quello di due persone che stanno delinquendo, penso sia stato sufficiente per capire che gli arbitri andavano e vanno in campo per arbitrare e per fare il loro dovere"
Sul suo futuro ora non ha certezze, lui che era arbitro internazionale: "Quello che mi è stato tolto non potrà mai restituirmelo nessuno, quello che avverrà in futuro ancora non lo so. Io sono ancora un associato dell'Aia, ma ritengo improbabile che mi venga offerto ancora qualche incarico all'interno dell'Associazione. Io non mi aspetto niente da nessuno, sinceramente; sono sempre stato abituato a lottare per meritarmi quello che ho raggiunto. Ma il calcio è il mio mondo per cui non so all'interno dell'Aia o all'esterno, mi piacerebbe continuare l'esperienza nel calcio".
Interrogato sulle schede svizzere, non ha una risposta, ma sulle telefonate che non c'erano ha invece molto da dire: "Le schede svizzere? Non son preparato sulle schede svizzere perché è un argomento che non conosco e non avendolo approfondito non vorrei dire nemmeno una parola, perché sono abituato a parlare con cognizione di causa. Vorrei invece sottolineare che riguardo a queste telefonate che noi come difesa abbiamo dovuto cercare, perché non dimentichiamoci che in questo processo si è ribaltato l'onere della prova perché siamo stati noi che abbiamo dovuto produrre le prove della nostra innocenza, dopo che siamo stati condannati in primo grado in un processo che lo stesso gup aveva definito indiziario. Io ricordo benissimo, perché ero presente, quando il dottor Narducci disse il famoso 'piaccia o non piaccia non ci sono altre telefonate' e quando saltò fuori invece che altre telefonate c'erano si trincerò dietro a un 'non abbiamo ritenuto penalmente rilevanti queste telefonate'. Io mi permetto invece di sottolineare che queste telefonate, oltre ad esserci, sono state ritenute rilevantissime e determinanti ai fini dell'assoluzione; e quindi penso non spettasse al dott. Narducci fare questa valutazione, ma eventualmente ad un giudice; vorrei capire come mai non erano state messe a disposizione, non erano rintracciabili perché non erano brogliacciate o erano mal brogliacciate, non erano evidenziate".
Ed è una questione sulla quale è deciso ad andare in fondo: "A queste domande ho già richiesto una risposta per via giudiziaria una anno fa e due anni fa, due mesi dopo la condanna, ho scritto due lettere al Ministero di Grazia e Giustizia nelle quali ho denunciato queste irregolarità, quella delle telefonate occultate, anche se qualcuno il termine 'occultate' non piace, comunque non trascritte, non evidenziate, non brogliacciate e dunque non reperibili né dalle difese né dal giudice che doveva giudicare e che non è stato messo nelle condizioni di emettere una sentenza giusta".
Non può negare che la giustizia italiana lo abbia deluso: "Come giudico la giustizia italiana? La costituzione prevede un principio di presunzione di non colpevolezza fino all'ultimo grado di giudizio, dunque non bisognerebbe criticare e trattare in un certo modo chi è prima indagato, poi imputato, poi condannato in via non definitiva e poi lavarsi la coscienza dicendo 'beh, comunque c'è il principio della presunzione di non colpevolezza'. Penso che ci si debba comportare nei confronti di chi è in certe situazioni come se fosse innocente".

Pieri: Ringrazio Nicola Penta - "Voglio ringraziare chi mi è stato vicino in questi anni - ha detto l'ex arbitro Tiziano Pieri ieri mattina a Mattina Sport su Rai Sport, nella trasmissione che aveva tra i suoi protagonisti Luciano Moggi - e chi ha fatto si che questo risultato potesse essere positivo per me e una persona i miei legati Palazzoni e Campo e Nicola Penta che ha trovato le telefonate che da anni sostenevo avvenissero prima e dopo le partite con i designatori, i miei allenatori. Ho sempre parlato con i designatori, prima e dopo le partite e tramite quelle telefonate si è trovata la verità. Nicola Penta ha preso la faccenda con passione e ha trovato le intercettazioni che chiarivano la posizione, il ringraziamento va a lui, sono cresciuto, un uomo arrivato con dignità e ringrazio il collegio giudicante che ci ha permesso di svolgere una discussione in modo sereno, avrei accettato qualsiasi risultato". Anche il suo futuro è incerto, ma almeno ora è libero dall'angoscia di essere un condannato innocente: "Raccontare le sofferenze fa star male, sono arbitro, ci sono tanti arbitri che fanno il lavoro con passione e volontariato. Io non so cosa farò domani, sarò più sereno di questi sei anni passati con l'angoscia di subire un'ingiusta punizione che non meritavo".

