BATTIBECK! Paolillo e Paolucci

battibeckISPIRIAMOCI AI VALORI DI PAOLILLO
Caro Battitore,
si dice che tra gli uomini sposati gli unici a invidiare gli scapoli siano quelli cui la moglie lo permette. Ora, di questa mia Vecchia Signora newventina si può dire tutto, ma non che non sia permissiva e tollerante. E infatti io mi sento libero di invidiare gli uomini liberi, quelli liberi di fare un po' quello che pare loro.
Ricordo quando un nostro alto dirigente, vieto burocrate di serie B, indegno chiaramente di rappresentare la Juve, sproloquiava: "Ispiriamoci ai valori di Facchetti!". Evidentemente un ignorante: non rammentava, forse nemmeno sapeva, che nella nostra storia c'erano i valori di uno come Scirea, o anche solo quelli di Michel Platini, diventati un progetto, un progetto vero, tradotto addirittura in politica. No, i nostri pensavano a Facchetti, uno che, con tutto, davvero tutto, il rispetto, politicamente era un nano, incapace di formulare qualcosa di alternativo a quanto ideato dalla coppia Galliani&Giraudo, sempre alla loro coda quando si votava per i diritti tv o qualsiasi altra questione politica importante. Mentre Blanc&Co si ispiravano a Facchetti, qualcun altro, con tutta evidenza, se la ghignava.
Nell'anno di grazia 2010 Ernesto Paolillo giganteggia tra i nani. E' brutto come Moggi, e altrettanto permaloso. Ha lo stesso colorito bilioso di Giraudo e la stessa inesistente attitudine al sorriso. Intendiamoci: quei due lavoravano con l'obiettivo del pareggio di bilancio e, come ben sai, era gente che raggiungeva gli obiettivi prefissatisi. Paolillo lavora con gli stipendi che valgono quasi il 90% degli introiti, e un rapporto costi/ricavi del 160% (dati dell'ultimo esercizio). Non sono quisquilie. Hai voglia a mettersi in pari con quanto chiede l'UEFA, tra soli tre anni. Nel frattempo, domina. La volpe nel deserto, come da citazione moggiana.
Un deserto ancora più deserto, visto che la serie A è oggi un campionato di scarso livello, che sul mercato televisivo internazionale, stando alle voci sull'ultimo contratto della Premier, vale meno di un quarto del campionato inglese.
Hai visto i casi Pandev e Ledesma? Quante pagine si riempirono con Sagnol e quanto silenzio ora, quanto garantismo, nonostante l'avvio delle indagini. E chissà cosa si sarebbe scritto a quei tempi, se alla Lazio di Lotito, che ha alzato la testa contro i diktat di mercato nerassurri, con grande tempismo fosse capitato contro un rigore come quello dato a Del Piero. Chissà cosa si sarebbe scritto a quei tempi se un guardalinee appena premiato con il Mondiale si fosse prodigato per annullare un goal come quello non dato al Cagliari ieri contro l'Inter. Si sarebbero scritte tante cretinate.
Quelle cretinate che non abbiamo letto ai tempi dello scudetto di Mancini, con tutti quei rigori inesistenti consecutivi, la clamorosa espulsione di Mexes in Inter-Roma, roba da far dimenticare il rigore di Ronaldo. Quindi non mi prendere in giro: altro che il condizionamento mediatico degli arbitri di Mourinho. Mourinho ai tempi era in vacanza alle Maldive.
Esisteva già Paolillo, che un pregio in più di Moggi ce l'ha. Lascia che i meriti se li prendano Mourinho, Branca, persino Oriali. Non ci tiene a millantare. Eppure io sono convinto che se all'Inter oggi fioccano le multe e si tira dritto, se si è creata, almeno in ambito italiano, una mentalità vincente, il merito è il suo, di questo antipaticone. Altro che Mourinho.
Uno che nel 2004 lasciò un incarico da top manager nel mondo bancario per andare a fare il presidente di una squadra di serie C, lo Spezia, che i Moratti gestirono per un anno, ovviamente a scopo filantropico, come sta scritto nelle cronache. Scelte strane, coi mala tempora che currunt, lasciare il posto fisso in banca. Uno che, tra qualche settimana, volerà a Manchester per il Soccerex, la più importante fiera di settore, come ospite di onore e, accanto all'amministratore delegato dell'Arsenal, parlerà di calcio sostenibile e del modello di gestione dell'Inter. Hai capito bene: il modello dell'Inter. Pontificherà da quel palco, mentre i nostri staranno, anche in questa occasione, a guardare.
Ha costruito una squadra di potere, ma talmente potere, che fino al derby nessuno aveva neanche mai osato dire di essere sua antagonista. Te lo ricordi Ranieri in diretta televisiva sostenere che quello di Vannucchi in Inter-Empoli era rigore? Che tempi. Speriamo che oggi possa fare il romanista e difendere la sua squadra, glielo auguro di cuore. E' una squadra talmente di potere che addirittura si atteggia a contropotere nel silenzio generale, come dopo il derby.
Quindi te lo ripeto: non mi prenderete in giro né tu né Inter Channel né Juventus Channel. Lasciate stare Mourinho, lasciate stare Facchetti. Ispiratevi ai valori di Paolillo.