Gabriele: Stavolta la mia foto sul giornale non c'era - Così racconta la sua prima mattina dopo il processo di appello che lo ha visto assolto l'ex arbitro Marco Gabriele: "Io la prima cosa fatta ieri mattina è stata andare a comprare un giornale sportivo in cui il 13 luglio 2004 c'era la mia foto a grandezza eccessiva, rispetto al capo d'accusa, perché era la prima volta che un arbitro veniva accusato, su quel giornale la mia foto non c'era. Io stamattina avrei potuto portare il certificato che mia moglie ha avuto un parto da stress perché il 27 maggio una tv ha detto che l'uomo nero era Marco Gabriele, credo che non esisteranno risarcimenti che potranno dare a me Pieri e Lanese e ai miei figli i sorrisi mancati in questi anni. L'ho detto l'altra sera, credo che noi sia gli altri colleghi coinvolti nell'ordinario sono persone per bene, trovo assurdo che sia stata solo la fortuna a permettere che io fossi assolto, che sia stata la dedizione di una persona che l'ha fatto, probabilmente la giustizia dovrebbe essere tale senza fortuna".
Ed ecco la sua picconata alla già traballante questione delle schede svizzere: "Sull'attribuzione alla scheda svizzera ci sono errori, scrivono che con un certo grado di probabilità sono il possibile utilizzatore. Passare sei anni per un certo grado di probabilità. Le schede svizzere barcollano".

Duccio Baglioni: L'appello non doveva essere fatto - L'ex assistente Duccio Baglioni in primo grado era stato assolto, ma la Procura lo aveva trascinato in appello con una richiesta di pena di due anni, qualcosa che l'interessato non si aspettava e adesso: "Momento di sollievo, di liberazione, ma rimane l'angoscia, a me rimane la rabbia perché aver vissuto questo processo con una controparte e un'accusa comportatasi con una colpa inescusabile, escludendo intercettazioni che erano agli atti e non sono state portate. Non si può, l'appello è stato rigettato, hanno detto che l'appello non doveva essere fatto, ci hanno fatto vivere altri anni di terrore, non si fa così. Sono sicuro che senza l'aiuto degli avvocati Gallinelli, Bergamasco, e senza l'aiuto di Nicola Penta che ha riesumato queste telefonate che dovevano essere portate, sarebbe stato molto difficile. Ma nel processo ordinario che coinvolge i miei colleghi potranno essere portate le prove. Sapevamo di essere fuori da questa situazione, siamo rimasti sorpresi".

Moggi: Ho capito che bisognava puntare su quelle telefonate - Luciano Moggi è stato il primo a capire e a buttarsi a capofitto nel dilemma delle intercettazioni: "Io sono stato interrogato a Roma nel 2006 nella caserma di via in Selci: dopo quell'interrogatorio, ho capito che non c'era nulla di sostanziale, bisognava entrare nell'anima delle 170.000 telefonate: ho speso tutto quello che era lecito spendere e ho avuto collaboratori come Nicola Penta che mi hanno aiutato e sono intercettazioni che si contrapponevano puntualmente all'accusa, che non ha tenuto conto dell'articolo 358 del codice di procedura penale, che dice che l'accusa deve trovare anche le prove a favore dell'imputato".
Qualcosa dice anche sulle famose/fumose schede svizzere: "I carabinieri dicevano che gli arbitri avevano le schede, potevano essere intercettate, non l'hanno fatto; loro hanno intercettato una scheda paraguaiana, nell'affare Lavitola, figuriamoci se non potevano intercettare le schede svizzere, hanno cercato l'alone del mistero. Le schede svizzere sono state un'idea della Juventus perché sapevamo di essere intercettati, le abbiamo utilizzato nelle contrattazioni e nella fase commerciale (mercato, business, sponsors, ecc) perché eravamo intercettati da Telecom e nel 2006 Telecom non era ancora assoggettata al famoso scandalo: io dissi che esisteva uno spionaggio, un anno e mezzo prima che uscisse, questo dimostra che sapevo veramente qualcosa. C'era uno spionaggio industriale e le schede svizzere erano utilizzate per ragioni commerciali".

Lanese: Calciopoli è tutta un'esagerazione - Lanese, che era presente anche a Mattina Sport, ha rilasciato anche un'interessante intervista a Tuttosport.com, in cui spiega che sorta di iperbole, di costruzione fantastica ma anche di bomba ad elevato potere di distruzione sia stata Calciopoli: "Calciopoli ha distrutto una categoria composta da persone che con molti sacrifici erano arrivati ai vertici. L’inchiesta ha amplificato, esagerato tutto. Si è indagato e si è accusato sulla base del chiacchiericcio telefonico. Ma quante stupidate si dicono al telefono? E sulla base di questo si condanna ad anni di carcere? Non mi sembra giusto. Servirebbero dei fatti, delle partite truccate, delle prove concrete della corruzione e invece ci hanno proposto solo chiacchiere. A me venivano imputate le cene con i presidenti della serie A. Ebbene, ho chiesto: avete delle intercettazioni ambientali di quelle cene? No, mi hanno risposto, bastano le cene. E che ne sanno di cosa parlavamo? Perché non hanno messo dei microfoni visto che sapevano benissimo dove si svolgevano? Avrebbero ascoltato dei grandi discorsi politici. Perché in quel periodo mi battevo perché l’Aia fosse inserita nelle componenti della Figc e, quindi, anche nel Consiglio Federale. Avevo chiesto a Carraro di poter incontrare i presidenti e avevo avviato un giro di incontri per avere i loro voti favorevoli e far passare la riforma. E gli inquirenti ci hanno visto chissà quale attività delinquenziale!"
Frequentava Moggi, così come frequentava dunque gli altri dirigenti, e in tale veste ne ha un'impressione decisamente positiva: "Moggi era un bravo dirigente. Sfido chiunque a dire il contrario. L’avevo incontrato varie volte e in tutte le occasioni si era parlato di calcio e politica, rimanendo nel lecito. Un delinquente? Non credo lo fosse e comunque non saprei rispondere, in questi anni ho vissuto solo la mia vicenda, isolandomi da tutto, ho seguito poco la sua. Ma Calciopoli è tutta un’esagerazione».