SETTIMI, NON RUBARE
Carissimo,
per carità: con l’obiettivo del pareggio (1-1 con la Lazio, 1-1 a Livorno) lavorano John & Jean, non «quei due». Tranquillo: anche questa è gente che raggiunge gli «obiettivi prefissati». Spero per te che l’infatuazione per Paolillo sia pari alla mia per Paolucci. Una robetta così, all’acqua di rose, tanto per scrivere qualcosa di originale. Pure io saprei lavorare con «un rapporto costi/ricavi del 160%»? E sai che ti dico: anche Blanc. Paolillo è la prolunga ambigua e dentuta di Giraudo. Appartiene alla specie dei tardo-fanti, sotto specie dei lesto-fanti, loda il Principe con la saliva del giullare, grand commis uscito dalle righe di Kafka, un patito dei Cash Flow, il gruppo rock che mandava in brodo di giuggiole i tuoi idoli, Giraudo first.
No, Paolillo è un servo che non serve, è un pupazzo gonfiabile messo lì per sedurre Michel Platini e il suo fair play finanziario, «meglio mai che tardi». Non viene dal Siena come il nostro ma scusa, cosa cambia? I Paolilli possono giusto competere con i Galliani e minacciare la Primavera in cambio dei rigori (satira politica) di un calendario stuprato in corso d’opera. Lascia perdere. È la grandezza di Luciano Moggi che ha trasformato il Paolillismo in una filosofia a te cara. La grandezza della pirlaggine, la pirlaggine della grandezza: come vedi, ti offro sempre due «buste», poi arrangiati. Mi citi i casi Pandev e Ledesma come se il vecchio dossier Stankovic, servo di due padroni, noi e loro, facesse parte della collezione di un filatelico aborigeno. Mi fai pensare a un Lotito adescato e violentato, come se di solito abitassi fra i cherubini del cielo. Suvvia! Paolillo deve tutto a Massimo Moratti che deve tutto a Lucianone che deve tutto a Padre Pio. Non scherzare: nel nostro caso, ci sono «grigliate» telefoniche che sparigliano, schede che inquietano, intrallazzi che spaventano, carriere (arbitrali) che s’impennano. Più citi gli episodi pro Inter, più scavi la fossa ai tuoi eroi, ai tuoi «martiri» che un giorno o l’altro si faranno saltare con il tritolo nelle sim.
L’Italia dei valori ai quali ti ispiri non è quella di Di Pietro (a proposito: chiedigli cosa pensa di Calciopoli), ma è il Paese dei Moggi erranti e dei Paolilli narranti, per i quali un rigorino lucrato, o un gol regolare borseggiato agli avversari, sarà sempre preferibile a una notte con la D’Addario di turno. La differenza è che Paolillo trama nell’ombra, mentre Lucianone era l’ombra. Hai voglia di farti sovvenzionare a fondo perduto dalla televisione se poi, ogni volta che ti chiamano o ordini che ti chiamino, ci vai con quella faccia lì a dire quelle fregnacce lì: sveglia, amico!
E comunque, con la politica del pareggio da te evocata noi siamo più avanti di loro. Molto più avanti. L’unico rischio non è individuare l’immancabile Andrade che piazzisti senza scrupoli hanno sistemato nottetempo a Porta Palazzo. Il solo, autentico, pericolo è che si avveri il desiderio espresso da Walter Veltroni: «Mi piacerebbe diventare il presidente della Juventus».
Carissimo, ti scongiuro: scendiamo in piazza. Questa volta vengo anch’io. Passi per il francese che non sa un tubo di calcio. Passi per i Cobolli, i Gigli e i Secchi. Passi per John e il Lapo B dell’azienda. Tutto Grosso che cola.
Ma Veltroni presidente no. Mai. Ricordi? Per sedurre i romani, e ricavarne la poltrona da sindaco, ripudiò la sciarpa bianconera. «I care» un cavolo. Pussa via!
E occhio alla classifica, sempre: settimi, non rubare.
Il Battitore Libero

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