Nedved: Torna il nostro fuoriclasse, finita la festa per gli altri - E' arrivato il gran momento, Antonio Conte sta per tornare. Il gran giorno sarà domani, ma già da ieri Pavel Nedved, da Courmayeur dove si trovava per un evento Jeep, ha annunciato il ciclone Conte in arrivo, è lui il vero valore aggiunto di questa Juve già prima in classifica e qualificata in Champions, nonostante tutto: "Avevano squalificato un fuoriclasse, domenica il fuoriclasse della panchina torna, torneranno la sua grinta e le sue urla. Sarà dura fermarci dopo che lo hanno squalificato. Non vorrei essere un suo giocatore immaginando come sarà carico. Da giocatore, essendo stato un esterno, non sarebbe stato il massimo per me avere un allenatore come Antonio che urla sempre. E' finita la festa per chi scenderà in campo... C'è comunque da fare i complimenti alla squadra per come ha reagito a questa situazione. Conoscendo Antonio so quanto ha sofferto in questo periodo, vorrei che si lasciasse tutto questo alle spalle e che guardasse al futuro, perché visto come sta lavorando lui e la squadra non può che essere roseo. Questa squadra si sta avvicinando alla Juve dove giocavo, ha vinto lo scudetto. Ripetersi sarà più difficile, però vedo grande determinazione da parte di tutti. Dopo la qualificazione di Donetsk i ragazzi pensavano già alla gara di Palermo, questa è la mentalità giusta nel calcio moderno. Campionato? Se giochiamo da Juve lasciamo poco o nulla alle avversarie. Dipende da noi".
Vorrebbe proprio che questa Juve gli facesse vivere da dirigente quel sogno che da calciatore ha solo sfiorato, ma mai potuto vivere: la Champions: "Faccio i complimenti alla squadra per la qualificazione, è un ottimo risultato, siamo tornati tra le grandi d'Europa e puntiamo a sfruttare il momento anche per il campionato. In queste competizioni non sempre vincono i più forti, è una competizione difficile dove basta che sbagli mezzo tempo per essere fuori. Ci sono forse tre o quattro squadre più forti di noi sulla carta, però tutto è possibile. Nel sorteggio eviterei il Real Madrid, sarebbe una partita molto difficile. Poi magari rischi di trovare un avversario magari meno blasonato ma in gran forma in quel momento. Comunque contiamo di fare più strada possibile. Da giocatore ero arrivato in bianconero con l'obiettivo di vincere questo trofeo, sarei comunque soddisfatto di vincerla da dirigente. Non ho idea cosa darei ai giocatori se realizzassero questo mio sogno.."
Sul mercato è attestato sulla linea Marotta: "Non c'è urgenza di intervenire, se capita qualcosa di buono si vedrà: La squadra sta bene così, ha fatto molto bene anche senza Conte in panchina, direi che hanno fatto qualcosa di straordinario. Non è ancora il momento di affrontare questo argomento. Non vedo motivi per tornare sul mercato, la squadra è attrezzata per arrivare in fondo ad ogni competizione. Sappiamo comunque dove si può migliorare e se ci saranno occasioni a gennaio dove intervenire".

Abete dà il bentornato a Conte - "Un in bocca al lupo per Conte che torna in panchina? Certamente. Al di là della tante polemiche che ci sono state e che accompagnano il mondo del calcio, delle posizioni espresse da Conte e della società, è un protagonista del mondo del calcio e il fatto che lui riprenda il suo posto in panchina, oltre ad essere un fatto naturale, è un motivo di soddisfazione per lui e per la società". Così Abete ha ritenuto di dover salutare il ritorno di Conte, che la 'giustizia' sportiva ha fissato per domenica 9 dicembre, al termine della squalifica inflittagli perché non sapeva, meglio, non poteva non sapere, che 'Pippo' Carobbio & C combinavano partite. Ha parlato, il numero uno della Federazione, a margine della presentazione del Trofeo di Karol Wojtyla svoltasi ieri mattina nella Sala del Consiglio della Figc, e ha così proseguito: "Al di là delle convinzioni che uno può avere la vita è fatta di passaggi più o meno difficili, in cui c'è sofferenza da un punto di vista professionale e personale". C'è qualcosa che Abete dimentica: le sofferenze non devono provenire da malfunzionamenti della giustizia e la convinzione di Conte, della società e dei tifosi, ma anche di chi ha studiato questi fatti con obiettività, senza preconcetti, è che il mister salentino ha pagato colpe non sue, in tutti i sensi. E poi arriva la pacca sulle spalle al club: "Conte ritrova la panchina in una squadra e in una società che ha saputo gestire questo momento in maniera positiva perché è prima in campionato e ha acquisito l'importante passaggio del turno della Champions". I risultati conquistati dalla Juve sono arrivati, nonostante, anzi, a dispetto della Federazione e della 'giustizia' sportiva, che ha privato per mesi Conte della gioia della panchina e la Juve del condottiero che l'aveva guidata verso il suo trentesimo scudetto. Ma sono arrivati, perché la Juventus, anche a livello societario, è un gruppo unito, giovane, che non ha dimenticato da dove veniamo, cioè dalle ceneri lasciate dalla Grande Farsa. E continueremo a restare al fianco di Conte, mentre Abete continuerà a correre verso l'ennesima poltrona presidenziale.


Foto Gallery